Solo con Patroclo

Ancora un brano dal libro Scaramacai: solo con Patroclo

Oramai era sera.


Vedevo lontane le case con le finestre illuminate.

Tutti i babbi e le mamme erano a cena con i loro bambini.

Scaramacai: solo con patroclo

A quell’ora, nel circo, i pagliacci stavano mangiando la pastasciutta.

Mi venne in mente che avevo lasciato nel circo la mia roba: 

una valigia mezza sfondata piena di quegli oggetti che servono ai pagliacci per fare i loro giochi, tra cui un violino piccolo come un cucchiaino da caffè, un fiore che quando tu l’annusi ti spruzza l’acqua in faccia, un paio di scarpe lunghe un metro, una mela di gesso, un orologio che sta sospeso per aria come un palloncino.

In realtà erano tutti oggetti che i pagliacci avevano buttato via perchè si erano rotti: il violino non suonava, il fiore non spruzzava, le scarpe erano senza suola, la mela aveva perso i suoi bei colori e l’orologio non rimaneva sospeso, ma a me piacevano lo stesso e poi erano la mia unica ricchezza.

Decisi di tornare al circo di nascosto, di prendere la valigia e di andare per il mondo.

Camminai per circa un’ora, segno che quando ero scappato correvo come il vento.

Sgusciai attraverso un buco del telone. passai, al buio, fra i cammelli che sospiravano pensando alla sete, sgattaiolai fra le zampe degli elefanti, attraversai di corsa lo spiazzo dove erano allineate le gabbie dei leoni e finalmente, senza esser stato visto, raggiunsi la mia cuccetta, sotto al carrozzone dei pagliacci e presi la valigia.

in quel momento giunse al mio orecchio un applauso, capii che la cavallerizza Pulsatilla stava facendo il suo esercizio e mi venne voglia di vederla per l’ultima volta. Ma mentre strisciavo per terra per cercare un posticino dal quale

potessi vedere Pulsatilla, mi sentii sollevare di peso: i due mori del commendator Sberla mi avevano scoperto.

Senza dire una parola mi portarono da lui mentre io mi divincolavo come un gatto preso per la coda.

Il commendator Sberla disse solo una parola: “Frustatelo”.

In quel momento apparve il domatore Patroclo.

“Lasciate stare Scaramacai” disse.

I due mori sguainarono le scimitarre.

“Fermatevi” ordinò Sberla “non voglio storie. Patroclo vattene con Scaramacai”.

Patroclo, come tutti i domatori, era molto orgoglioso.

Se avesse chiesto perdono, il commendator Sberla l’avrebbe tenuto perchè sapeva che domatori come Patroclo non ce n’erano.

Invece il mio amico disse solo: “Va bene, vado subito.”

I due mori mi lasciarono andare, riposero le scimitarre e ci voltarono le spalle.

Patroclo mi prese per mano e sorridendo disse: “Vedrai che io e te ce la caveremo”.

“Potremmo formare un trio!” dissi io pieno di speranza.

Patroclo che era un giovanotto molto riflessivo, pensò un poco, poi rispose: “No, non è possibile, per fare un trio bisogna essere in tre. Ora andiamo a salutare i leoni.”

“Ciao leoni” mormorò Patroclo, “fate i bravi, io vado via un momentino.

“Dove vai?” chiese Sultan per tutti.

“Vado via un momentino, ma tornerò. Accompagno Scaramacai, che va a fare una gita.”

I leoni lo guardarono con i loro occhi rotondi e stupiti.

Non capivano.

“Fate i bravi e mangiate” aggiunse Patroclo e fece una carezza sulla criniera a Isabella di Castiglia.

“Ciao leoni” dissi anch’io, e ce ne andammo.

Ci voltammo due o tre volte e mi parve, dal luccichio, che i leoni avessero il muso bagnato.

“Piangono?” chiesi a Patroclo.

“No” fece lui brusco, “sudano”. I leoni africani hanno sempre caldo”. Ma diventò rosso ed io capii che aveva detto una bugia.

Le luci del circo illuminarono il nostro cammino per un pò, poi il buio fitto della notte ci avvolse completamente.

Sentivo Patroclo camminare al mio fianco ma non osavo parlare, temendo di disturbarlo.

Invece, dopo qualche minuto di quella maria silenziosa mi disse:

“Raccontami qualche cosa, Scaramacai”.

“Qualche cosa di allegro? Qualcosa da ridere?” chiesi.

Patroclo pensò per qualche secondo, poi mormorò:

“No, quando si è tristi le storie allegre fanno diventare ancora più tristi”.

Allora gli raccontai la storia di Pulsatilla che mi pareva adatta alla circostanza.

Patroclo ascoltò con molta attenzione e alla fine disse: “Secondo me il commendator Sberla non ha diritto di farsi pagare il debito di Sigfrido dalla figlia. Bisognerebbe sentire un avvocato” concluse, “ci vuole un buon avvocato.

Chiesi: “chi sono gli avvocati?”

“Gli avvocati sono signori che, se tu li paghi, ti dicono che hai ragione” mi spiegò.

“Io posso dirtelo gratis!!” risposi.

“Ma tu non sei un avvocato, Scaramacai.” mi spiegò.

“Come faccio allora? tu conosci qualche avvocato?” domandai.

“Si, ne conosco uno che lavora in un circo: suona il violino camminando sul filo.” aggiunse Patroclo.

“Non gli piaceva fare l’avvocato?” chiesi incuriosito.

“Gli piaceva moltissimo. Un giorno difese un circo in una causa contro un mercante di bestie feroci che aveva venduto al circo delle zebre finte.” Raccontò Patroclo. “Erano asini pitturati a strisce, al primo acquazzone il colore se ne andò. l’avvocato fu molto bravo ma il giudice, che era un pò sordo, non capì bene e condannò il padrone del circo a pagare anche la vernice con la quale il mercante aveva dipinto gli asini.Il padrone del circo si arrabbiò con l’avvocato e da allora lo costringe a lavorare per lui gratis, come violinista acrobatico.”

“Ma allora la storia  di Pulsatilla!!” esclamai.

“Già, è vero” sospirò Patroclo, ” non deve essere molto bravo come avvocato!”

Dopo aver camminato per un bel pezzo, trovammo una capanna abbandonata.

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