Vado a pesca

 

Da Scaramacai: vado a pesca

Fuori scorreva un fiumicello.

“Se provassi a pescare?” pensai. ” Con uno spillino potrei fare l’amo, con una stringa delle scarpe il filo. Un bastone lo troverò”.

Scaramacai vado a pescaDi li a poco ero seduto sulla riva del fiumicello.

Era buio pesto, c’era un gran silenzio e dovevo stare bene attento a non addormentarmi per non cadere nell’acqua.

Per stare sveglio pensavo alla cavallerizza Pulsatilla che a quell’ora dormiva.

poi, si sa come fanno i pensieri, che dopo uno ne viene un altro completamente diverso, cominciai a pensare ai pesci.

La pesca è un inganno, dicevo fra me e me, un inganno che si fa ai pesciolini.

Butti giù l’amo con attaccate le cosine buone, i pesciolini credono che tu gli dica: – favorisca, prego, mangi pure -, e invece tac, restano attaccati all’uncino, pronti per andare in padella.

Ma quando uno ha fame non può stare a fare tanti complimenti, al massimo chiede scusa ai pesciolini.

io poi ho anche la coscienza a posto perchè pesco senza inganno: attaccato all’amo non c’è nessuna cosina buona, perchè se l’avessi la mangerei io insieme al mio amico Patroclo e lascerei stare tutti i pesci…

Oh ecco, sento che il filo si muove, un pesce ha abboccato; per favore pesce, sii gentile, non scappare… tiro…

Eccolo, guardate come luccica nell’oscurità…. infatti è un luccio!!

Adesso lo friggo subito, ne mangio metà, e metà la tengo per Patroclo, quando si sveglia.

Non c’è nemmeno bisogno di lavarlo: è stato nell’acqua fino ad ora!!

-Pietà!-

-Chi ha parlato? Chi ha detto pietà con quella vocina sottile?-

– Sono io, il luccio… Scaramacai pietà!

-Senti, luccio, io capisco che cosa vuoi, però scusami, io devo friggerti in padella.-

-Ma la padella scotta!-

A sentire che era così intelligente, che sapeva che la padella scotta, provai una gran simpatia per il luccio. Lui che aveva capito che i pesci mi fanno compassione, insisteva più che mai perchè lo ributtassi nell’acqua.

Diceva: – Pensa che ho il babbo sott’olio, in una pizzicheria del centro e la mamma ammalata.

Io sono il più grande di sette fratelli.

-Chissà come staranno piangendo adesso!- gli feci eco io.

-Figurati! pensa che non sanno ancora nuotare!-

-Capisco, povero luccio, hai ragione anche tu… Però ho ragione anche io.. Come si fa quando si ha ragione tutt’e due?-

-Ributtami nell’acqua e io ti farò un regalo. Ricordati di gettare ancora l’amo..

Regalo o non regalo non potevo più resistere alla commozione e feci fare un bel volo al luccio che ricadde nell’acqua e scomparve.

Calai di nuovo l’amo e dopo qualche secondo sentii che qualcuno, certamente il luccio aiutato dai suoi fratellini, ci aveva attaccato qualcosa.

Tirai con grande fatica e vidi venire a galla una cassetta gocciolante: era piena di scatole di zuppa di piselli in polvere, buttata nel fiume da qualche signore.

Corsi da Patroclo, lo scossi. Non voleva svegliarsi. Mormorava: – Lasciami dormire, sto sognando di mangiare un pezzo di manzo lesso con i sottaceti.

Quando finalmente si fu svegliato e capì di cosa si trattava, spaccò la cassa con un pugno, e con un altro pugno aprì un barattolo di polvere di piselli e banchettammo.

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