Febbraio: fine primo quadrimestre

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Siamo al cinema, la luce si accende e gli occhi si strizzano per abituarsi al passaggio dal buio. Guardiamo chi abbiamo di fianco ed esprimiamo un’opinione. Non fate anche voi così? Tipo:

“Un po’ lentino eh?”

“Uh che attori bravissimi, vero?”

” Ma quel tizio vestito di nero che appare subito all’inizio chi è?”

“Cavolo però questo primo tempo è volato!”

Apro gli occhi. Non sono al cinema, ma sul divano, crollata addormentata.

L’orologio segna le 0.22 quindi siamo ufficialmente a febbraio. E mai come quest’anno, mi accorgo che siamo a metà anno scolastico, alla fine del primo quadrimestre e come per un film a fine primo tempo, mi trovo a tirare le somme ed a pensare a come anche io, abbia affrontato tanti piccoli e grandi cambiamenti.

Perché non vi dimenticate chi sono io.

Quella pigra, abitudinaria, tenerona, freddolosa, estatiana, pigra…ah, già detto…vabbè così per chiarire il concetto. Quella che ha passato un’estate paradisiaca tra ritmi lenti e bagni in mare, e che da parecchio tempo, il pensiero di avere la giornata scandita dagli orari e dai malanni in arrivo, le ha scatenato ansia a tutto spiano.

Eppure ce l’ho fatta! Ho superato l’inserimento! Elementari ed asilo in un colpo solo… Taaaac!

Ho superato le iscrizioni. Due, ma diverse.

Il materiale doppio, ma diverso.

I grembiuli doppi, ma diversi.

I primi giorni doppi, ma diversi.

Ho superato l’idea di salutare un paffuto bimbo dai quadretti bianchi e azzurri, e sostituirlo con uno spilunghino vestito di blu;

Ho superato la solitudine di non chiacchierare con la piccola di casa, permessa dal fatto che quando torna a casa recupera il tempo perso con gli interessi;

Ho superato la morsa allo stomaco nel vedere i loro pigiami abbandonati sul letto, delle voci che mancano, delle telefonate non interrotte.

Ho superato i compiti!!!!! O meglio, ho superato l’incontenibile voglia di dire “sai che si fa oggi i compiti non si fanno e si gioca tutto il giornooo!!!!!!”, ma solo perché il seienne è talmente giudizioso e ligio, che mi fa sentire in colpa anche per averlo solo pensato;

Ho superato le crisi dei primi giorni di asilo, anche se l’esperienza mi ha permesso di non stare in macchina a piangere, ma di andare a casa a sfondarmi di gocciole…quindi più brufoli, ma meno occhiaie.

Ho superato l’idea di affidarei niei bimbi a qualcuno, ma solo perché la loro serenità me ne ha fornito il coraggio.

Ho superato l’idea che a settembre sarei impazzita e abbracciato quella che quasi quasi me la cavo.

Ho superato il primo quadrimestre.

L’ABBIAMO superato.

Si accende la luce, strizzo gli occhi per abituarli al passaggio dal buio. È mattina. Metto sul fuoco la macchinetta dal caffè. Giro il calendario: è il primo febbraio.

E noi ce la metteremo tutta anche nel nostro secondo tempo.

P.s. le sveglie all’alba quelle no, non le supereró mai!

 

 

 

 

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Le donne e gli uomini

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L’altra sera mi stavo addormentando col sottofondo di Masterchef Allstars.

All’improvviso mi è passato il sonno e venuto un nervoso incredibile quando sento una concorrente che in lacrime ed arrabbiatissima grida “NOI DONNE NON SIAMO CATALOGABILI!!!!! NOI DONNE NON SIAMO CATALOGABILI!!!!! NOI DONNE NON SIAMO CATALOGABILI!!!!! ”

A me ribolle il sangue quando si chiama in causa l’essere uomini o donne per questioni caratteriali o caratteristiche cognitive.

Conosci tutte le donne dell’universo e sai che non sono catalogabili? E conosci pure  tutti gli uomini che invece lo sono? Che vuol dire che la donna non è catalogabile? Perché l’uomo sì? E soprattutto perché invece che dire IO non sono catalogabile, chiami in causa tutta ‘sta gente?                  La cosa che mi fa incacchiare di più è quando si parla di cose che sono uguali tra i due sessi e si vogliono attribuire ad un sesso solo! Come anche “noi donne abbiamo una marcia in piu'” o “Noi uomini siamo dei simpaticoni”…perchè gli uomini hanno tutti meno marce e le donne son tutte delle noie immense? Essù!!!!!!!  E quando le cose sono diverse e ci si sforza di farle sembrare uguali? Una donna incinta non è mica malata! Può fare le stesse cose di prima! Anche se è grossa, gonfia e si muove come un anziano Basset Hound .Secondo me è lì che casca l’inuguaglianza.

Mi spiego meglio.

Partiamo dal concetto che sono ovviamente per l’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne*; ma uomini e donne non sono sovrapponibili come due fette di pane in cassetta.

Perché dipende su cosa focalizziamo la nostra attenzione.

Se guardiamo anatomicamente, siamo diversi, non c’è parità dei sessi che tenga.

Nemmeno se parliamo di gravidanza. Concepiscono donne e uomini, ma a parte Arnold Schwarzenegger in Junior, solo le donne portano un figlio in grembo. E non è maschilismo o femminismo. E’ oggettività.

La capacità di ragionamento invece è uguale. Se sei ignorante o poco intelligente, puoi essere sia uomo che donna, così come nel caso tu sia una persona geniale. I congiuntivi e le “h” li sbagliano uomini e donne ed esistono tantissime donne illustri e tantissimi uomini illustri.

Poi ci sono le “caratteristiche tipiche di”, come uomini che bevono litri di birra e donne super logorroiche… Ma solo perché non avete conosciuto la mia compagna di università Natascia che si scolava birre come fossero acqua fresca dopo la maratona, o il mio giornalaio Giorgio che intanto che aspetti che ti finisca il discorso, è uscito il nuovo quotidiano.

Ma in questo periodo sembra che tutto venga letto alla rovescia e non ci si stupisce se si attribuiscono caratteristiche e competenze caratteriali diverse tra uomini e donne, ma va bene se una donna deve lavorare fino al nono mese di gravidanza e rientrare pochi mesi dopo il parto come se fosse un uomo che ha bevuto troppa birra.

E secondo me, finché non sarà chiaro che uomini e donne sono sia diversi che uguali e che non è una cosa da nascondere od eliminare, non ci sarà nessuna uguaglianza.

P.s come cacchio è difficile dire CATALOGABILI tante volte e velocemente?!?!?!?!

 

*Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea
(2000/C 364/01) all’articolo 21 che stabilisce che è ¨vietata qualsiasi forma di
discriminazione

fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le
caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di
qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli
handicap, l’età o l’ orientamento sessuale.”

 

 

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La mamma è come una scatola di cioccolatini

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Contenitore

Il pomeriggio di Natale, mentre passavo distrattamente da una stanza all’altra, mi è caduto l’occhio sul piatto in tavola pieno di gusci di arachidi mangiate poco prima e sulle scatole vuote dei giochi appena scartati, abbandonate in cucina.

Presa da un pensiero animista da digestione pesante, ho pensato “poverini ora non se li fila più nessuno”. E mi sono venute in mente le neo mamme.

Diceva Forrest Gump: “la vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita”.

Io invece propongo: “la mamma è come una scatola di cioccolatini: vuota non conta nulla”.

Più precisamente mi riferisco a quando una mamma partorisce ed automaticamente tutte le attenzioni si riversano sul neonato.

La mamma è lì nel lettino di ospedale, provata e un po’ sofferente, circondata da persone che guardano dentro ad una piccola culletta trasparente.

Fino a poche ore prima era tutto un “Tesoro come ti senti? Hai mal di schiena? Hai mal di piedi? Hai mal di testa?”, “Tesoro, non ti chinare, te lo raccolgo io il telecomando!”, “Tesoro hai qualche voglia particolare per cena?” “Tesoro vai a dormire che sei stanca…” e così via. Praticamente la saga di Tesoro-landia.

Ma appena IL BEBI non è più IN LEI, ma AUT LEI, diventa la saga di SpostatiCicciaCheNonVedoIlBebi-Landia. Nel migliore dei casi, si chiede un rapido “come va?”, nel peggiore, l’odioso-fuori luogo-inopportuno-controproducente “sei felice?” 

D’altra parte che ce ne facciamo di un contenitore vuoto?

Quando mangi le arachidi, che te ne fai del guscio?

Quando un bimbo apre un gioco che se ne fa della scatola?

Ordunque che ce ne facciamo della custodia di un bebè?

Guardiamola bene: è rovinata (“ti vedo sciupata tesoro”), sformata (“vedrai che poi ti torna il bel personalino di prima”), ingombrante (“ma lo devi tenere sempre tu il bimbo?”)

Quindi che si fa? Si butta? Ma Va nell’umido o nell’indifferenziato?

No via… ‘sta differenziata che complica tutto! Non si può…allora l’alternativa è quella di distruggerla (solo) psicologicamente.

Ma sì cominciamo ad attaccarla su come ha partorito, su come nutre il bambino, su come si veste e così via.

Vi sembro pazza?

I veri pazzi sono quelli che circondano una neomamma e non si rendono conto che una mamma non è un contenitore, ma un essere che dà contenimento, nella pancia prima e nelle braccia dopo.

E se sta bene la mamma starà bene anche il piccino.

Ma una neomamma ha molti motivi per non stare proprio benissimo.

Può essere in preda agli ormoni come se avesse il ciclo elevato alla millemillesima potenza, si vede la pancia come quei sacchi-pouff per sedersi, ha il seno dolorante, lá sotto non ne parliamo, non sa niente di quell’esserino che dipende totalmente da lei, dorme poco, non ha più una routine e 363724 persone vogliono venire a casa a vedere il bambino chiamandola ad ogni ora della giornata.

Quindi gente, smettetela di massacrare le povere neomamme.

Considerate più loro che il neonato.

Al bebè di voi non importa un fico secco e invece la mamma è sensibile alla più piccola vostra critica od osservazione.

Cucitevi la bocca e rimboccatevi le maniche.

Passate a prendere i panni da lavare e stirare.

Offritevi di fare la spesa.

Cucinate qualche buon manicaretto.

Possibile che la maggior parte delle donne mamme da anni, non si ricordi di come si sentiva appena partorito?

Quando dicono che i dolori del parto si dimenticano, dovrebbero dire invece che si dimentica come ci si sentiva. E al posto dei ricordi di bisogno di sostegno, si insinua nel sistema il virus della perfetta rompipalle.

Neo-mamme date retta a me! Scaricate un buon antivirus!

 

 

 

 

 

 

 

 

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Raccolta firme di protesta per i regali di Natale

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Cari genitori di bambini dai 3 anni in su,

oggi mi rivolgo a voi. A voi che avete trascorso il pomeriggio del 25 e del 26 a montare i giochi che Babbo Natale ha portato ai vostri figli.

Lo so che avete affrontato tre fasi:

  • la gioia nel vedere la felicità dei propri bambini e la totale ignoranza di ciò che vi aspetta;
  • la tensione sempre più consistente e insistente, mentre vi rendete conto dell’effettiva complessità del montaggio accompagnata dal logorante dubbio di riuscire a farcela;
  • l’incazzatura/rompimento di palle intergalattico, puntualizzato da imprecazioni che cancellano qualsiasi sacralità natalizia.

Quindi so che  sarete d’accordo con me nel fare una raccolta di firme per protestare circa la chiarezza delle istruzioni dei giochi, la difficoltà di montaggio, l’odiosità degli adesivi, la megagalatticità dei playset e l’impalpabilità degli accessori.

  1. La chiarezza delle istruzioni. Oggigiorno, con l’avvento della tecnologia intuitiva, anche le istruzioni non sono volute rimanere indietro ed hanno abbandonato la banalità delle parole. Perciò sono costituite dalle illustrazioni delle parti del gioco da montare, spesso in bianco e nero così da rendere piena di suspance l’intera avventura, la sequenza di montaggio indicata da numeri giganti, qualche freccia tirata qua e là e ciao. Montalo.
  2. La difficoltà di montaggio. Cari produttori di giocattoli, accanto agli anni che indicano l’età indicata per il gioco, siete pregati di indicare anche quelli che ne servono di formazione ingegneristica, elettronica, meccanica e via dicendo, per riuscire a montarli.Perché già uno si è svegliato alle 6 del mattino a causa dell’entusiasmo dei figli, già si è scofanato chili di cibo, già ha un mal di testa abissale – non ci vogliamo mica mettere il pianto di Gennarino perché papà non riesce a montare i 546389 pezzi del gioco???
  3. Gli adesivi. Gli addetti alla produzione degli adesivi dei giocattoli, devono essere persone che hanno sofferto da piccoli e che per questo odiano il prossimo. Perché altrimenti non si spiega come mai ogni volta c’è un lembo non pretagliato che ti rende lo “spiccicamento” arduissimo, poi se un micro lembo si appiccica erroneamente, rimane attaccato come se tu li avessi saldati con la super saldatrice saldantissima, poi quando finalmente li tieni saldi tra i polpastrelli, scopri che vanno messi nelle posizioni più assurde, roba che bisognerebbe avere le manine di un bambino di un anno con la manualità di un prestigiatore. Ah e se non bastasse, anche per scoprire dove vanno attaccati, c’è da divertirsi:con i mitici numerini microscopici. Ammettiamo che la mela sia indicata col numero 34, poi tu devi trovare il 34 nella famosa fotocopia delle istruzioni che ti dovrebbe far capire il posto nel giocattolo. Peccato che dopo 9 o 10 volte che hai accoppiato i numeri, sei talmente rintronato che te li mangi e fingi che la confezione sia difettata.
  4. La megagalatticità dei playset. Quando ho saputo di aspettare un maschietto, la mia mente è volata subito a pensare alla mastodonticità di certi giochi, alla complessità di certe combinazioni, ed ero gasatissima. Poi ho dovuto scontrarmi con l’impenetrabilità della materia. Con la possibilità di dover mettere una libreria sul balcone per far spazio a MEGA SUPER FIGO GALATTICO XXXXXXL COSMIC PLAYSET.
  5. L’impalpabilità degli accessori.Quando ho saputo di aspettare una bambina, la mia mente è volata subito a pensare ai bellissimi e deliziosissimi giochi di bambole e bamboline. Poi mi sono imbattuta negli accessori. E non biberon e pettinini, no. Aggeggini minuscoli che si confondono con le briciole, che finiscono nei commenti delle mattonelle e che si mimetizzano così bene, che tu camaleonte scansate proprio. Quelli che suscitano crisi interminabili se non si trova la fibbia della cintura di Asdrubalina o la scarpa di Ughetto.

Siete d’accordo? ho dimenticato qualcosa? Casomai scrivetemi che la raccolta firme poi, vorrei mandarla a Babbo Natale per fargli capire che qualcosa non quadra. Perché ci ho riflettuto bene, gli elfi mica son capaci di costruire quelle robe lì, ci scommetto!

Quindi da dove vengono tutti i giochi?

Dobbiamo avvertirlo che qualcuno sta cercando di rubargli il lavoro!!!

Siete con me?!?!?!?!?!?!?!?!?!

P.s. Da questa descrizione è esclusa la famosissima marca di costruzioni che è così chiara da riuscire pure a me!

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Il Natale a scuola con un figlio e con due figli

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Buongiorno mamme!

Come sono i vostri rapporti con la scuola nel periodo natalizio? Pieni di entusiasmo o pieni di stress? E soprattutto: siete coinvolte con un bimbo o con due?                        Perché le cose cambiano….

LA RIUNIONE A SCUOLA

Figlio unico:                                              Quando alla riunione di settembre, le maestre annunciano lo spettacolino di Natale, sul tuo viso ancora abbronzato, si forma un leggero sorriso misto di orgoglio e curiosità.

Due figli:                                                    Quando alla riunione di settembre, le maestre annunciano lo spettacolino di Natale, sul tuo viso ancora abbronzato, si forma una leggera smorfia mista di “speriamo che i due spettacolini non siano lo stesso giorno alla stessa ora ” e “stavolta mi metto in prima fila cascasse il mondo”. Oppure sei alla riunione dell’ altro figlio e quando tutto verrà scritto sul resoconto della rappresentante nella chat di classe, sarà ormai tarda sera, starai dormendo sul divano a bocca aperta e con sottofondo una puntata dei Robinson. La mattina troverai 98 notifiche di “grazie, gentilissima!”, “Ma si sa già la data?”, “quanto durera?” – e tu non capirai assolutamente nulla.

I VESTITI PER LO SPETTACOLINO

Verso metà novembre, le maestre annunciano i vestiti da indossare per lo spettacolino. Solitamente una maglia rossa o bianca e dei jeans…

Figlio unico:                                              Cavolo i jeans li ha celesti e blu, serviranno mica azzurri classici? Ma sì, gliene compro un altro paio.                                            Maglia? Non ha nessuna delle due! Compriamole entrambe che poi magari una non gli dona, oppure la bruci a stirarla, oppure qualcuno non ce l’ha e gliela presti, oppure…insomma ne compri due.

Due figli:                                                           Nel tuo cervello, non appena in un negozio compare la scritta “collezione autunno- inverno”,  si innesca il riflesso Pavloviano che ti fa comprare in automatico una maglia rossa e una bianca ciascuno. Quella bianca non devi usarla MAI perchè sennò a dicembre è grigina schifosina. I jeans vanno bene di qualsiasi nuance di blu. Han detto jeans, non hanno dato la palette con il numero della tonalità.

IL CALENDARIO

Figlio unico:                                                        A dicembre, ti diletti a scrivere con le penne colorate gli impegni scolastici dell’unicogenito…azzardi anche il disegno di una nota musicale nel giorno delle canzoni, forbici e colla per il laboratorio, fuochi d’artificio per l’ultimo giorno di scuola.

Due figli:                                                               Il mese di dicembre sembra uno di quei giochini enigmistici in cui un simpatico gattino deve capire quale filo arrivi al suo gomitolo: un casino di frecce, scritte piccolissime, sigle azzardate. Trovi per esempio MSC e per un secondo pensi che stai per partire per una crociera, ripiombando poco dopo nella consapevolezza del vero significato:  Mercatino Scuola Cesare.

IL MERCATINO

Figlio unico:                                          Preparare qualcosa che sarà venduto, ti mette un’ansia sovrumana. Ci vorrà qualcosa di natalizio o che va bene tutto l’anno? Qualcosa da mangiare o no? Lo compro o lo creo? Arrivi con super stress a dicembre e ti ritrovi a portare un poutpourri creato da te che profuma di gelsomino e colla vinilica.

Due figli:                                                         Cioè doppio lavoro. Doppio tempo da investire. Doppio investimento economico. Quindi da luglio, cominci a conservare tutto il conservabile, rischiando di tenere anche i coperchi degli yogurt perché in effetti è un alluminio tondo e di un bello spessore, ma la muffa che trovi dopo una settimana ti fa desistere. Tutto per proporre il meravigliosissimo riciclo creativo, altrimenti detto “che acciderbolina ci potrei fare con sta roba?”

 

L’ANSIA

Figlio unico:                                              Dunque quella per il mercatino l”abbiamo detta. Poi c’è quella che non suoni la sveglia il giorno dello spettacolino, che un meteorite ti impedisca di raggiungere la scuola, che il bimbo pianga, che TU pianga o che tu NON pianga.

Due figli:                                                          Con il secondo figlio si ha meno ansia. Tranne che a Natale. A Natale raddoppia. La sveglia è ancora prima e quindi oltre a non suonare, potresti spegnerla e riaddormentarti senza nemmeno accorgertene. Doppi viaggi a scuola, doppia possibilità di meteorite. Le canzoni del grande sono ad un orario, le canzoni del piccolo ad un altro. Ma almeno sul pianto, puoi star tranquilla per il grande! Ennò perché la giornata storta ci sta per tutti e finché non ha finito, non sei tranquilla. E ti senti schizofrenica mentre guardi con orgoglio il tuo bimbo grande che calca le scene con la naturalezza di un attore navigato e la tenerezza struggente mentre osservi  il piccolo incerto e intimorito alla sua prima esperienza.

 

In ogni caso, tra un lavoretto, una corsa, una lacrima e una sudata, anche quest’anno arriverà la sera dello spettacolino fatto, dei lavoretti per il mercatino consegnati e del cellulare pieno zeppo di bellissimi DOPPI ricordi…

Buon Natale a tutti!

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Le persone ed il vostro test positivo: tipologie di reazioni

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test positivo

Panzone! Oggi mi rivolgo a voi!

Quando si aspetta un bambino, le persone che ci circondano influenzano molto il nostro umore…con i loro comportamenti, con i loro discorsi…con le reazioni nei confronti dei nostri pensieri e delle nostre decisioni.

Tutto parte da subito! Appena si annuncia la dolce attesa!

A quante persone avete detto che aspettavate un bambino? Cosa vi hanno risposto?

Il mondo è bello perché è vario, ma un po’ tutte noi, non appena due lineette rosa compaiono su in test, veniamo a contatto con gli stessi tipi di reazioni alla nostra “incintezza”.

Io ad esempio, nelle mie due gravidanze, ne ho incontrati 5:

Le drammatiche chi non trova le Zia Assuntina di turno? “Oddio incintaaaaaaaaaaa oddio speriamo vada tutto bene eh?, se ne sente tante!!!!! Speriamo che ti dorma eh perchè il primo anno io non ho dormito, ah cmq la vita sociale scordatela eh, e il latte! speriamo tu abbia il latte che sennò! via tanti auguri eh speriamo in bene.”
Ma se invece che dir loro che eravate incinte dicevate che vi eravate rotte una gamba che vi avrebbero detto? No, così per sapere!

Le romantiche: le riconosci perché non appena vengono a sapere che avete un test positivo, cominciano ad inondarvi di messaggini con i cuori, a dirvi che la vostra vita comincerà adesso, che avrete un pezzo del vostro cuore fuori da voi stesse, vi linkeranno tutti i siti in cui si acquistano gli anelli con le perle di latte materno, i set per i calchi del pancione, i servizi fotografici per mamma e papà, vi disegneranno un possibile tatuaggio dove ovviamente impererá il simbolo dell’infinito e vi cominceranno a chiamare tesoro o dolcezza per i successivi 8-9 mesi. In questi casi si consiglia uno screening anticipato del diabete gestazionale.

Le NonSoloMammaMaAncheDonna sono quelle che se con un neonato di tre mesi non hai capello fatto, unghie fatte e lingerie sexy, ti sei annullata, perché una mamma non deve dimenticarsi di essere donna…Quindi appena restate incinte cominceranno a bombardarvi con “Oh ma non ti metterai mica quelle tutone larghe e brutte eh?! Scordati i mutandoni bianchi! E promettimi che ti truccherai sempre!” Ma se per un po’ non ho voglia/tempo di dedicarmi a me stessa che male c’è? E soprattutto gente, comodi come i mutandoni bianchi, niente al mondo!

Le CheVuoiCheSia: sono quelle che hannon3-4 figli e che con il loro atteggiamento, si insinuano tra sopracciglio e fronte, là dove si annidano le prime preoccupazioni che svanirebbero con un semplice “stai tranquilla”, ma loro no, loro ti dicono robe tipo “basta organizzarsi” “Non bisogna piangersi addosso” e allora sì che quelle microscopiche paure, diventano macigni di mancanza di fiducia ed autostima che ti fanno credere di essere una pippa in confronto a chiunque, anche ai campioni di tiro di caccole o di grattamento bilatelare di orecchie a tempo di musica.

Le nonmamme: con questa categoria intendo quelle che non hanno figli e manco ci pensano e che la notizia di una vostra gravidanza, provoca in loro una ruga in più, quella data dall’estremo sforzo di farvi un sorriso, quando nella loro mente invece, si figura una bella x nera sulla vostra faccia, nelle foto delle serate in discoteca. “Ora non cominciare a parlare solo di emorroidi e gambe gonfie eh? e se vogliamo andare a mangiare il sushi non rompere eh?!” Grazie friend, sono felice che tu sia così felice per me…

E voi? Che tipologie di reazioni avete trovato?

Qual è stata quella che vi ha reso più felice e quella invece che vi ha fatto uscire il fumo dalle orecchie?

Ho fatto anche un video basato su questo articolo…se avete voglia potete trovarlo qui

https://youtu.be/3KaL5MrJEZs

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La sfiga di essere una mamma psicologa

| Mamma Bradipa polemica, Senza categoria

 

dialogo

Quando mi laureai, nel lontano 2006, agli occhi della gente fu come se fossi diventata una specie di Cloris – la zingara che fa le carte.

Tutti mi raccontavano i loro sogni, mi chiedevano pareri sulla base dei segni zodiacali, o volevano che esprimessi la mia opinione sulle storie d’amore, sapendo solo i nomi dei due innamorati.

“Che secondo te lo devo lasciá Tancredi? ”

“Secondo te, visto che ho sognato zia Pinuccia, che numeri devo giocare al lotto?”

Tutto ciò che cominciava per *Psi* era per me, tutti pendevano dalle mie labbra, anche se io mi affannavo a dire che non potevo conoscere tutto lo scibile psicologico.

Poi sono diventata mamma.

Ed allora, ZIM ZUM ZIP BARABAM!  Automaticamente, i miei ragionamenti, ciò in cui credevo e ciò che dicevo, sono diventati cacchiate, pensieri fasulli come quelli delle finaliste di Miss Italia e degli sconti di 25€ con scritto piccolissimo “su una spesa minima di 1500”.

Se dicevo A era ovvio che la verità fosse B perché tutte le persone del mondo, avevano in mano la VERAVERITA’, come la vicina di casa di Piera ,che fa la gelataia, che se ha detto che è B, è insindacabilmente e per sempre B.

Una laurea ed una specializzazione, cancellate dalla mente delle persone, solo perché avevo un neonato.

Gli anni passano, ma la storia continua.

Perché essere psicologa, non è lo stesso che essere elettricista.

Grazie, direte voi, non ci eravamo proprio arrivati.

Pensate a GianGiusberto, l’elettricista che lavora in piazza. Se vi dice che toccando quel tal cavo non prenderete la scossa oppure sì, tutti ci credereste. Perché l’elettricità è governata da leggi ben precise e nessuno le mette in dubbio.

Ma pensate ora a GianGermana, la psicologa che lavora in piazza. Se all’interno di una conversazione vi dice che prendere a ceffoni un bambino non è una soluzione efficace, nessuno (o quasi), ci crederebbe. Perché la psicologia non ha leggi assolute ed universali ed ognuno si sente competente nel criticarle.

E allora interviene Edismunda che se ne esce con “ahhhh, io son cresciuta a suon di ceffoni e son venuta su bene!”

“Ovvio!” rincara Edoardina, “una ciaffata al giorno leva i problemi di torno!”

E inesorabile, c’è sempre l’ Ermenegilda di turno che fa “ora lei perché è laureata, mi vuole insegnare a fare la mamma dei miei figlioli! Io non lo so!”

Allora. Io mi sarei un po’ rotta le palle.

Quindi, così come sfogo personale mio e informazione generale per chi ha voglia di leggere, ascoltarmi o avere conversazioni con me, ci tengo a precisare che:

1. Il fatto che sia psicologa, non presuppone che le mie parole siano oro colato per tutto ciò che concerne la psicologia;

2 il fatto che io sia psicologa, non presuppone che io dica delle cazzate per tutto ciò che concerne la psicologia;

3 il fatto che abbia studiato psicologia, non fa di me una gasata con la puzza sotto al naso che si crede di sapere tutto;

4 il fatto che abbia studiato psicologia, potrebbe voler dire che su certi argomenti ne so di più di te che ti occupi di altro.

5 se siamo io, Mariè, Carlè, Sarè e Catè – e Sarè è parrucchiera, se devo chiedere un parere sulle doppie punte, lo chiedo prima a Sarè e non dò per scontato che sia una parrucchiera dimmerda incompetente.

Se qualcuno è competente in qualcosa, non è A PRIORI un imbecille pieno di sé e magari vale la pena di prendere in considerazione ciò che dice.

Che siano un elettricista, una psicologa, una parrucchiera, una maestra, un verduraio, un’ostetrica, un’artista, una ragioniera ecc ecc ecc…hanno la stessa possibilità di essere competenti o di essere imbecilli!

E poi gente, di imbecilli c’è pieno il mondo…mica potranno essere tutti psicologi eh?!?!?!?!?

 

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Da 4 a 2.

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da 4 a 2

Ed ecco un bel post nostalgia!

Primi freddi, vento gelido, festività alle porte… è quasi d’obbligo.

Ed allora ecco qua…
…Ho trascorso gli ultimi sette anni circa, a cercare di trovare un equilibrio mentale che garantisse un equilibrio familiare che andava ritrovato ad ogni fase di crescita dei bambini.

Io, abitudinaria e programmatrice, da sempre vivo i cambiamenti come un eremita vivrebbe il giorno di ferragosto se fosse portato su una spiaggia turistica nell’orario di punta: mi viene l’orticaria e qualche tic.

Divento come il banco a sette e mezzo che sballa;

Il programma di un pc che crasha;

Un chicco di mais che diventa pop corn.

Dopo il turbinio tra matrimonio, nascita di Giacomo e nascita di Aurora, da un annetto a questa parte,  ho trovato una nuova estasi poiché anche la piccoletta, duenne, ha cominciato a rendere possibile riappropriarmi di alcune attività che avevo lasciato da parte.

Ah la routine, i ritmi organizzati e sempre uguali….per molti una palla, per me la pace.

E invece l’altra sera, nuovo assestamento.

Eravamo a casa di amici. Quelli che ti porta il destino. Io e la mia amica ci siamo conosciute al corso preparto, abbiamo fatto il monitoraggio nella stessa stanza, i nostri mariti hanno fatto amicizia in sala d’attesa ed abbiamo partorito ad un giorno di distanza ritrovandoci in ospedale insieme.

Ci vediamo ogni tanto perché abbiamo abitudini diversissime e quindi quando lo facciamo, non possiamo fare a meno di notare il passare del tempo.

Quando i bimbi avevano un anno, eravamo tutti e sei seduti in terra, i nostri discorsi erano vocine e vocette dei pupazzi che muovevamo per farli divertire. Andavamo via e nessuno aveva raccontato niente di nuovo all’altro.

Quando i bimbi avevano due anni, non riuscivamo a stare in più di tre contemporaneamente in una stanza. Non parlavamo proprio e inseguivamo i teneri virgulti.

A tre, gli ometti hanno cominciato a giocare tranquilli, ma io allattavo/cambiavo/addormentavo Aurora.

A quattro, i bimbi giocavano tranquilli, ma metà di noi faceva vocine ad Aurora.

A cinque, i bimbi giocavano tranquilli, ma metà di noi inseguiva Aurora.

A sei, cioè l’altra sera, eravamo di nuovo seduti; non in terra, ma comodi sulle sedie davanti al camino. E solo noi 4 genitori. I bimbi erano in salotto a giocare tranquilli.

ImprovvisamenteDopoSeiAnni, era come se fosse una serata prefigli. Come se da 4 fossimo tornati 2. E per quanto fossi strafelice di aver star chiacchierando più che in tutti i nostri precedenti incontri messi insieme, un velo di paura di essere diventata inutile era presente nei miei occhi.

La mia mente non era preoccupata del fatto che potessero farsi male.
I miei occhi non cercavano continuamente la porta della stanza in cui giocavano.
Le mie mani non stringevano nulla.
La mia bocca non pronunciava continuamente i loro nomi.E a fine serata non ero stanca. Cioè. Non stanca come qualche anno fa, intendiamoci.

E quindi? Come affronterò questa nuova fase?

Mi iscrivo in palestra????????

PUHAHAHAHAAHAHAAAAHHHHHHHHH!!!

P.s. no il terzo non lo faccio.

 

 

 

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Corso preparto a chi?!

| Mamma Bradipa ironica, Senza categoria

corso pre parto

Avete mai provato a chiedere alle vostre amiche incinte se faranno il corso preparto? Salvo una piccola percentuale che vi risponderà un entusiastico sì, la restante parte si dividerà tra chi non è per niente interessata perché non è una cosa nelle proprie corde ( e su questo niente da dire) e quelle che avranno una reazione alquanto bizzarra:

prima vi guarderanno come se aveste della rucola tra i denti;
poi come se scoprissero che non è rucola, ma un verme
e poi sgranando gli occhi, risponderanno NO con paura, terrore e sdegno, come aveste detto loro che avrebbero dovuto fare bungee jumping senza elastico.

Io che di corsi ne ho frequentati addirittura due (sono di sicuro presente nel libro dei Guinness dei Primati, nella pagina accanto a quella del salto nella pozzanghera più grande di Papà Pig), mi son chiesta spesso perché.

E sono giunta alla conclusione che nell’immaginario collettivo, il corso preparto è considerato o come una specie di campo per Marines, o come un ritiro per Figli dei Fiori.

Nel primo caso, il Sergente, si fa chiamare Ostetrica. È una tizia, abbastanza vecchia, corpulenta, con un neo peloso sul naso e una voce che sfonda sette mura.

Costei vi spiegherà come son fatte le vostre patate e come si trasformeranno durante il travaglio, con la poesia di un badile che spala cacca di cavallo.

Flessioni e corse intorno all’edificio, sotto la pioggia e sotto la neve, perché la frase  “mamma: il mestiere più difficile del mondo”, ha inizio da qui.

Vi spiegherà come respirare, spingere e partorire soffrendo.

Nel secondo caso, corso preparto equivale ad immergersi in un mondo di cuoricini e petali di fiori, di racconti talmente melensi che 9 su 10, vi aggiudicherete il diabete gestazionale e in cui qualsiasi cosa che parla di un neonato è bellezza e amore;

Compresa la loro pupù tesorosa che straripa dai pannolini.

Compresi i rigurgiti che formano disegni bellissimi sui nostri vestiti.

La Dea del Parto si fa chiamare Ostetrica e non parla,sussurra. Non cammina, ma fluttua.

Vi farà intrecciare coroncine fiorite e stare in posizione fetale per 123 minuti per sintonizzarvi con vostro figlio e vi farà dipingere quadretti ad acquarelli, di teneri puttini.

Vi spiegherà come respirare, spingere e partorire intonando canti celestiali.

 

Se la realtà fosse questa, avrei di sicuro abbandonato a metà il mio primo corso preparto e mai mi sarei sognata di seguirne un secondo.

I corsi sono condotti da professionisti senza idee strampalate o modi di fare estremi. Negli incontri preparto si imparano cose utilissime, si conoscono nuove persone e si racconta e si partecipa quanto si desidera. È un momento di relax e di coccola, accogliente e non giudicante.

E soprattutto, contrariamente al nome che portano, i corsi preparto ti lasciano un bagaglio di esperienze che sarà utilissimo per molto molto tempo!
Fateci un pensierino mamme panzone che state leggendo!

 

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Da Bradipa ad Anatra

| Mamma Bradipa tenera, Senza categoria

Care Moms

Dopo lo sdoppiamento di personalità in mamma bradipa a mamma bradipa psicologa,

Oggi per voi addirittura un mutamento animale: da bradipa ad anatra!

anatra

Questo articolo è d’obbligo perché so che se in questo periodo dell’anno non mi sentite, pensate subito che in depressione post ferragosto, fine estate, inzio dell’autunno eccetera eccetera eccetera.

Ma contro ogni mia più fantascientifica previsione, quest’anno settembre non lo temo come fine di qualcosa, ma lo attendo come inizio di altro.

No non mi hanno rubato l’account.

Non ho nemmeno bevuto la Coca Cola con le menthos dentro e non sono nemmeno montata su un ottovolante così veloce da invertirmi i pensieri.

No. Sono sempre io.

Solo che quest’anno a settembre ricomincio a fare quello che avevo smesso di fare da tanto. Fare la psicologa.

Con i miei ritmi bradipi, i miei guizzi geniali e le mie paranoie ansiose, sto mettendo insieme tante idee. E per la prima volta dopo taaaaanto tempo, la voglia di cominciare è molta di più di quella di progettare.

Che la passione sia un salva vita me lo racconta anche il fatto che per il momento non sono ancora a rischio infarto per l’inizio delle elementari di Giacomo e l’asilo di Aurora.

Settembre di inizi e non di fini.

In realtà l’ho sempre saputo. Che mi sarei trasformata in anatra intendo.

Che dal non riuscire a combinare niente se non starmene avvinghiata ai miei figli, mi sarei sgranchita le gambe (ops, le zampe) un passo più in là con i bimbi ad un passo più in qua, come teneri anatroccolini.

Le mani non sono più occupate a stringere manine sudaticce, le braccia non sollevano più dozzine di chili cicciosetti –  e la mente, non deve più pensare ad anticipare qualsiasi evento che si possa verificare nel raggio di 8 chilometri intorno ai bambini e in qualsiasi dimensione temporale.

Così il cervello, alleggerito e ringiovanito, se ne può tornare a sguazzare nelle passioni e interessi messi in bozza.

Per me, “fare figli”, è stata la forma più elevata di creatività. E per fortuna, quando Aurora ha compiuto due anni, la creatività ho deciso di direzionarla nella professione!!! 🙂

Però la mia anima bradipa è nel DNA non vi preoccupate eh!?

Volevo solo rassicurarvi sul fatto che non sono in preda al panico che avevo prospettato a primavera.

Il calendario non mi fancula, i grembiuli nell’armadio non mi fanno la linguaccia e le giornate sempre più corte non mi salutano con malinconia.

Certo gente, io che parlo di settembre con giubilo e gli faccio l’occhiolino, è inquietante eh?!

Cioè io!

Ho un attimo di smarrimento…

Ok allora penso ai primi pizzicorini di gola, al freddo quando si esce dalla doccia, ai fazzoletti seminati ovunque, ai 45 minuti per vestirsi/spogliarsi, all’ansia per i regali di Natale e…..

Ahhhhhhhhhhhhh! Aiutooooooooooooooooooo!!!!!!!!!

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