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Il mio libro “E se non fosse andata così?”

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#esenonfosseandatacosì?
A cosa servono le forbici col pangrattato? Assolutamente a niente. È questa la sensazione di inutilità in cui troviamo i due protagonisti ventenni che all’inizio del libro vivono le loro vite senza interagire.
Alice e Gionni, per motivi diversi, si ritrovano allo stesso corso di teatro psicologico per capire meglio se stessi.
Si riconoscono: erano compagni delle medie.
Il corso e gli altri ragazzi partecipanti fanno da sfondo alle loro dinamiche relazionali la cui natura è inizialmente incomprensibile ad entrambi.

L’intento del libro, indirizzato prevalentemente ad adolescenti e giovani adulti, è quello di eliminare la diffusa convinzione che esista un’unica strada per la felicità e che tutte le altre conducano inevitabilmente alla sofferenza ed alla tristezza. Solo in matematica un risultato è giusto o sbagliato: nella vita di tutti i giorni invece, ci troviamo di fronte a tanti “va bene lo stesso”.
Il racconto è ambientato ai giorni nostri, senza riferimenti precisi di anni, luoghi o caratteristiche fisiche dei personaggi. L’intento, è che ogni persona possa immedesimarsi e giovarsi maggiormente del messaggio trasmesso.

Se voleste leggerlo, potrete trovarlo in libreria o qui

In più, mi piaceva che la mia scrittura non fosse a senso unico perciò, chi vorrà potrà mandare dei finali alternativi alla mia e-mail giuliapuccinelli@gmail.com e ogni settimana ne pubblicherò uno proprio qui sul blog 🙂

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Il futuro delle neomamme

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Sapete perché spesso le neomamme si sentono sopraffatte al pensiero del futuro?

Per una distorsione del pensiero che ci fa pensare che per ogni cosa, ogni giorno sia più difficile.

Prendiamo la scuola ad esempio:

Nell’immaginario comune si pensa che le elementari siano facili e le superiori difficili perché per noi adulti “leggere e far di conto” è un’ovvietá mentre le equazioni di secondo grado per molti possono risultare inaffrontabili.

In realtà ogni compito è misurato all’età ed alle competenze e quindi per un bambino imparare a leggere e scrivere richiede lo stesso impegno che serve ad un ragazzo per capire come risolvere un’equazione.

Una mamma può mettere in atto lo stesso meccanismo e pensare: “se ora non riesco nemmeno a farmi una doccia come farò dopo quando dovrò preparargli da mangiare o quando imparerá a muoversi e non potrò perderlo di vista un attimo??

Tranquille mamme, ogni cosa a suo tempo! 

Ogni giorno genitori e bambini sono più competenti. Cresce il bimbo, ma crescete anche voi! Insieme❤!

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Il paleolitico

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L’altro giorno mio figlio doveva studiare “la vita nel paleolitico”. Osservo il disegno sul libro e noto subito una donna che porta in fascia il suo bimbo mentre raccoglie delle bacche e degli uomini che cacciano.

Poi mi metto a stendere i panni della lavatrice ed il mio cervello inizia a viaggiare e all’improvviso mi ritrovo proprio nella preistoria, nel momento in cui arriva il capo del Paleolitico e dice : “Gente, tra un po’ la storia cambierà, dobbiamo decidere cosa portare nel futuro e cosa considerare una roba antica e lasciare qua.

Per esempio, tra l’importanza del contatto con i neonati e la predefinizione dei ruoli per cui la mamma sta con i bimbi e il papà va a lavoro cosa portiamo?”

“Bè se scegliamo la seconda, sarà scontata anche la prima!” Risponde qualcuno.

Ecco spiegato il macello che segue nelle epoche successive. Perché se purtroppo la definizione dei ruoli, fatica a venire meno pure ai giorni nostri, l’importanza del contatto col neonato è stata tutt’altro che scontata.

Vediamo gli anni ’50 per esempio.

Il contatto col neonato era il male assoluto. Ogni coccola avvicinava sempre di più alla possibilità di crescere un  “bambino Bostick” che ti si appiccicava addosso e non si toglieva nemmeno con l’acqua ragia.

I polmoni nascevano immaturi e per aprirli bene ci voleva tanto pianto.

Il lettone era il Diavolo.

Lo svezzamento guai a non essere tradizionale: pane e ceffoni conditi con minacce di collegio o di Uomo Nero.

Però le mamme stavano a casa e i papà andavano a lavoro, punto e basta.

Purtroppo, spesso l’uomo non impara dalla storia, non la guarda in modo analitico e trae conclusioni superficiali.  Soprattutto usa due pesi e due misure.

Facciamo due esempi:

“Portare è una cosa da primitivi, oggi esistono i passeggini! Certo la donna è nata per stare a casa a badare ai bambini perché è così da sempre!!!”

Oppure:

“I bambini vengono portati da sempre perché hanno bisogno di contatto, le donne primitive stavano alla caverna con i bambini perché il latte materno era l’unico nutrimento (e il tiralatte non esisteva!) e fuori si rischiava la vita; i papà cacciavano perché non esistevano supermercati.

Quale esempio ha più senso secondo voi?

 

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Consigli non richiesti e ruolo del papà (video)

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Di seguito il video delle Rubriche di Pronto Mamma su come gestire i consigli non richiesti e parlare dell’importanza del ruolo del papà.

Le rubriche fanno parte del progetto di supporto psicologico telefonico “Pronto Mamma” promosso dal Comune di Viareggio e dalla Biblioteca Comunale Marconi Immaginaria dei Ragazzi.
Il servizio è gratuito e attivo per tutta l’Italia chiamando me al 333-4664304 il lunedì dalle 10.00 alle 11.00 e il giovedì dalle 17.00 alle 18.00.

https://fb.watch/4RrqoPgTsz/

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Il ruolo

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Avete presente quei film  in cui per scoprire un delitto, il detective ha una bacheca piena di foto, puntine da disegno e fili colorati che legano tra loro i protagonisti della vicenda? Ogni volta, all’improvviso hanno un’illuminazione accompagnata da: “Come ho fatto a non pensarci prima?!” E zacchete, risolvono il caso.

Ecco, a me è successa una cosa simile assistendo ad una diretta Instagram! Tranquilli, nessun delitto e nessun assassino, ma nella mia mente, è comparsa la parola RUOLO e una miriade di frecce che partendo da lei, collegano angosce, paure,  pregiudizi e  sofferenze dei neo genitori.

Perché, condividendo pienamente il pensiero dei protagonisti della diretta che mi ha ispirato, non esistono cose da mamma o cose da papà prestabilite dalla società. Esistono cose da Carla e Mirko, Giuditta e Raimondo, Sebastiano e Greta. Ognuno ha il proprio equilibrio che non si adatta a nessun’altra situazione.

Purtroppo però molto spesso non è così. La società ci dice cosa fare, ma molte volte non si sovrappone con i desideri della famiglia. Tantissime difficoltà dei neo genitori possono derivare proprio da una mancanza di consapevolezza emotiva e quindi di un estremo bisogno di contattare le proprie emozioni per ritrovare la serenità.

Quando parlo dell’importanza della competenza emotiva però, spesso per la gente smetto di vestire panni da psicologa e divento subito una donnina con i sandali del Dottor Scholl e le calze contenitive  – che dal verduraio, non sapendo che cucinare, dice: “Oh Beppe dammi un po’ di patate via”. Della serie, le emozioni, come le patate, stanno bene con tutto e male non fanno. Questo accade perché chiedere aiuto e sentirsi affidare la responsabilità del proprio benessere, può essere molto destabilizzante e far dubitare della professionalità del nostro interlocutore.

La nostra mente tende infatti a considerare più efficiente chi ci fornisce soluzioni precise e puntuali, magari fatte da 3- 4 punti da seguire. Ma se questo è verissimo per spiegazioni matematiche, istruzioni di montaggio o coreografie di ballo, per ciò che riguarda il supporto delle future e neo famiglie non è così perché ogni famiglia è diversa, ha una sua storia, i suoi equilibri e per aiutarla bisogna liberare le risorse che già sono dentro di lei.

Ma per fare questo, bisognerebbe che mamma e papà non avessero ruoli prestabiliti inculcati dalla società o dalle mode.

Il ruolo di madre e quello di padre non sono predefiniti, ma fortemente influenzati dalla società in cui viviamo e questo crea una grandissima confusione. I genitori a volte, si sentono come in un labirinto, provando a tentoni a cercare la via d’uscita.

Ogni epoca che finisce, dovrebbe lasciare in eredità alla successiva, qualcosa di buono, che facilita la convivenza tra persone, che semplifica la vita.

Ma spesso non è così.

Sapete ad esempio cosa abbiamo portato negli anni ’50 dal paleolitico e cosa invece ci siamo scordati là?

Lo scoprirete nel prossimo articolo!

 

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Il covid e l’impossibilità di creare abitudini

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Abbiamo affrontato un lockdown, la possibilità di vedersi solo tra congiunti, la fase 1,2,3. Tamponi su tamponi

E poi la seconda ondata, le zone colorate, i VACCINI, le scuole aperte con le quarantene, le scuole chiuse, la terza ondata e un milione di DPCM.

Secondo Darwin, l’adattamento è una delle componenti fondamentali della selezione naturale e penso che in questo anno, abbiamo assolutamente dato prova di possederlo.

Ma a cosa porta questo continuo rimodularsi su cambiamenti improvvisi? All’impossibilità di creare abitudini, di pianificare a lungo termine e di autodeterminarsi.

E’ vero l’imprevisto ed il contrattempo sono sempre dietro l’angolo, ma la frequenza dei cambi di rotta in epoca pre covid era di gran lunga più bassa.

Magari siamo in zona gialla, i figli a scuola – con le dovute precauzioni si fa più o meno tutto – e poi all’improvviso, da un giorno all’altro, ci si può ritrovare con i figli a casa, le scuole chiuse, i negozi con la saracinesca abbassata e la possibilità di uscire solo in caso di necessità. Per non parlare di chi ha dovuto affrontare la malattia sua o dei familiari, i tamponi che non diventavano mai negativi e l’isolamento.

Ma anche quando andiamo verso un allentamento delle restrizioni non siamo tranquilli, cominciamo a muoverci velocissimamente, facciamo in una settimana quello che pre pandemia avremmo fatto con calma in un mese. Praticamente viviamo come se stessimo giocando alle Belle Statuine: fermi/veloci veloci veloci veloci/ fermi.

La programmazione è ridotta all’osso, il dubbio se sia meglio un uovo oggi o una gallina domani non esiste più perché come diceva Lorenzo il Magnifico “Del doman non v’è certezza” e quindi uovo oggi vince a mani basse.

Ci pensate alla fatica estrema che sta facendo il nostro cervello?

Anche perché le abitudini servono a rassicurarlo che vada tutto bene.

Pensate a quando finisce l’estate, a quando ci lasciamo, a quando iniziamo un nuovo lavoro.

Ci sentiamo strani per giorni. E poi, quando quel cambiamento diventa abitudine, ci sentiamo quieti.

Al tempo del covid tutto questo è complicatissimo se non impossibile. Nella testa sembra di sentire continuamente la voce del navigatore che annuncia “ricalcolo in corso” oppure “appena possibile effettuare inversione ad U”.

Ma quando tutto sarà finito, il nostro cervello starà una favola e tutto ci sembrerà più facile. E se per la peste è entrato nel nostro vocabolario il termine “appestato”, magari tra un po’ di tempo, quando ci sentiremo sperduti e in confusione, diremo “Mi sento accoviddato” senza nemmeno ricordarci l’etimologia.

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Covid e bambini: la riscoperta della fantasia

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Se scrivessimo Covid su un foglio – e sotto – da un lato mettessimo la colonna degli aspetti positivi e dall’altro quella degli aspetti negativi, la prima rimarrebbe senz’altro vuota. Anzi forse ci sarebbero scritte delle parolacce.

Ci sono delle cose però, che seppur non avremmo mai voluto avere tempo di fare perché impegnati in una vita normale,  viverle ci ha fatto comprendere quanto la nostra mente sia meravigliosa e ancora di più quella dei bambini:

Ore 10.30 di un qualsiasi sabato di brutto tempo in zona rossa.

Si rompe il mouse di mio marito.

“Bimbi lo volete, ve lo regalo?”

– Ecco un altro aggeggio inutile in camera, penso –

Ed invece passano la mattinata ad inventare aggeggi tecnologici.

Se non fosse esistito il Covid (sarebbe stato bellissimo ovviamente), stamani non saremmo stati in casa, il mouse forse non si sarebbe rotto e i bimbi non avrebbero allenato la loro fantasia.

Alt, vi fermo! Vi sento che mi state infamando!!! Sono concorde con tutto, ma non si sta meglio quando si trova il lato positivo delle cose? Quello negativo lo conosciamo benissimo.  Lo sapete che sono la vostra inguaribile sdrammatizzatrice!

Mancano gli amici all’infinito, le giornate assembrati a chiacchierare, le scampagnate, le feste, ma la fantasia ce la teniamo stretta lo stesso e quando tutto sarà finito, le nostre risate saranno ancora più forti!

Forza!!!

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Buon compleanno Blog!

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Primo Aprile 2021: sono 4 anni! 4 anni dal primo articolo! Ma questo è il primo compleblog che festeggio perché fino a poco meno di un anno fa, a cadenza periodica cambiavo l’orientamento dei miei scritti: prima volevo non far trapelare la mia professione, poi volevo far emergere solo quella – ma non si conciliava con lo stile umoristico dei pezzi, poi allora faccio il blog come mamma e apro un’altra pagina come psicologa. Poi finalmente l’illuminazione: io sono entrambe le cose! E così ecco arrivare prepotente l’approccio della sdrammatizzazione.

Ho così cambiato nome sui social diventando comepsicologafaccioridere ,ma ho lasciato il nome originario a questo blog perché non parla solo di professione, ma anche di me stessa e chiamarmi Mamma Bradipa è come applicare la mia professione alla mia vita, facendo diventare quelli che abbiamo sempre considerato nostri punti deboli, come nostre caratteristiche che ci rendono unici ed irripetibili. Prendersi in giro non significa chiudersi a riccio sui nostri difetti, ma accettare di possederli e cambiare ciò che ci complica la vita. Questo è uno dei tanti aspetti dell’approccio della sdrammatizzazione, insieme a quello per vivere una gravidanza ed un post partum sereno, per affrontare dei cambiamenti importanti o per superare momenti di grosso stress.

Sicuramente una pandemia mondiale causa un grandissimo stress e quindi dopo un primo momento in cui ho pensato che questo modo di interagire fosse fuori luogo, mi sono resa conto di come in ogni situazione che ci fa stare male ci sia sempre bisogno di “levare il dramma superfluo” nelle circostanze di tutti i giorni, per trovare un po’ di sollievo.

Ma in cosa consiste di preciso questo approccio? Ve lo mostro attraverso 5 verità e 5 falsità:

👍“L’HO INVENTATO IO” : vero✔
Senza fare la Pippo Baudo della situazione, questo approccio è una mia creatura dato che è nato da una somma di studi, esperienze personali e propensioni caratteriali, dopo una gestazione di circa 5 anni!!!!☺

👍È PRINCIPALMENTE RIVOLTO ALLA PREVENZIONE: vero ✔
Parto dal concetto che con le giuste conoscenze e strategie, si possa evitare di andare in contro a determinati periodi di stress. Non è così immediato invece, se si fosse già in un periodo di grossa crisi e potrebbe essere più efficace un altro approccio.😊

👍VA BENE ANCHE PER CHI NON HA FIGLI : vero✔
Tutti possono imparare a sdrammatizzare e ad utilizzare l’ironia e vedere le cose da un’altra prospettiva può essere utile non solo alle mamme, ai detective in cerca di prove o ai trapezisti a testa in giù; può essere un aiuto per tutti!

👍UNA VOLTA IMPARATO A CAMBIARE PUNTO DI VISTA POTRAI UTILIZZARLO DA SOLA : vero✔
Saper guardare un momento critico da più punti di vista è una risorsa che una volta imparata può essere applicata sempre, senza nessuna scadenza!

👍OGNUNO PUÒ DARE IL PROPRIO CONTRIBUTO: vero ✔
Questo approccio non è un metodo proprio perché si plasma sulle diversità di ognuno ed ogni persona è protagonista ed artefice di ciò che decide di notare.

👎È UN METODO CON REGOLE E PROCEDURE PRECISE: falso
È un approccio centrato sulla persona, quindi diverso per ognuno. Insieme troviamo la direzione adatta a te. Quello che è uguale per tutti è la preparazione e cioè i dramma-esercizi e i dramma-trucchi. Farò un post ad hoc su questo😉
👎PER TROVARNE BENEFICIO BISOGNA ESSERE PERSONE SPIRITOSE E SEMPRE ALLEGRE: falso
Tutti possono migliorare il loro umore ed alleggerire le proprie preoccupazioni. Ognuno si serve dell’approccio come meglio crede. Lo scopo è stare bene con se stessi, non diventare dei comici.
👎È UN SINONIMO DI YOGA DELLA RISATA: falso
Come dice il nome, lo yoga della risata è un particolare tipo di yoga. Ci sono professionisti validissimi, io non me ne occupo.
👎SE STAI VIVENDO UN PERIODO DIFFICILE COMINCERAI A RIDERE SEMPRE: falso
L’approccio non è una raccolta di barzellette. E nemmeno un qualcosa di magico che ti cambierà la personalità. Rimarrai come sei, solo più serena.
👎SERVE SOLO ALLE NEOMAMME: falso
Tutti hanno dei problemi e delle preoccupazioni. Nel mio lavoro mi rivolgo specificatamente alle future e neo famiglie, ma al bisogno ci sono per tutti😊

Ti lascio il link del mio primo articolo per farti vedere come sono cambiata! https://blog.pianetamamma.it/diariodiunamammabradipa/viva-le-costruzioni/

 

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Secondo anno di Covid: strategie per non demoralizzarsi

| Mamma Bradipa Psicologa, Senza categoria

Rileggendo i miei articoli dello scorso marzo, mi faccio quasi tenerezza.

Trasudano di ottimismo, perché “il lockdown è l’occasione per rivedere le nostre priorità, per passare del tempo esclusivo con i nostri figli, per mettere in atto tutti quei PIANI B che avevamo sempre scartato. E per fare il pane”.

Ogni foto è fradicia di speranza, pervasa di romanticismo e di fiducia sul genere umano che, chiamato ad affrontare questa prova, ne uscirà migliore.

Tutti noi siamo certi che con l’estate tutto tornerà come prima, che “teniamo duro questi due mesi e poi vivremo la vita a mille”.

Ed in effetti, l’estate scorsa, se non avevate in mente viaggi galattici o serate tra discoteche e concerti, è andata piuttosto benino.

Quindi l’essere umano che fa? Si rilassa. E’ andata. Ce la siamo vista brutta, ma ciaone. Covid fakkiù.

Tipo quando guardi un film ad alta tensione e finalmente i protagonisti inseguiti da feroci pesci alieni, scappano su un motoscafo e si abbracciano stretti. Fiuuuuu, salvi. E poi tra ta tannnnnnn un pesce alieno era sulla barca e loro sono in trappola.

Reso l’idea no? Peccato che non sia un film, ma siamo noi a novembre. Ah già ma son quasi pronti i vaccini, il 27 dicembre c’è il V-Day, dai che in un mese ce lo leviamo di torno.

Ed eccoci ai miei post di dicembre: ‘sta volta mi  sembra di leggere il mio diario delle medie, con quelle frasi scritte in 3D che portavano messaggi per la salvezza dell’universo tipo : “Non perdere la speranza, dopo ogni notte sorge il sole”.

Per carità è vero eh, ma certi giorni ci sono pure gli uragani.

Ora siamo di nuovo a marzo e che scrivo? Mi sento come se fossi stata fidanzata con la Speranza e mi avesse messo le corna. Io ci provo a credere che non lo farà più, ma mi viene difficile.

Perché diciamoci la verità, questo secondo anno di pandemia fa vacillare non solo gli ottimisti, ma pure quelli come me, che mio marito definisce “nel mondo delle favole”.

Sono cioè arrivata al punto che quando penso positivo, mi sento idiota. Proprio come lo ero alle medie.

Poi però mi viene in mente il mio ruolo, l’approccio che utilizzo nel lavoro e così mi sono spremuta le meningi per trovare un modo per sopravvivere a quest’ennesimo periodo difficile e non demoralizzarsi.

Ed allora quando ansia, stanchezza e paura fanno capolino, non c’è altro da fare che mandare in panchina la speranza e far appello alla razionalità e cercare quindi di capire che “vantaggi” ci potrà portare in futuro la situazione che stiamo vivendo da marzo scorso:

  • Darci la possibilità di sbagliare: Avete presente quando ci diamo un obiettivo e falliamo? Di solito ci sentiamo degli scarti umani, dei falliti. Che siano piccoli o grandi insuccessi, ci sentiamo sbagliati. Pensiamo allora che da parecchi mesi, il mondo intero sta cercando di venire a capo di questa pandemia. Il mondo intero! Le persone che governano, i politici più esperti, i medici più illustri. Che ne dite di darci la possibilità di commettere qualche errore e considerarli semplicemente esperienze da cui imparare?

 

  • Perseverare: Da più di un anno, nessun politico ha detto “basta, arrendiamoci”, nessun medico ha detto “basta, non curo più nessuno”, nessun ricercatore ha detto “basta, non studio più una cura”. Ripensarci, in futuro, potrà servirci per capire che se una cosa non si avvera subito non significa che il destino ci sta suggerendo di desistere, ma semplicemente che ci vuole più tempo. Quindi, se qualcosa ci interessa sul serio, non arrendiamoci alle prime avversità.

 

  • Allenamento alla frustrazione: Questo anno è stato un corso accelerato di sopravvivenza e  di resistenza alla frustrazione. Un domani, ci servirà di sicuro per rimanere sereni di fronte a contrattempi e disguidi che ci sembreranno niente di fronte all’impossibilità di abbracciarci e di stare insieme.

Certo queste strategie di pensiero non ci cambieranno la vita, ma possono essere un gancio cui attaccarci nei giorni più bui.

In attesa che tutto torni come prima della pandemia inoltre, scriviamo su un quaderno quello che abbiamo capito ci interessi veramente fare. Avvantaggiamoci quanto più possiamo così quando si potrà, saremo già sul nastro di partenza!

Ve ne vengono in mente altri?

Scrivetemeli nei commenti sulla mia pagina Facebook o profilo Instagram comepsicologafaccioridere

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Pronto Mamma

| Senza categoria

 

È partito lunedì 8 febbraio, un progetto a cui tengo molto.
È un servizio di supporto psicologico telefonico promosso dal Comune di Viareggio e dalla Biblioteca Comunale Marconi Immaginaria dei Ragazzi.
Vi lascio qui sotto il video di presentazione.

Questo servizio nasce dalla consapevolezza che l’attuale pandemia abbia reso molto difficile incontrarsi tra future mamme o partecipare ad incontri di gruppo, nonché essere supportate da parenti ed amici spesso fuori comune e quindi senza la possibilità incontrarsi nei periodi di maggior inasprimento delle norme anti Covid. Una futura mamma ed una neomamma può quindi ritrovarsi sola fisicamente e spesso, di conseguenza emotivamente. Ecco allora l’intenzione di aggirare l’ostacolo di sostenere le mamme in presenza, utilizzando il telefono, semplicemente facendo una telefonata.

La gravidanza ed il post partum sono periodi di grandi cambiamenti e spesso si possono affacciare ansie e preoccupazioni. Si può pensare che basti confidarsi con un’amica o con una persona di riferimento, ma a volte, sentirsi dire “che è normale essere tristi o giù di morale” da qualcuno che ci conosce molto bene, da un lato ci fa pensare che “menta” sulla base dell’affetto che prova nei nostri confronti e dall’altro si tende a ricevere solo conforto e non anche strategie d’azione. Parlare con qualcuno che sia al tempo stesso competente in materia, ma anche non coinvolto emotivamente, può essere una grande risorsa.

Chiamare non significa che una mamma sia ”sbagliata o incapace”, significa avere un problema ed usufruire di un servizio per risolverlo. Così come quando si ha mal di schiena e si contatta il medico o quando ci bruciano gli occhi e facciamo impacchi di camomilla.

Ovviamente le tempistiche saranno più brevi del supporto in presenza, ma l’approccio della Sdrammatizzazione che utilizzo nel mio lavoro è molto immediato e ben si adatta a questo progetto. Se volete avere maggiori informazioni a riguardo, potete trovarle su Facebook o Instagram nel profilo comepsicologafaccioridere .

Ho deciso di fare un articolo a riguardo perché il telefono è un mezzo che unisce persone lontane e per questo motivo anche se è un supporto telefonico promosso dal Comune di Viareggio, possono chiamare da tutta Italia.
Il servizio è attivo il lunedì dalle 10.00 alle 11.00 ed il giovedì dalle 17.00 alle 18.00 chiamando direttamente me al 333-4664304. Vi aspetto!!!

https://fb.watch/3DFmxOFbLp/

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