La scelta sbagliata ed i piccoli disastri quotidiani

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scelta

Sono sempre rimasta invischiata nell’errore che se tra due opzioni, quella che scegliamo si rivela incasinata, allora quella facile e giusta l’abbiamo lasciata andare.

E invece no.

L’ho capito oggi. Dopo anni che lo sapevo, ma non riuscivo a capirlo.

Vi faccio un esempio:

Ieri siamo andati a pranzo fuori e dopo una bella passeggiata, siamo saliti in macchina intorno alle tre. Aurora, che da qualche tempo il sabato e la domenica non fa più il pisolino perché la mattina dorme di più, era distrutta. Pensavo che sarebbe crollata dopo 100 metri ed invece si è messa a guardare fuori dal finestrino ed a chiacchierare. Arrivati ad un minuto da casa, mi accorgo che stava chiudendo gli occhi.

Lasciarla dormire o mantenerla sveglia?

Mi dico che facendola addormentare, si sarebbe senz’altro svegliata una volta che saremmo dovuti scendere (non ha più il sonno di un neonato e nemmeno la corporatura da consentirci di trasportarla senza troppi cambi di posizione) ed in più aveva il pannolino pieno ed i pantaloni scomodi per dormire.

Se la tengo sveglia quegli ormai 56 secondi, avrei potuto cambiarla ed addormentarla comoda e serena sul divano come al solito.

Ovviamente a casa non c’è stato versi di farla dormire;
Ovviamente verso le 18 era isterica;
Ovviamente si è addormentata alle 21 spaccate dopo aver cenato alle 18.45 e la domenica mattina me l’avrebbe fatta pagare.

E invece ovviamente un tubo. Perché dove sta scritto che se l’avessi lasciata addormentare, tutto sarebbe filato liscio?

Siamo abituati fin da piccoli al giusto ed allo sbagliato, ma in certe occasioni non vale.

Se a scuola ti chiedono 5+3 quanto fa? 8 o 9? Se rispondi 9, hai SBAGLIATO; era l’altra risposta quella GIUSTA.

Se a un gioco a quiz di chiedono busta bianca o busta gialla e nella gialla c’è scritto “perde tutto”, nella bianca c’era scritto “vince tutto”.

E secondo me è quello che frega noi mamme.

Quando qualcosa va storto ci sentiamo inadeguate e pensiamo “cacchio anche sta volta ho sbagliato!”

Perché se ti sputazza tutta la pastina con la ricotta, non vuol dire che se gliela facevi col ragù se la sarebbe spazzolata;

E se lasci correre quel raffreddorino insignificante e poi gli viene una specie di cimurro intergalattico, non vuol dire che se tu fossi intervenuta con 1500 rimedi della nonna, del dottore o del dottoreluminareprimario, non sarebbe accaduto.

In quelle giornate in cui abbiamo l’autostima sotto ai piedi e siamo stanche e nervose, ricordiamocelo.

Ricordiamoci che ok, la prossima volta considereremo l’altra opzione, ma che oggi abbiamo fatto questa scelta.

Non è andata benissimo, ma non vuol dire che sia stata sbagliata.

 

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Ode all’aerosol

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Inizio ridendo. Perché l’ultima volta che ho cominciato il titolo di un articolo con “Ode”, era per quella al bagno in mare. E già qui si può, come dire, intuire una certa differenza tra le mie passioni estive ed invernali ed il perché del mio amore per l’estate.

Ma torniamo all’aerosol.

C’è chi lo ama, chi non lo conosce, chi lo odia e chi lo trova inutile.

Ma io oggi non voglio fargli un’ode per i suoi aspetti positivi. NO. La faccio semplicemente perché ha poteri magici!

Sì avete capito bene. Ne ha almeno 4. Per chi non sa di cosa sto parlando, mi spiego meglio.

  1. Lancia maledizioni. Provate.  Pinuccio nostro sta bene, è bello “pulito”; non tossisce, non smoccica, non ha il minimo abbassamento di voce. In un immaginario vocabolario umano, nostro figlio sarebbe la voce “bambino sano”. A questo punto provate a riporre l’aerosol nel mobile. Entro 72h un membro qualsiasi della famiglia ne avrà bisogno.
  2. E’ un portafortuna. D’altra parte però, tenerlo in bella vista in salotto, porta bene. Al primo colpo di tosse basta guardarlo e un’onda di salute invaderà la stanza come l’ambipur a cellula fotoelettrica. Per questo motivo faccio appello alle case di produzione: se ne faceste modelli a forma di pianta, di vaso o di orsacchiotto, sarebbe molto più facile tenerlo esposto. Nel frattempo, sarà inconfondibile in tutte le nostre foto casalinghe scattate da ottobre a maggio.
  3. Non invecchia. Nell’85 mi provavo la febbre col termometro a mercurio, gli sciroppi erano a gusto vomito o cerume, prendevo le vitamine in gocce e facevo l’aerosol. Oggi, ai nostri figli possiamo controllare la temperatura corporea direttamente sulla fronte come nei cruscotti delle auto, gli sciroppi sono al gusto che desideri come quelli di Mary Poppins e le vitamine sono contenute in gustosissime caramelline gommose. E fanno l’aerosol.
  4. Mette l’anima a posto. Diciamoci la verità: far fare l’aerosol ai bambini è terapeutico. Ma non per loro. Per noi mamme. Perché dire “gli ho fatto l’aerosol” ci mette a riparo da qualsiasi morso della coscienza e ci convince di aver fatto il nostro dovere. Soprattutto zittisce chi cerca di coglierci in fallo. Perché noi diciamo aerosol, ma mica sveliamo cosa ci mettiamo dentro. Ed allora, potremmo averci messo anche l’acqua dei fagioli che abbiamo scolato per cena, ma appena un colpo di tosse inarcherà il sopracciclio di zia Abelarda, basterà dire AEROSOL e saremo a posto: “Ah bè, se gli hai fatto l’aerosol!”.

Un piccolo appunto: vorrei che ci fosse una raccolta premi.
Un bollino per ogni volta che fai l’aerosol. Io li avrei tutti.
Anche il robot da cucina che puoi avere con 465289 punti più 999€ oppure gratis con 74502560324234 punti.
Io lo avrei. Gratis naturalmente.

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La cosa che mi fa arrabbiare di più

| Mamma Bradipa ironica, Senza categoria

Parliamoci chiaro, ci sono giorni che i nostri figli ci mandano fuori dai gangheri.

Quando dobbiamo farne 986592 e loro fanno di tutto per rallentare le cose;
quando invece bisogna aspettare tre minuti e scalpitano come puledri.

Quando abbiamo deciso di sperimentare una nuova strepitosa ricetta e loro la schifano;
quando prendono la pasta al pomodoro al ristorante, ne mangiano tre piattate e dai tavoli vicini ti bisbigliano “signora ma queste povere creature hanno fame!”

Quando devi fare una telefonata importante e cominciano a litigare.

Quando hai un bisogno impellente di andare in bagno, ma ti chiamano come se fosse successa la tragedia più irrimediabile.

Poi ci sono volte in cui siamo noi ad essere nervose a prescindere e siamo simpatiche e gioviali come la Regina Grimilde.
Tipo quando siamo malate (ma operative ovviamente), quando abbiamo litigato con amici e parenti fino al terzo grado; o quando abbiamo il ciclo. Circa tutti i mesi tra l’altro. Il secondo giorno per esempio, si manifesta con così tanto dispendio di sangue, da cancellare la parola amenorrea da tutti i dizionari.

In tutti questi casi, c’è una cosa che mi fa imbestialire sopra tutte. E’ il “piede a martello” quando aiuto i miei figli a mettere i pantaloni. Il piede a martello, ancor più se sudato, sfida senza successo tutte le leggi della fisica e conferma quella dell’impenetrabilità della materia.

I miei figli, che se prometti ad esempio, che dopo 78 giorni comprerai loro un regalino, il settantottesimo giorno, come mettono i piedi giù dal letto, se lo ricordano; ma non si ricordano di piegare il piede. Mai.

Io peraltro non mi ricordo mai di mettermi comoda come se dovessi leggere un buon libro, perchè – confidando in un’operazione veloce, mi ritrovo ogni volta in pose assurde miste tra il Gobbo di Notre Dame e una contorsionista del Cirque  du Soleil. E infatti dopo 32 secondi mi viene un terribile dolore alla cervicale e il nervosismo si moltiplica per 560.

Faccio appello alla forza sovrumana di Hulk, alla flemma di un saggio Maestro di Karate;

Mi interrogo sulla “troppo scarsa elasticità” dei pantaloni e della ancor più scarsa collaborazione dei bambini.

E niente, ogni volta mi arrabbio come una scimmia.

 

E a voi, cos’è che vi fa “chiudere la vena”?

 

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I dubbi amletici dei regali di Natale

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Salve gente,

siete pronti per Natale?

Eh sì perché appena finito Dolcetto o Scherzetto, in poche ore, tutto diventerà a tema Natalizio.

Le Zucche, i Fantasmi e i Pipistrelli – si trasformeranno in Abeti, Babbi Natali e Renne.

Così come a Luglio abbiamo dovuto comprare i maglioni di lana, dal 2 di novembre (solo perché il 1° è festa), con ancora gli occhi mezzi neri per il trucco di Halloween, dovremo buttarci nei negozi per comprare tutto quello che ci piace, perché si sa, sennò poi finisce.

Insomma, pochi giorni e l’Ansia per la corsa ai regali di Natale sarà ai posti di blocco.

E allora dubbi amletici ci assaliranno.

Innanzitutto a CHI fare il regalo.

Ma Claudia mi farà il regalo? Se poi me lo fa e io non ho niente? E se invece io lo faccio e lei no? Non posso darglielo, la metterei in imbarazzo…

Se a mio marito dico “quest’anno regali solo ai bimbi”, mi comprerà lo stesso il regalo ed io mi sentirò in colpa? E se invece io glielo compro e lui no, penserò subito che non mi ami più?

Ma quanto bisogna spendere per i figli degli amici? E per i nostri amici?

Io tutti gli anni ci casco. Sempre la stessa solfa.

Poi si passa alla questione COSA regalare

E allora c’è stata la volta dell’ideona di fare a tutti la stessa cosa. Dai dai dai! Ai maschi una cosa ed alle femmine un’altra e in un giorno hai iniziato e finito! Ti senti furbissima, un mito assoluto e poi ti ritrovi la vigilia di Natale a ricordarti terrorizzata di aver regalato un dopo barba per tuo zio che non si rade dal ’98 e uno smalto a tua cugina che si mangia le unghie da ancora prima.

E poi l’anno del “Ma no dai, qualcosa di personale per tutti!” Ma è matematico che ognuno di noi ha qualcuno cui deve fare un regalo che non ha hobby, passioni, necessità e ogni volta ti ritrovi a pensare se sarebbe proprio brutto fare solo un biglietto di auguri.

Infine il dubbio di QUANDO comprare. Perché quando mi convinco che comprerò ad ispirazione, senza pianificare a tavolino, mi ritrovo ogni anno a novembre, appiccicata ad una vetrina a pensare:

Carinalacompro! Manodaimancatantotempo! Setroviqualcosadimeglio? Lacomprocomeriserva…Masenonhaiunaliramancoperiregalicerti…

E se non la compro…poi non trovo mai niente di meglio.

La compro…e i giorni successivi trovo 27354925 cose che sarebbero state 385739507 volte meglio.

Avete capito di cosa parlo vero? E siete pronti a tutto questo?

Io quest’anno ho deciso di “ansieggiarmi” felicemente, perché una vocina dentro me mi ha ricordato che nessun CHI, COSA o QUANDO sarà mai un problema in confronto al vero grande ed immenso dilemma del Natale:

Cosa rispondere ai nostri figli quando ci chiederanno:

MA BABBO NATALE ESISTE??????????!!!!!!!!

 

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Tre Terribili Trappole

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Nella mia breve esperienza da mamma, ho potuto verificare che ci sono delle situazioni in cui se non mettiamo in pratica comportamenti  esemplari  adeguati, non vi sono ripercussioni future. Altre invece, in cui basta una volta e il castello di carte che abbiamo costruito fino a quel momento con tanta fatica, crolla.

Ecco, queste ultime situazioni secondo me sono le

TreTerribiliTrappole degli under 3:

 

  • I Braccio di Ferro: la durata di una lagnante richiesta supplichevole è direttamente proporzionale alle volte che abbiamo ceduto nell’accontentarla;
  • Le Parole nervose:Tutto quello che diciamo ai nostri figli quando siamo nervose, lo ridiranno a noi quando meno ce lo aspettiamo;
  • I Patti:se non manteniamo le promesse, perderemo la loro fiducia.

 

Tutte noi sappiamo quello che andrebbe o non andrebbe fatto. Ma ci sono giorni in cui non ce la possiamo fare.

E allora?

E allora, grazie alla mia pigrizia che mi permette di mettere a punto strategie per riuscire al meglio con la minor fatica, ecco a voi i

TreTempestiviTrucchi:

  • Decidiamo noi: Se proprio vogliamo capitolare, decidiamolo noi. Diciamo ai bambini che so, che siccome è il primo venerdì del mese, la luna è crescente e + per + fa +, allora ok possono fare quello che ci stanno chiedendo da un’ora.
  • Specifichiamo: dai su non diciamo “sei duro”, sei “un testone”, è brutto! Ok, ma quando un piccolo fanciullo, dopo 101 volte che gli diciamo di non farlo, sale per miliardesima volta sul freno a mano mentre tenta i più azzardati modi per uscire dalla macchina, allora? Che dirgli? DolceTesoroAmoreZuccherinoDaiLoSaiSmackSmack???? Ennò! E allora respiriamo e diciamo quando fai così mi fai arrabbiare! Noi ci sfoghiamo e loro imparano pure ad esprimere le emozioni (sì lo so, la storia di esprimere le emozioni è trita e ritrita, ma parola mia che semplifica la vita).
  • Trattiamo: se ci accorgiamo che non possiamo mantenere una promessa, diciamolo! Troviamo una via di mezzo, una soluzione insieme. Non c’è cosa più deludente che non venir rispettati in un una parola presa e un bambino che si fida di noi sarà molto più sereno (e noi meno stressate!)

Ricordate però, i TreTempestiviTrucchi, vanno usati soli in caso di necessità; un po’ tipo il Jolly quando si gioca a carte.

Per tutti gli altri casi, c’è la nostra incommensurabile Pazienza!

 

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Grande Cocomero, cugino autunnale di Babbo Natale

| Halloween, Mamma bradipa suggerisce

Fino a una decina di giorni fa, credevo che Il Grande Cocomero fosse solamente il titolo del film con Sergio Castellitto. Invece ho scoperto essere una specie di Babbo Natale autunnale nato tra le strisce dei Peanuts.

Praticamente, la notte di Halloween, il Grande Cocomero (adattamento italiano a “the Great Pumpkin”- la grande zucca) sorge nel campo di zucche più sincero per poi andare a portare doni a tutti i bambini del mondo.

Il fatto che scelga il più sincero e che ci si possa rivolgere a lui con delle lettere di desideri, mi ha fatto venire un’idea:

Il Grande Cocomero potrebbe essere l’occasione per richiedere dei desideri di cuore e non di portafoglio.

Desideri come fare un pic nic in camera,

come un giorno senza andare a scuola e stare in pigiama tutto il giorno,

o un pranzo a base di gelato e caramelle.

Al giorno d’oggi i nostri bambini sono tempestati da immagini commerciali. Il Natale non è più la festa dei buoni sentimenti, ma dei regali (grandi e costosi). Per non parlare di Befana e Pasqua che un tempo erano feste di dolcetti e cioccolato, ma che sono diventate anch’esse occasioni per ricevere doni a tema.

Come ho già avuto modo di scrivervi, Halloween è una festa che non amo molto. L’unica cosa che mi sta simpatica è la zucca, ma diciamo la verità, potrei benissimo vivere senza ragni, pipistrelli, streghe e fantasmi.

Così, per renderla più affine alle mie corde, ho pensato che la sera del 31, dopo un pomeriggio a fare dolcetto o scherzetto, potremmo scrivere su un foglietto un desiderio ciascuno e poi bruciarlo nella nostra zucca intagliata fantasticando che volando col fumo, raggiunga il Grande Cocomero.

Per quanto i miei figli siano amanti di coccole e momenti insieme, dove ti giri ti giri è un continuo martellamento che ti suggerisce di avere avere avere sempre di più.

Non sarebbe bello desiderare anche l’arrivo di una festa che porterà in dono semplicemente momenti felici?

Se sarà un successo non lo so, intanto noi ci proviamo.

 

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Ilafioreart

| Ilafioreart

Per la rubrica Prodotti Bradipi, oggi vi parlo di Ilafioreart

Ilafioreart è la soluzione per voi che siete pigre o imbranate col fai da te, ma allo stesso tempo avete moltissima voglia di  “chicche” per i vostri piccini o per quelli delle vostre amiche.

Ilaria, l’anima di questo marchio, realizza una miriade di idee, delicate e ricercate nello stesso tempo.

Non avete voglia/capacità di fare una coccarda di nascita? No problem ci pensa lei!

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Io fossi in voi andrei a sbirciare il suo sito qui  

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Per qualsiasi altra informazione potete scrivere a ilafioreart@yahoo.it

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Caro grande cocomero..

| Mamma Bradipa tenera

Questo racconto partecipa agli esercizi di scrittura
degli aedi digitali a tema il grande cocomero.

Venerdì scorso, io e Giacomo eravamo in macchina; procedevamo verso casa dopo la palestra. C’era molto traffico e in alcuni punti le macchine si muovevano a passo d’uomo. All’improvviso, alla mia sinistra, scorgo due ragazzi che catturano subito la mia attenzione per i saluti affettuosi che si scambiano come se non si vedessero da un’eternità.

Le macchine davanti a me ripartono veloci ed io che sarei voluta rimanere a vedere come andava a finire, ho approfittato di mio figlio stanchissimo e miracolosamente in silenzio, della luce romantica al calar del sole, ed ho inventato la storia di quei due. La scritta <<Alberto Giovannoni e figli>> sul camion davanti a me, mi ha fornito persino i loro nomi.

 

“Giovanna era una distratta quel pomeriggio. Aveva litigato con sua madre, con sua sorella, con la sua migliore amica e pure con quell’odiosa commessa che si ostinava a dirle come il verde petrolio le illuminasse il viso.
Era in ritardo per la lezione di chitarra e anche questo la faceva innervosire. Proseguiva a passo svelto sul marciapiede guardando i lacci delle sue scarpe che si agitavano veloci.

Alberto aveva finalmente finito il suo lunghissimo turno da cameriere. Il tempo di una doccia e di un panino, e sarebbe tornato di nuovo a lavoro. Si sentiva ogni giorno più stanco e più insoddisfatto e troppo spesso si chiedeva se quello che faceva avesse un senso.
Proseguiva lentamente sulla strada con un odore di olio fritto e deodorante che lo precedeva.

All’improvviso, comparvero uno davanti all’altra.

Giovanna e Alberto non erano due passanti che si trovavano sullo stesso marciapiede per caso. Erano due amici che si erano persi perché non si erano mai più trovati sulla stessa strada.

Si erano allontanati in quinta superiore, per colpa amici ed amiche di cui non ricordavano neanche più il nome e per motivi che ad oggi sembravano meno che insignificanti.

Nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di chiamarsi, di cercarsi su Facebook, frenati dall’orgoglio prima e dalla paura di essere inopportuni poi.

Abitavano nella stessa piccola città, ma non si erano mai più visti.

Erano passati 10 anni. Più di 120 mesi da quella mattina emozionata e sudata della maturità.

Si erano salutati con un  “Ciao” dato con sufficienza come ogni mattina, ma non ci fu un domani per dirselo di nuovo.

Così, quel pomeriggio di ottobre, verso il tramonto, si guardarono titubanti. Alberto e Giovanna erano a un metro uno dall’altra.

Lui non aveva più i capelli arruffati e il fisico scheletrico. Ma aveva ancora lo stesso sguardo vivo.

Lei aveva ancora i capelli lunghi e il fare impacciato. Ma non si mangiava più le unghie ed aveva un bello smalto rosso.

“Ciao”. Era arrivato quel domani in cui dirselo di nuovo.

Per qualche secondo rimasero immobili. Ripensarono a Michela e Luca che li avevano fatti litigare, al bar “Cactus” dove si ritrovavano sempre, al diario dove si scambiavano dediche, che ognuno conservava in fondo al cassetto del comodino. Ritornarono in meno di un secondo a quei giorni, ebbero la sensazione di essersi persi poco prima, addirittura forse, di dover tornare a scuola il giorno dopo.

Poi comparve un sorriso sui loro volti.  “Non ci credo!” dissero ridendo, e si abbracciarono.”

E da quel pomeriggio, non si mancarono più.”

 

Ho scoperto solo ieri l’esistenza del Grande Cocomero. La notte di Halloween infatti, può chiamarsi anche notte del Grande Cocomero che arriva a portare doni e regali come una sorta Babbo Natale autunnale.
Ma se a dicembre chiediamo tutti oggetti materiali, mi piacerebbe istituire questa ricorrenza per richiedere buoni sentimenti.

Caro Grande Cocomero,

Perdonami se non prendo carta e penna, spero tu sia un tipo che ha confidenza con la tecnologia e bazzichi i blog, perché questa settimana parliamo di te.

Io ad esempio, ho visto due ragazzi che si mancavano l’altra settimana. Il destino li ha fatti incontrare.

Il 31 ottobre, quest’anno, ti chiedo un favore, laddove il destino non riesce.

Se puoi, fai in modo che i marciapiedi di chi si manca si incrocino.

 

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La vita non è un film

| Mamma Bradipa ironica, Senza categoria

Ho sempre invidiato la complicità dei due attori protagonisti dei film di azione.

Passano gli anni, migliorano gli effetti speciali, ma la trama gira e rigira è sempre la stessa:

Intanto sono due fighi intergalattici. Lui ovviamente stile bello senz’anima e lei stile puppe senza reggiseno. All’inizio si odiano; di solito lui è un po’ pesante con le battute e lei un po’ troppo veloce sui tacchi (sì avete letto bene, tacchi) e non stanno mai a meno di un metro di distanza.

Ma poi succede qualcosa di pericoloso/romantico/tragico/tenero per cui lei capisce che lui è la persona migliore del mondo e che è così odioso perché ha sofferto terribilmente da bambino a causa delle più disparate disgrazie.

A quel punto i due diventano inseparabili.

Le donne che guardano il film a questo punto fanno il conto alla rovescia per vederli innamorarsi.

Gli uomini continuano a domandarsi quello che si son chiesti dalla prima scena: lei si spoglierà?

Comunque. Il film prosegue e verso la fine, c’è ovviamente la sequenza più pericolosa ed emozionante.

I due, che amichevolmente chiameremo James e Bonda, si trovano a metri di distanza, barricati dietro oggetti di fortuna, piovono cattivi ovunque, loro sono feriti e come arma, hanno un coltellino da campeggio in due, ma….

…Bonda annuisce con la testa guardando James e lui fa lo stesso come a dire “ci siamo capiti”.

Tu pensi che Bonda  abbia sentito un <<prè>> e abbia subito sgamato James che “confessa” l’imprevista flatulenza;

O che improvvisamente una radio trasmetta Pasito Pasito e con quel gesto del capo non possano che essere d’accordo nel dover iniziare a ballare e vaffanculo il pericolo.

E invece no. James comincia a mimare convulsioni per distrarre il nemico, intanto Bonda fugge veloce (sui tacchi) ad inserire un codice che tutti noi spettatori sappiamo che solo James conosceva, poi lancia una monetina da 5 centesimi in aria e James capisce che deve fare una mossa di Super Mega Uga Uga Ninja per atterrare i cattivi che erano arrivati a controllare il suo stato (solo perché ovviamente serve VIVO); se fosse stata una monetina da 10 cent avrebbe dovuto cominciare a ballare la Macarena ed annientare il nemico con un colpo d’anca durante il cambio direzione al momento del “AE’ “!.

Ovviamente tutto finisce benissimissimo con i due che si baciano e si sussurrano “tra noi basta uno sguardo per capirsi”.

(Ah, lei non si spoglia).

Ora cambiamo scenario.

I nostri protagonisti sono Bradipo e Bradipa che sono alle prese con i nemici più feroci di sempre: nervosismo e stanchezza. Nella scena finale, quella più pericolosa, arrivano due gnomi in disaccordo che espongono i loro punti di vista. Uno dei due, conclude il discorso dicendo: “mamma, papà, ho ragione io, vero?”

…Bradipa annuisce con la testa guardando Bradipo e lui fa lo stesso come a dire “ci siamo capiti”.

Ma ovviamente, Bradipo dice un convinto NO e Bradipa, un deciso SI’.

Ciao ciao “finale benissimissimo”.

Si ritirano per deliberare, riescono esanimi a trovare un accordo e a far tornare la pace in famiglia, dopo aver sudato sette camicie (magliette va, che lavare e stirare le camicie è troppo faticoso).

 

Che la vita non fosse un film, lo sapevamo già.

Ma cazzo, un minimo di culo con il 50% di possibilità no eh!?

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Tipologie di mamme dal pediatra

| Mamma Bradipa ironica, Senza categoria

L’ultima volta che sono andata dal pediatra, ci sono stati degli intoppi logistici ed ho dovuto aspettare parecchio. Per fortuna dovevo solo recuperare delle ricette ed ero senza bambini.

Così mi sono messa ad osservare le varie tipologie di mamme che erano lì in attesa.

L’ANSIOSA. Ha un bambino al di sotto dei sei mesi; non conosce ancora i cocktail di virus da asilo, ma ne ha sentito le più dettagliate descrizioni. Per lei andare dal pediatra, è più una sfida a non far peggiorare il figlio, che la possibilità di farlo star bene. La si riconosce perché si affaccia intimorita alla porta e con voce flebile domanda: “Ehm scusate, siccome mio figlio ha 73 giorni, c’è qualche bambino che sta male? Perché sennò magari, ecco, aspetto fuori e mi chiamate quando è il mio turno…”. In risposta, solo degli sguardi alla MaFallaFinita e quindi si rassegna a fare dentro e fuori 57 volte. Quando arriva il suo momento, schizza dentro allo studio quasi in apnea e con un fagottino in braccio con la tuta gialla alla Virus Letale.

LA PRATICAMENTE MEDICO. Classicamente è logorroica e dopo un minuto sa tutte le problematiche di tutti i bambini presenti e pure dei loro parenti di primo e secondo grado. Per un momento ti domandi se è una tirocinante del medico che prima della visita recupera le informazioni necessarie. Ma poi comincia a raccontarti i sintomi di suo figlio dalla nascita, alla mattina stessa. E come ciliegina sulla torta aggiunge “Sai l’ho portato a far vedere, ma lo so già cosa devo fare figurati…al giorno d’oggi con internet che ci vuole…basta un po’ di paraceTImolo e un po’ di areosò!” Oddiamine! Come darle torto!!!!

LA DEVO FARE SOLO UNA DOMANDA. Non mi dite che non ne avete mai incontrata una perché non ci credo. Entra trafelata, sudata, con un sorriso a 45 denti e chiede chi sia l’ultima. Fin qui nulla di male. Ma poi comincia a dire “Ah io devo fare solo una domanda!” agitando le chiavi davanti al viso, come a volerci ipnotizzare a pensare chiavi in mano=rapidità. Il medico apre la porta e lei con sguardo così dolce che Bamby in confronto era un cerbiattaccio malefico, dice “Posso entrare un attimo, solo una domandina”…una giravolta, i capelli fluenti che distraggono e bum la porta si chiude. Con loro dentro. E ovviamente si riapre dopo 43 minuti.

L’UNTRICE. Arriva con minimo due bambini tra i due e i sette anni che amano girellare nella sala d’aspetto. Tossiscono come draghi senza conoscere la possibilità di poter mettere una mano davanti alla bocca a limitare sputacchi infetti e si asciugano il naso colante con la mano mentre toccano tutto; perché la loro mamma, non ha MAI fazzoletti. Accorgendosi degli sguardi angosciati degli altri genitori, dice ai bambini “state buoni che avete 39.3 e tutte quelle macchie sospette addosso! Via abbiate pazienza, ora tocca a noi così il medico ci dice se siete contagiosi…”e tu ti maledici per aver portato tuo figlio, perfettamente sano, a fare il bilancio di crescita proprio oggi.

L’ORGANIZZATA DAI TEMPI STRETTI. Di solito è una mamma impegnatissima che ha i minuti contati per la visita dei bambini. Quindi li porta con una mise interamente con gli strappi per velocizzare le operazioni di svestizione e vestizione, facendo invidia ad Arturo Brachetti ed ai più veterani spogliarellisti. Le domande sono tutte stampate su un foglio ed anche le possibili risposte, in modo da dover semplicemente barrare con una crocetta quella corretta. Arrivano esattamente quando è il loro turno, facendo dei complessissimi calcoli tra l’orario di appuntamento e il ritardo maturato dalle visite precedenti. Arrivano, si fanno visitare ed escono in 13 minuti netti.

Poi è stato il mio turno: L’OSSERVATUTTIPERCHE’DEVESCRIVEREILSUOBLOG. Se in sala d’attesa vi accorgete di una che vi fissa, sappiate che sono io! Uahahahahahahaha (risata malefica).

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