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Qualche cosa di sicuro io farò: piangerò

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Nell’immensità di incertezze che l’arrivo di un neonato porta con sè, c’è una certezza: che nella pancia, il futuro bebè pensi tra sè:

“Qualche cosa di sicuro io farò: piangerò!”

La prima volta che sentiamo piangere nostro figlio, il cuore ci esplode di gioia perché significa che respira ed è vitale.

Dopo questo momento però, il pianto rappresenterà una mano che ti prende le budella, ci fa un nodo da marinaio e te le rischiaffa dentro la pancia.

Ai corsi di accompagnamento alla nascita ti dicono che il neonato può piangere per vari motivi, ma mentono spudoratamente dicendoti che tu con il tuo istinto di madre capirai cosa fare.

Sticaxxi.

Non è vero mamme, sappiatelo. Qualcuno deve mettervi di fronte alla dura realtà e cioè che farete il giro di tutte le tecniche di rilassamento possibili e che vi fermerete quando si calmerà.
Sarà cioè una via di mezzo tra giocare al lotto e mettere in atto azioni superstiziose. Perché ovviamente ci saranno una serie di coincidenze che accadranno nel momento in cui vostro figlio si calmerà. E quindi, pervasi dal terrore di una notte insonne, le metterete in atto anche le volte successive, certe che la quiete del piccino sia la conseguenza di una specie di formula magica.

Quindi Anastasia Sofia Diletta si è addormentata nell’istante in cui avete alzato la gamba sinistra? E allora ogni volta che piangerà vi trasformerete in gru e starete su una gamba sola.
Tancreduccio ha smesso di piangere quando sul suo pancino avete fatto movimenti che rappresentavano la costellazione di Andromeda? E via ogni volta a ripeterla.
Umberto Fernando Eusebio è crollato mentre sbadigliavate? Rischierete la lussazione della mandibola aprendo la bocca ad intervalli regolari.
Clotildina ha chiuso gli occhietti mentre Zio Adalberto ascoltava “La nostra favola” di Jimmy Fontana? E allora via in loop per minuti e minuti tanto che Youtube si blocca in segno di protesta.

Certo è vero, piano piano imparerete. Diventerete cintura nera di addormentamento e calma. Ma quando finalmente saprete interpretare il pianto di vostro figlio alla prima “u” di “uèèèè”, vi imbatterete nelle teorie educative. E prima o poi pure in quelle fake che vi diranno di lasciarlo piangere per non viziarlo. All’estremo opposto troverete quelle che se non si calmerà prima che la prima lacrima arrivi al mento, la maledizione degli occhi secchi e delicati lo perseguiterà per tutta la vita.

Quindi ricapitoliamo:

prima sei incinta con le neusee, le emorroidi, l’insonnia ed il reflusso;
poi hai un fagotto piangente da interpretare mentre non dormi, non mangi e non ti lavi;
poi un bambino piangente da educare quando pensavi che il peggio fosse passato.

La nonna Corinna ti dice che deve imparare a calmarsi da solo, il nonno Giosuè che con latte e rum prima di dormire, farà una tirata di 8 ore, l’amica con 8 gemelli che se metti i tappi per le orecchie dormirai come un angelo, la vicina di casa che ti mette in guardia sull’importanza dell’ubbidienza perché i bambini sono cani con la parola – e tu -che ti ritrovi con Ginetto che è caduto e si è sbucciato il ginocchio, non sai se fare ciò che ti senti e cioè prenderlo in braccio, dargli un bacino sulla bua e fargli tante coccole o fargli un cocktail di rum, tappi per le orecchie e di pagine del libro “Insegna al tuo cane i comandi per farti ubbidire”.

Ma quindi come si fa? Non è semplice, ma la chiave sta nel guardare quale sia la motivazione del pianto  ed aver ben chiara la differenza tra ESSERCI ed ACCONTENTARE. 
Una è sul piano emotivo, l’altra sul piano materiale. La differenza è sostanziale, ma comprenderla è molto complesso.

Se piange perché vuole il gioco dell’amico, gli spiegheremo il valore del tempo e del sapere aspettare, se piange perché lo lasciamo all’asilo, gli faremo capire che mamma tornerà presto, se avrà paura del buio, che mamma è lì con lui e non c’è nessun pericolo.
Ma se piangerà perché vuole la cioccolata quando abbiamo deciso che ne ha mangiata anche troppa, se qualche lacrima solcherà il suo viso, non succederà niente, basta che noi rimaniamo lì, calme, in attesa che sfoghi le sue legittime emozioni.

Quindi non si vizierà se accorreremo al pianto, ma allo stesso modo non succederà nulla se non smetterà di piangere all’istante.

Diventare genitori è difficile, ma tenete a mente una sola grande regola: quando un bambino piange per BISOGNO DI CONTATTO E AFFETTO, accorrete SEMPRE. Annaffierete il seme di un un futuro adulto sereno e sicuro.

Tutto il resto verrà da sè.

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Bambini: un anno è bello per 365 giorni.

| bambini, estate, mamme, scuola, Senza categoria, stagioni

Care Mamme,

cosa pensano i vostri bimbi dei vari periodi dell’anno? Ce ne sono alcuni che preferiscono ed altri che odiano?

Ve lo chiedo perché fino a due giorni fa credevo che mio figlio, come me, adorasse l’estate. E solamente quella.

Ma facciamo un passo indietro all’estate scorsa. Conoscendo la sua spiccata non voglia di andare all’asilo, a settembre 2016, mi ero inventata tutta una serie di cose bellissime dell’autunno-inverno-primavera che per me erano delle vere e proprie supercazzole. Partivo da Halloween (che ho sempre odiato), mi soffermavo una mezz’ora sul periodo Natalizio, arrivavo al suo compleanno passando per carnevale e con la Pasqua mi sentivo ormai fiera e felice di poter dire: “E poi dopo poco c’è l’estate!”

In effetti l’anno è passato con tanti periodi divertenti, ma io non facevo altro che fare il conto alla rovescia per maggio e seguire.

Quest’anno, alla fine dell’asilo, l’unico mio problema che avevo considerato, era non far fissare Giacomo su quanti giorni mancassero prima del nuovo anno scolastico, certa che sarebbe stato sempre contento.

In effetti, per una decina di giorni fu come sotto effetto di stupefacenti. Aveva sempre in bocca frasi come “non c’è cosa più bella che andare al mare”, cantavamo in macchina mentre raggiungevamo la spiaggia, tornava a casa rilassato e burlone e si sincerava che l’asilo fosse chiuso.

Ma poi, tipo il venti di giugno… “Mamma, non vedo l’ora sia Befana! Porta un sacco di cose buone!!!!”

Io ho uno shock apoplettico e lo guardo come se mi avesse detto che per cena gli andrebbe il passato di verdura, ma invece che dirgli “Amore hai chiesto ininterrottamente da aprile quando avremmo iniziato il mare e adesso, dopo dieci giorni vuoi la Befana???????????!!!!!!!”, ma facendo appello a tutte la mia intelligenza emotiva, ho risposto solo “Eh amore, manca tanto tempo…!”

Dopo pochi giorni torna a bomba con: “Mamma, ma quando la intagliamo la zucca?” (Porca vacca amore che angoscia, siamo a fine giugno, c’è ancora tuttttttttttttto luglio e agosto e poi sett…… No. Agosto due volte).

Quindici giorni fa : “Mamma li facciamo i biscotti di Natale?” (What’s????? Forno-impastare-burro-8745935 calorie che fai il bagno in mare dopo una settimana? Naaaaaaaaaaaaa!)

Una settimana fa: “Mamma, ma il mio compleanno dove lo faccio quest’anno?” (Oioi con cosa le vuoi quest’anno le magliette? Ispettore Gadget? SuperPigiamini? Miles dal futuro? Ah no, a marzo manca ancora un cincinin.

Due giorni fa mi dice che gli mancano le sue scarpe con Spiderman ed il piumino con lo stemma della montagna.

Da bambina “estatiana” ferita nell’orgoglio, gli chiedo: “Amore, ma non ti piace il caldo?”

“Oh sì! Ma mi piace anche il freddo!”

E così, con un sorriso di stupore e tenerezza, ho capito che i bambini non sapendo quanto durano le stagioni, come si alternino e che in fin dei conti, sanno a malapena cosa siano, vivono nella serenità della ricerca dei periodi belli. Con la neve, in infradito, mascherati da chihuahua, con l’albero di Natale in mezzo al salotto. La loro mente salta dal desiderio di una cosa bella ad un’altra, perché non c’è una classifica, son belle tutte.

E mentre entro in pre-fase di pre-ansia da quasi fine estate, cerco di pensarla come lui e di godermi l’anno per 365 giorni.

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I superpoteri delle mamme

| bambini, Senza categoria

Care Mamme,

Quando partoriamo, insieme ad un fagottino di circa tre chili, ci affidano anche dei super poteri (che se volete saperla tutta, secondo me ci iniettano con quella puntura dolorosissima sulla coscia!).

Siamo delle vere e proprie SuperMamme! Non ci avete mai fatto caso?

Allora leggete qua:

IL SUPERUDITO (selettivo)

L’altra notte mi sono svegliata dal rumore del ciuccio completamente di silicone caduto in terra. Davvero. Mentre dormivo come un sasso.

Dite la verità che anche voi riuscite a percepire il minimo mugugno di vostro figlio e non sentite il vecchino che alle cinque di mattina si mette a buttare il vetro nella campana sotto la vostra finestra?

Riusciamo a capire ogni singola parola di un film tenuto al minimo per non svegliare i bambini, a comprendere la nostra amica al telefono mentre i nostri figli urlano/schiamazzano e giocano con giocattoli dai 9876 suoni ( e contemporaneamente urlare contro di loro) e persino a sentire il rumore del silenzio, perché quando i bambini sono soli in camera e lo sentiamo, non è mai niente di buono.

  • LA SUPERVELOCITA’

Grazie al rumore del silenzio che sentiamo col super udito, riusciamo a salvare l’insalvabile accorrendo dai bambini in meno di 6 secondi utilizzando la nostra super velocità.

Senza questo super potere, non riusciremmo a farci una doccia prima che il piccolino in bagno con noi nel seggiolone, abbia finito di buttare in terra tutte le 53 cose che abbiamo messo sul vassoio.

Dopo il primo anno dei nostri figli in cui compriamo solo on line, riusciamo a fare shopping, facendo slalom tra i reparti come una sciatrice olimpionica e afferrando quei tre-quattro capi che ci interessano con la rapidità e la precisione di un gabbiano che pesca un pesciolino in mezzo alle onde.

  •  IL SUPERBACIO

Questo è il mio preferito. Perché quando su una bua serve il nostro bacio, a me spuntano i polsini dorati, la coroncina con la stella e pure il mantello. Per fortuna niente body che ok il superbacio, ma supertette e superculo, nada.

  • LA SUPERFORZA (ariselettiva)

Porto una confezione di acqua dalla sala alla cucina (12 kg) e fiatone, sudore e mi dico “bimba mia vai un pochino in palestra perché qui…” e poi ti faccio rampe di scale e decine di metri sulla sabbia con la piccola 13chilenne. E al bisogno prendo in braccio anche il 21chilenne eh?!

  • LA SUPERCAZZOLA

Questo è il super potere libera tutti. Ti salva nelle situazioni più difficili, è il Jolly che ti fa chiudere una partita di carte e l’ultimo parcheggio all’ombra quando ci sono 40°. Certo ci vuole allenamento perché con la crescita dei figli, cresce anche la difficoltà di fare una storia plausibile o così lunga e incasinata da far soccombere i neuroni di nostro figlio.

Ad esempio a tre anni se nostro figlio ci becca a dire che la nostra vicina è una grande po..a, ce la caveremo dicendo che le piace molto Peppa Pig. Ma a cinque anni no. Ed allora parte la tiritera “No sai amore, lo sai il maiale è un mammifero – sai cosa sono i mammiferi amore? Ecco dunque praticamente lei è un mammifero perché è mamma e quindi siccome le piace il rosa e il maiale è rosa ho detto così, ok?”
Plausibile? Maddove! Ma l’effetto ipnosi da “Non ho capito una mazza”, farà capitolare il nostro piccino.

 

Insomma ecco spiegato come riusciamo ad arrivare a fine giornata.
Un super potere però ci manca, la SUPERVISTA.
Quella ce l’hanno fregata i nostri figli perché come trovano loro un minuscolo pezzettino di basilico nel fischiotto di pasta, nessuno mai.

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uscire prima dei figli, uscire con un figlio, uscire con due!

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Care Mamme,

ve lo ricordate com’era uscire prima di avere un bambino? io ho una vaga reminiscenza che mi fa sorridere al pensiero di come potessi gingillarmi fino a un secondo prima di prepararmi e di come i “problemi” riguardassero se i capelli fossero puliti abbastanza o se dovessi fare uno shampoo, che ombretto scegliere, se abbinarlo con la maglia o era un’esagerazione, se indossare quel vestito nuovo o lasciarlo per un’occasione migliore e quando proprio era un lavorone, dovevo cambiare borsa e travasare il contenuto da una all’altra. Una volta fuori potevo lasciare la macchina lontana chilometri e farmi una bella passeggiata, entravo nei negozi e giravo per mezz’ora tra i reparti e quando mi saltava il ticchio venivo a casa.

Poi fai un bambino e allora cominci a truccarti (se ti trucchi ancora eh!) con due ore di anticipo mentre sta dormendo, o con lui in braccio riempiendolo di brillantini e facendoti venire il torcicollo. Passi mezz’ora a ragionare quale tutina mettergli, che sia comoda, che sia della giusta temperatura, ma che sia pure carina! Controlli che i vestiti che hai messo il giorno prima e quello prima ancora siano decentemente puliti e per scegliere il cappottino da mettergli hai fatto installare una stazione meteorologica direttamente sul terrazzo. E comunque esci se non è troppo freddo né troppo caldo, se piove – escluso, ma anche se tira troppo vento. Insomma, tre volte in un mese. La borsa diventa un trolley anche se devi arrivare al negozio in fondo alla strada e se devi per caso andare al mare, monti la roulotte e sticazzi. E mi raccomando a non tornare a casa troppo tardi che se si addormenta prima di pranzo è la fineeee. Perché poi chissà quando ridorme onnoooo aiutoooo, come farò ad arrivare a fine giornataaaaa nuooooooo! Ecco, reso l’idea? I negozi li eviti e ti dedichi direttamente allo shopping on line.

Poi fai il secondo bambino e sull’orlo tra lo sclero e lo svenimento, adotti degli stratagemmi per sopravvivere.

Ed allora giochi con la piccina ai trucchi e chi se ne frega se sembri esser stata interrotta mentre ti eri già struccata un occhio;

Usi la stessa borsa ogni giorno con le stesse cose per i bambini, tra cui cappellini/sciarpine/felpine, qualche giochino inganna tempo, i crackers salva vita  e naturalmente salviette e pannolini. Il telo per il cambio è stato abbandonato da tempo avendo studiato una soluzione “Metti e sfila” che permette di utilizzare il pannolino nuovo come base (cavolo sembro una pubblicità). Insomma con una borsa sola te la cavi benissimo. Per te non hai nemmeno l’assorbente di ricambio o l’acqua, ma per loro hai tutto.

I loro vestiti sono già divisi a completini nei cassetti e devi solo pescarne uno mentre cerchi di bloccare la piccina che non vuole farsi cambiare.

Tu ti metti i vestiti del giorno prima abbandonati sulla vasca. Zero pensieri.

Il cappotto? ne hanno uno a testa e non devi scegliere un bel niente!

Nei negozi ci vai eccome, eccheccavolo una volta che esco! Impegni il grande facendoti cercare degli inesistenti calzini con gli gnomi o dei barattoli con i fenicotteri che lo terranno fermo davanti allo scaffale almeno due minuti, ti fai largo tra i corridoi dei negozi dove butti giù almeno sei sette cose perchè sono troppo strettiiiiiiiiii, avete capito? STRE-TTI! Possibile che non li progetti mai una mamma con passeggino? (Ora sembro una del sindacato “mamme con il passeggino”). Insomma, con lo sguardo di un’aquila, visualizzi quello che serve ed esattamente in un minuto e cinquantanove secondi, sono pronta per recuperare il primogenito e dirigerci alla cassa. Evvai è fatta, tutti in auto.

E se la piccina si addormenta, ho imparato che non è una tragedia e che in qualche modo a fine serata ci si arriverà!

 

 

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La gara tra mamme

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Care Mamme,

diciamoci la verità, tutte noi almeno una volta l’abbiamo fatto. Tutte noi abbiamo pensato che una mamma che conosciamo stesse sbagliando. Ma se è più che lecito farlo e pure dirglielo, se il suo frugoletto sta mal menando il nostro o se vi appella con le più volgari parolacce, non è altrettanto giustificato se l’argomento è qualcosa che non ci tange per nulla, tipo dove dorme il bambino, cosa mangia o con cosa lo fa giocare.

E fino a qualche anno fa, la cosa era gestibile, c’era qualche pettegola da ignorare, qualche occhiatina da schivare, ma tutto finiva lì. Oggi, l’avvento dei social ha sguinzagliato milioni di mamme che al grido di “Ho ragione io!”,  si dividono tra chi adora spiattellare al mondo come la pensa, e chi adora spiattellare al mondo che la pensa al contrario. Insomma fare la gara alla migliore.

E allora tutte a litigare su come bisogna dormire, mangiare, allattare, educare, far giocare.

Ci sono mamme che adottano il co-sleeping, quelle con il letto con le sbarre, quelle con il lettino Montessoriano, in camera coi genitori o in camera del bimbo, quelle che hanno entrambi i tipi di lettino, ma i bambini dormono nel lettone e quelli che ognuno dorme nel letto dell’altro e il papà finisce sempre sul divano.

Ci sono mamme che autosvezzano, quelle che seguono le tabelle di svezzamento con la precisione di un chimico, quelle che un giorno fanno in un modo, un giorno nell’altro, quelle che il figlio non mangia nulla e devono fargli mille moine e quelle che mangia pure i gambi del tavolo e devono nascondersi in bagno a mangiare le lasagne.

Ci sono mamme che allattano al seno, quelle al biberon, quelle miste, quelle a richiesta, quelle ad orario, quelle che il latte concilia il sonno, quelle che gli rimane sullo stomaco e la notte fa gli incubi.

Mamme che sono preparatissime su ogni macchiolina, bollicina,eruzione possibile, quelle che mandano foto sul gruppo whatsapp di mamme e la diagnosi di maggioranza è quella giusta, quelle che chiamano subito il pediatra e quelle che passano la notte a preoccuparsi.

Ci sono quelle che hanno letto 8398472 libri sulla puericultura, quelle che ascoltano nonne e zie, quelle che pongono dubbi amletici a Google, quelle che hanno fatto l’abbonamento alle riviste per bambini, quelle che hanno fatto l’abbonamento alle riviste per bambini – ma guardano solo le pubblicità delle modelle finte neomamme con tristezza e invidia.

Ci sono mamme che escono con la scorta di parenti, con 13 borse e lo sguardo impanicato dal possibile cambio improvviso di clima o di leggi gravitazionali; quelle che escono sempre da sole e con un pannolino di ricambio e un pacco di fazzoletti – sopravvivono senza stress fuori tutto il giorno; quelle che escono da sole, ma le riconosci perché al minimo rumore, fanno dei balzi spropositati da tanto che sono terrorizzate che accada qualcosa.

Ci sono mamme che continuano ad uscire la sera, con o senza figli; quelle che non uscivano prima e figuriamoci adesso; quelle che escono ma finiscono per parlare dei figli, quelle che escono e si divertono più di prima sapendo che a casa le aspetta qualcuno da amare.

Ci sono mamme che la tv no fino a 16 anni, quelle che “che male c’è” e la maialina rosa e famiglia son diventati parenti acquisiti; quelle che “via una volta ogni tanto che vuoi che sia”, quelle che la tv nemmeno ce l’hanno.

Ci sono mamme che lavorano part time, quelle che lavorano full time, quelle che non lavorano e quelle che lavorano full full full time.

 

In ogni caso, ci sono mamme che a casa propria devono poter fare quel che vogliono.

Perché fare la mamma non è una gara, non c’è nessun traguardo e nessuna vittoria.

E allora sapete cosa sarebbe bello poter fare invece che litigare? Avere la possibilità di dire la propria senza offendere e senza voler fare cambiare idea all’altro.

Poter dire “io ho fatto così e mi son trovata bene”, oppure “Io non ce la faccio più, mi date un consiglio?” Senza dover essere giudicate/disprezzate/prese in giro.

Perché se noi mamme rendiamo possibile questo, con molta probabilità cresceremo figli tolleranti che sapranno accettare chi non la pensa come loro.

E se pensate che questo non possa esistere, vi sbagliate.

 

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Lettera ai miei figli. Perché non chiederò loro scusa.

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Cari Bambini,

Non so se quando sarete in grado di leggere, questo blog esisterà ancora. Io che comincio mille cose e non ne finisco nessuna, proprio non lo so. In ogni caso stamperò queste righe in modo da esser certa che possiate prima o poi vederle.

Quando tra un po’ di tempo comincerete qua e là a leggere Facebook (il mio sia chiaro!!!), magari capiterete per caso su un articolo sulle scuse di una mamma ai suoi figli. O al grande per averlo trascurato una volta che è nato il piccolo; o al piccolo perché non è stato seguito esclusivamente come il grande. E affinché non dobbiate chiedervi perché io non vi ho scritto proprio nessuna scusa, eccomi qua a spiegarlo.

Non vi chiederò scusa perché seppure qualche attenzione esclusiva non c’è stata – molto, ma molto di più è stato raddoppiato.

Perché adesso ci sono il doppio dei giochi, il doppio di amici, il doppio di feste di compleanno e il doppio di baci-abbracci-risate. Certo anche il doppio di volte che mamma si arrabbia, di influenze, di tempo da aspettare prima di essere pronti per uscire.

Ma quando mamma si arrabbia, potrete supportarvi a vicenda in attesa di far pace;

A casa malati, potrete farvi compagnia;

E nell’attesa che l’altro sia pronto, potrete giocare ancora un po’.

Giacomo non avrai avuto sempre mamma che ti osservava, ma chiedi a tua sorella se non è una figata non avere la mia angoscia sulle spalle.

E Aurora, non avrai avuto tutti gli occhi dei parenti fissi su di te, ma chiedi a tuo fratello se lui era felice di tutti quegli sguardi.

Giacomo, non ti chiederò scusa perché l’arrivo di tua sorella ti ha regalato la possibilità di sentirti orgoglioso come fratello e soddisfatto come mio aiutante; di imparare a giocare da solo, di sapere quanto tu fossi amato: perché facevamo le costruzioni seduti in terra come prima, ma adesso mentre allattavo tua sorella. E io lo so che lo sapevi che stavo scomodissima, che mi faceva male tutto e che lo facevo solo per te.

Aurora, non ti chiederò scusa perché avere un fratello ti ha regalato la possibilità di amare tre persone anziché due. Di avere mille stimoli e di poter stare tranquilla, perché se vedevi tuo fratello felice, sapevi che andava tutto bene e potevi stare bene anche tu. Di sapere quanto tu fossi amata: perché facevo le costruzioni seduta in terra con tuo fratello e nel frattempo ti allattavo. E io lo so che lo sapevi che stavo scomodissima, che mi faceva male tutto e che lo facevo solo per te.

Ma soprattutto, non vi chiederò mai scusa perché essere fratelli vuol dire non sentirsi mai da soli.

E infatti, anche in questo caso, la vostra mamma sgangherata, queste parole stucchevoli, malinconiche, amorose, retoriche, che non sapete se ridere,piangere o mandarmi in quel posto, le ha scritte a tutti e due insieme.

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Convivenza al mare: piccole semplici regole

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Care Mamme,

ormai la stagione estiva è finalmente iniziata! Le spiagge si fanno sempre più gremite e la convivenza tra vicini di ombrellone più stretta.

E al mare si sa che si possono fare 1000 cose diverse contemporanemente. Puoi trovare chi dorme, chi mangia, chi gioca, chi legge, chi chiacchiera. Perché ci sono persone di ogni età e con le abitudini più varie. E ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole se non lede la libertà del vicino.

Ma come comportarsi al mare? C’è un manuale di buona educazione per famiglie?

Non lo so, ma per la mia esperienza, bisognerebbe cercare di attuare poche e semplici regole per evitare di arrivare a ferragosto con una paresi da stress.

Tono di voce: sarebbe meglio non urlare troppo al mare. Mi spiego: se sono le due del pomeriggio e tu stai raccontando ad un’amica a tre ombrelloni di distanza, la ricetta del polpettone all’hawaiana, puoi anche alzare le tue regali chiappe e andare al suo ombrellone. Perché poi, se si sveglia il neonato che dormiva beatamente all’ombrellone accanto, e comincia a urlare come un allarme, son cazzi vostri.

Sabbia: Che bello fare le buche!!!!! Ma se tiri la sabbia a chilometri di distanza un po’ meno. Se beccate le quarantenne in tanga che si è appena spalmata otto chili di olio “Abbronzami e baciami”, vi conviene cominciare a scappare veloce veloce!

Vigilare: Se vostro figlio va a giocare all’ombrellone dell’amico, non vuol dire che voi siete liberi, potete andare al bar, dormire, andare a casa a stirare o dall’estetista. No. Vuol dire che per lo meno dovete restare nei paraggi in modo da sentire per lo meno eventuali urla di disperazione o il rumore dei cazzotti!

Spazio vitale: a volte penso che gli ombrelloni dovrebbero essere delimitati con le righe blu come i parcheggi. Perché troppo spesso le persone, nella maggior parte dei casi per scegliere la posizione migliore per prendere il sole, si mettono “in bocca” all’ombrellone accanto! Tanto che a volte, all’ora di pranzo vien voglia di dire “Vuole favorire??????”

Insomma: non è ancora giugno, quando andate in spiaggia non fate quello che non vorreste facessero gli altri con voi! A settembre mi ringrazierete!!!

 

 

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L’amica mamma superfortunata: chi non ce l’ha?!

| bambini, mamma perfetta, Senza categoria

Care Mamme,

collegato all’articolo “Il DNA non è un’opinione” , oggi voglio parlarvi dell’amica mamma superfortunata. Quella che a detta sua, dal primo giorno di gravidanza è tutto perfetto e meraviglioso e facile  perché basta guardare alla vita con pace, amore e gioia infinita.

In gravidanza non ha nausee, dorme bene, prende i chili giusti, ha la pelle luminosa, i capelli splendenti, nessuna smagliatura, è regolari di intestino, non ha voglie strane e soprattutto non conosce il significato di emorroidi.

Poi il parto. Meraviglioso ovviamente. Perfetto. Il reparto le ha insignito il premio per la miglior vagina dell’anno e nel frattempo che vocalizzava (voi avete urlato? Che volgarità) ha vinto pure il Festival di Cantaben via Skype.

Il neonato è uscito asciutto e pulito, addirittura già con la tutina; e non ha pianto. Ha detto le sue prime parole…in lingua vagitese, ma ha parlato. Non ci credete? Maligne.

Una volta a casa, questo pargoletto dorme tanto, mangia tanto, ma non caga mai tanto. Caga meglio.

Coliche? What????

La mamma, ovvero la vostra amica, non è affatto stanca perché il bambino dorme tutta la notte poi mangia e ridorme, mangia e dorme. Tesoro, un’occhiatina al pediatra io gliela farei dare.

Riesce a fare tutto quello che faceva prima, che ci vuole! Lo mette nel marsupio e fa tutto, gli aperitivi con le amiche, va in palestra, dall’estetista. Vostro figlio sembra indemoniato se lo mettete in fascia o nel marsupio e il suo dorme (aridaje).

E se voi osate dire: “Cavoli che culo hai avuto!”

Lei si affretta a dire con tono pacato e zen: “Cara non è fortuna (le parolacce non sono zen), sono io che ho adottato la filosofia del benessere interiore!”

Hai ragione cara, non è culo. L’unica spiegazione è che tu sia Magica Amy. “Gira e spera, spera e gira, quel che vuoi si avvererà”.

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Domani saranno grandi

| bambini, famiglia, Senza categoria

Care mamme,

oggi pomeriggio un brivido mi è corso lungo la schiena. No, non era influenza.

Avevo finito le faccende indispensabili per nutrirci e per non far mettere i sigilli alla casa dalla USL e sono andata in camera dove l’appenacinquenne stava disegnando e la quasiduenne mettendo in fila in una logica a me incomprensibile, dei personaggi dei cartoni animati.

Provo ad interagire con i due e ricevo in cambio dei mugugni. Un po’ come quelli che regalavo ai miei, quando mi chiedevano come era andata a scuola.

Sottotitolo: lasciami stare, non ho voglia di comunicare con te.

E all’improvviso, L’ANGOSCIA.

Ho pensato che tra un po’ non avranno più bisogno di me per giocare. Che servirò solo per intervenire nelle litigate, per cercare un maglione nell’armadio, per farsi dare la paghetta.

Diciamoci la verità, un po’ tutte noi, se stiamo sfaccendando e i bambini vogliono giocare, diciamo loro “aspettate” oppure “domani”.

E dopo l’angoscia mi son sentita una cacca. Perché a volte Miss Ansia entra nel mio cervello e dà un calcio nel sedere al bradipo che è in me. Non parlo di Miss Puntualità che ovviamente mi è utile ed è vitale per chi lavora ed ha una vita ad incastro, Miss Ansia ti rompe le palle e basta; quando non serve.

Insomma.

Mi son sentita in colpa perché a volte vado di fretta e mi agito quando non ce n’è bisogno.

Perché troppe volte mi arrabbio quando il cinquenne la sera per mettersi il pigiama ci mette un secolo. Perché vuole i grattini alla schiena, vuole che mi metta tutti i capelli sul viso e li soffi via, vuole che io faccia la sua voce e lui la mia, che si stia per un po’ abbracciati sul bidet;

Perché mi innervosisco quando mi afferra i vestiti per trattenermi quando gli passo vicino;

Quando ogni sera vuole che si vada tutti in bagno a vedere che ha schizzato apposta lo specchio mentre si lava i denti.

Perché sbuffo quando la duenne vuole fare le scale da sola, contando gli scalini ed io ho 54 pacchi a tracolla. Perché ha i suoi riti per rientrare in casa: deve stare un po’ in giardino, un po’ dalla nonna, un po’ a farsi leccare dalle canine. E si arrabbia quando non possono essere accontentati perché non può capire che tra “non ho fame” e “mamma ho fameeeeeeeeeee” ci sono delle azioni da compiere che non possono essere fatte in giardino;

Perché quando la cambio dobbiamo nominare tutte le parti del corpo. Se va bene solo due volte;

Perché a tavola dobbiamo fare finta 567 volte di prenderci la mano anche se siamo lontane.

 

E allora mi son detta, il tempo passa eccome. Anche se non sembra.

Se i bimbi ci chiamano, fermiamoci (ovviamente non se sono le 8.08 e alle 8.10 suona la campanella e voi siete sempre a casa). Che sia per una coccola, per un gioco, per una domanda apparentemente inutile; o anche solo perché non sanno come sbarazzarsi di una caccola.

Non diciamo loro troppi “domani”. Perché domani saranno grandi e ciao.

P.S. Che se poi vi chiamano tanto, magari avrete per qualche ora una casa bradiposamente incasinata come lo è sempre la mia.

P.S.2 Per reclami per l’articolo banale, scontato e stucchevole, rivolgersi a Miss Maliconia. La trovate in fondo a destra accanto a Miss Ansia.

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Bambini: omologare per non etichettare??? Meglio la filosofia bradipa

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Care Mamme,

Oggi sono polemica. Con nessuno in particolare, più che altro con la società attuale che in nome del non etichettare, sta rendendo tutti incasellati ed omologati. Ma è giusto omologare per non etichettare????

Al di là delle battute, credo che un po’ di filosofia bradipa farebbe bene a tutti. Cioè mettere un po’ da parte tutta questa fretta di far imparare, crescere, diventare autonomi e soprattutto tutti uguali. Lasciare invece fare al tempo, rispettare le fasi delle persone, in particolare dei bambini.

Tutto questo incazzamento nasce da un episodio che mi ha raccontato l’altro giorno una mia amica: sua figlia settenne, è innamorata della danza, ma per sua sfortuna non è affatto portata.

” La Ceci non ce la vedo per niente come ballerina eh?! Piuttosto una tipa da scarpe coi tacchetti che con le punte, ma si diverte così tanto che chi se ne frega!”

L’insegnante invece le ha detto che forse sarebbe meglio avvicinarla ad altre discipline perché non le sembra portata.

E allora mi sono messa a pensare a quando ero piccola io.

E in tutti gli sport o giochi di gruppo cui partecipavo, c’era sempre il più bravo, il più scarso, il più sfaticato. Nessuno ci vedeva niente di male. Ora no, in nome del fatto che non si deve giudicare, dobbiamo essere tutti uguali.

Ma porca vacca, a sette anni, se ti piace ballare, devi aver diritto di farlo. E a meno che tu non sia un’insegnante di una scuola di danza che vuole coltivare solo ballerini professionisti, non fai un discorso del genere. Lasci che la bambina se ne renda conto da sola…se non si sente una ballerina o se le piace talmente tanto, che lotterà più di altre per diventarlo.

E poi ho pensato alla scuola di oggi.

Non entro nel merito di situazioni seriamente e veramente critiche.

Parlo di bambini che si discostano dalla media per qualche piccola difficoltà o per  qualche caratteristica caratteriale. Adesso al minimo “pio” si corre da psicologi e company.

Sono psicologa, quindi non ho nessun pregiudizio verso la categoria. Ma quando queste figure professionali non servono, mi incazzo come una scimmia. Perché i bambini hanno diritto di crescere e di misurarsi con le loro peculiarità e non di sentirsi diversi perché non sono uguali agli altri.

Le diversità vanno riconosciute e rispettate.

E invece spesso, si pensa solo a “fornire gli strumenti” per non possederle più.

Ma questo non significa dare opportunità, significa vestirsi da idealisti, quando si è invece intolleranti.

Perché dare la possibilità ad un bambino di essere com’è e di decidere da solo cosa vuole cambiare in se stesso, è lo strumento migliore che si possa fornirgli.

Perché quando ero piccola mi dicevano che ero timida. E nessuno ha mai pensato di cercare di farmi diventare estroversa. Ero così. Ero così come chi era agitato, spilungone, cicciotto, preciso, mammone (ah io ero anche quello!), permaloso, geniale. Le classi erano belle ed allegre anche per questo.

Ma oggi, “il mondo è bello perché è vario”, non vale più.

Perché si è passati da un estremo all’altro:

Sessant’anni fa, se leggevi troppo lentamente o non riuscivi a scrivere velocemente e senza errori, ti davano un calcio nel sedere e via a lavorare.

Oggi, se non sai leggere bene o scrivere bene, non si concepisce nemmeno che il bambino abbia bisogno di più tempo (sie tempooo! Ignazio ha già sei anni e 125 giorni! Giosuè ha sei anni e 124 giorni ed è bravissimo) o che non sia portato; che farà un po’ più di fatica in italiano, ma cacchio a matematica va come un siluro (e Giosuè mica tanto, ma è nella media quindi nulla da dire).

No bisogna subito “rimediare”. E se il bimbo in questione è a disagio a causa della sua difficoltà ecc ecc è ovvio che si faccia bene.

Ma se Ignazio è felice e tranquillo, magari orgoglioso di come sia bravo in matematica, oggigiorno si rischia di farlo sentire “meno qualcosa”, sottolineandogli una diversità che non reputava assolutamente un problema.

Perché sessant’anni fa è vero, ti davano un calcio nel sedere, ma trent’anni fa, se leggevi e scrivevi lentamente, la maestra ti aspettava. E stop.

 

 

 

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