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L’amore non si compra ad etti.

| amore, Senza categoria

L’altra sera mentre facevo zapping alla tv, sono rimasta appiccicata ad un film commedia recente, con attori noti che ti fanno venire voglia di sapere come va a finire, quando sei lì con il 95% del cervello che dorme e non riusciresti a seguire nulla di più impegnativo.

In soldoni la storia parla di una coppia sposata in crisi. Hanno un amico comune che gestisce un locale sexy e propone loro di giocare l’ultima carta per salvare il loro rapporto: fare i single per una sera e andare in una stanza completamente buia dove troveranno uno sconosciuto. I due accettano e dopo la serata si lasciano perché dopo aver trascorso due ore di sesso stupendo, capiscono che è finita. In realtà, senza saperlo, nella stanza c’erano loro due e quando lo scoprono decidono di tornare insieme perché appassionati ed innamorati.

Quindi tu vedi i titoli di coda con il sorrisino stampato in faccia pensando che alla fine l’amore trionfa sempre.

Mi alzo, vado in bagno e mentre mi lavo i denti mi si accende la lampadina e mi rendo conto di cosa stessi pensando veramente. E cioè allo squallore della situazione. Due sposati, si dicono stasera siamo single e spipazzano allegramente con quello che credono essere una/uno sconosciuta/o.

Vi rendete conto? Qui siamo così abituati a fare tutto con un clic che la società ci sta cominciando a dire che anche con i sentimenti si possa fare lo stesso.

Ma l’amore non si spegne con un clic ed il rispetto non si mette in pausa con “siamo single per una sera ” e poi lo riavvii. Manco se c’hai mysky.

L’amore si sgretola piano piano ed il rispetto se lo calpesti non lo recuperi più.

Ma purtroppo al giorno d’oggi in troppi pensano che la vita sia come Instagram o Facebook: se qualcosa non ti piace, clic, la cancelli.

Ma fortunatamente, quando ero piccola io, i social non esistevano e il nostro mondo esterno erano i cartoni animati. Oltre alla famiglia, imparavamo l’amore con il caro Walt Disney che ti insegnava che se ti comporti male fai una brutta fine e se sei buono troverai la felicità.

Non è sempre così è vero. Ma io ai miei figli voglio trasmettere proprio questo.

Che l’amore è volere il bene dell’altra persona. Perché l’amore senza rispetto non è amore. Facciamola finita di dire che uno si comporta come un essere schifoso, “però in fondo l’ama”.

Che l’amore non ha quantità.

L’amore è una nuvola, è qualcosa di impalpabile come il vento, che smuove le rocce e il mare.

L’amore fa le capriole, i salti mortali e la ruota.

L’amore è come un punto: senza dimensioni.

E soprattutto che l’amore non si compra:

“Scusi mi da’ un etto di amore?”

“E’ un po’ di più che faccio, lascio?”

“Sì sì, lasci pure.”

 

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Mamma come ti pare

| mamma perfetta, mamme, mamme sclerate, neomamme, Senza categoria

Care Mamme,

in questi giorni il blog sta diventando più popolato. Vuoi per sfinimento, vuoi per compassione, vuoi perché il caldo sta dando alla testa a molti –  fatto sta che le visite sono aumentate. E leggendo i commenti qua e là, sento la necessità di spiegare ciò che sottostà a qualsiasi articolo che ho scritto e scriverò.

Perché la mia idea è scrivere la mia esperienza, quello che penso, quello che mi viene in mente, quello che osservo. Ma non c’è nessuna intenzione di far cambiare opinione a chi la pensa diversamente o credere che quello che faccio io sia meglio di quello che fanno tante altre.

Già lo potete aver intuito dal fatto che non ho messo un titolo tipo “diariodiunamammachevespicciacasa“, o “diariodiunamammabravadamorì” o “diariodiunamammachehacapitotuttoevoinoncapiteunacippa“.

Ma ci tengo a precisare che oltre a portare avanti i pensieri della mia vita di MammaBradipa, mi piacerebbe passare il concetto di Mamma come ti pare.

E cioè che io dico la mia e voi se vi va rispondete la vostra. Che non c’è un meglio e un peggio perché di articoli che dividono ce ne sono anche troppi ed a me piacerebbe scrivere per unire.

Perché tu sei mamma dei tuoi figli e io dei miei. E tu sai cosa sia meglio per i tuoi e io per i miei. Per eventuali problemi ci sono medici, psicologi, ostetriche… Non di certo io. Né la Pinuccia, la Marietta, o l’amica della vicina di casa di tua suocera.

Se ognuna di noi si impegna ad ascoltarsi ed a fare come le pare, sarà così serena, che non avrà bisogno di ostentare la propria “bravura” e di dare il via a quelle fastidiose ed inopportune lotte per chi ha ragione.

Ma siccome quando si scrive non si sente il tono di voce, non si può guardare l’espressione del mio viso e talvolta le battute possono essere fraintese, ecco qua che vi dico nero su bianco: fate le mamme come vi pare.

Per onestà intellettuale, vi dico anche però quello che mi dà fastidio: le generalizzazioni. Di tempo, di sesso, di pregiudizio, di estremismo.

Cioè che a due anni devi essere senza pannolino senza se e senza ma.

Che alle femmine le bambole ed ai maschi le macchinine. E guai ad invertire.

Che se li tieni in braccio li vizi.

Che una cosa o la fai sempre o non la fai mai (tipo dormire nel lettone).

Perché le generalizzazioni non sono mai pensate autonomamente.

Sono sempre imposte, suggerite, copiate.

Se avete voglia di fare come vi pare, io sono qui. Per dirvi che faccio allo stesso modo, un po’ diversamente od in maniera opposta alla vostra. Con rispetto ed allegria.

Stretta la foglia larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia.

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Bambini: omologare per non etichettare??? Meglio la filosofia bradipa

| bambini, educazione, famiglia, mamme, scuola, Senza categoria

Care Mamme,

Oggi sono polemica. Con nessuno in particolare, più che altro con la società attuale che in nome del non etichettare, sta rendendo tutti incasellati ed omologati. Ma è giusto omologare per non etichettare????

Al di là delle battute, credo che un po’ di filosofia bradipa farebbe bene a tutti. Cioè mettere un po’ da parte tutta questa fretta di far imparare, crescere, diventare autonomi e soprattutto tutti uguali. Lasciare invece fare al tempo, rispettare le fasi delle persone, in particolare dei bambini.

Tutto questo incazzamento nasce da un episodio che mi ha raccontato l’altro giorno una mia amica: sua figlia settenne, è innamorata della danza, ma per sua sfortuna non è affatto portata.

” La Ceci non ce la vedo per niente come ballerina eh?! Piuttosto una tipa da scarpe coi tacchetti che con le punte, ma si diverte così tanto che chi se ne frega!”

L’insegnante invece le ha detto che forse sarebbe meglio avvicinarla ad altre discipline perché non le sembra portata.

E allora mi sono messa a pensare a quando ero piccola io.

E in tutti gli sport o giochi di gruppo cui partecipavo, c’era sempre il più bravo, il più scarso, il più sfaticato. Nessuno ci vedeva niente di male. Ora no, in nome del fatto che non si deve giudicare, dobbiamo essere tutti uguali.

Ma porca vacca, a sette anni, se ti piace ballare, devi aver diritto di farlo. E a meno che tu non sia un’insegnante di una scuola di danza che vuole coltivare solo ballerini professionisti, non fai un discorso del genere. Lasci che la bambina se ne renda conto da sola…se non si sente una ballerina o se le piace talmente tanto, che lotterà più di altre per diventarlo.

E poi ho pensato alla scuola di oggi.

Non entro nel merito di situazioni seriamente e veramente critiche.

Parlo di bambini che si discostano dalla media per qualche piccola difficoltà o per  qualche caratteristica caratteriale. Adesso al minimo “pio” si corre da psicologi e company.

Sono psicologa, quindi non ho nessun pregiudizio verso la categoria. Ma quando queste figure professionali non servono, mi incazzo come una scimmia. Perché i bambini hanno diritto di crescere e di misurarsi con le loro peculiarità e non di sentirsi diversi perché non sono uguali agli altri.

Le diversità vanno riconosciute e rispettate.

E invece spesso, si pensa solo a “fornire gli strumenti” per non possederle più.

Ma questo non significa dare opportunità, significa vestirsi da idealisti, quando si è invece intolleranti.

Perché dare la possibilità ad un bambino di essere com’è e di decidere da solo cosa vuole cambiare in se stesso, è lo strumento migliore che si possa fornirgli.

Perché quando ero piccola mi dicevano che ero timida. E nessuno ha mai pensato di cercare di farmi diventare estroversa. Ero così. Ero così come chi era agitato, spilungone, cicciotto, preciso, mammone (ah io ero anche quello!), permaloso, geniale. Le classi erano belle ed allegre anche per questo.

Ma oggi, “il mondo è bello perché è vario”, non vale più.

Perché si è passati da un estremo all’altro:

Sessant’anni fa, se leggevi troppo lentamente o non riuscivi a scrivere velocemente e senza errori, ti davano un calcio nel sedere e via a lavorare.

Oggi, se non sai leggere bene o scrivere bene, non si concepisce nemmeno che il bambino abbia bisogno di più tempo (sie tempooo! Ignazio ha già sei anni e 125 giorni! Giosuè ha sei anni e 124 giorni ed è bravissimo) o che non sia portato; che farà un po’ più di fatica in italiano, ma cacchio a matematica va come un siluro (e Giosuè mica tanto, ma è nella media quindi nulla da dire).

No bisogna subito “rimediare”. E se il bimbo in questione è a disagio a causa della sua difficoltà ecc ecc è ovvio che si faccia bene.

Ma se Ignazio è felice e tranquillo, magari orgoglioso di come sia bravo in matematica, oggigiorno si rischia di farlo sentire “meno qualcosa”, sottolineandogli una diversità che non reputava assolutamente un problema.

Perché sessant’anni fa è vero, ti davano un calcio nel sedere, ma trent’anni fa, se leggevi e scrivevi lentamente, la maestra ti aspettava. E stop.

 

 

 

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