post partum

Il paradosso della signora Armanda

| Mamma Bradipa Psicologa, mamme, neomamme, post partum, Senza categoria

 

 

Ricordo una volta che stavo ritornando da una passeggiata con Giacomo piccino. Lui in braccio piangente e la carrozzina vuota. Non avevo idea di che disagio avesse, stavo imprecando nella mia mente e per un secondo pensai che un criceto sarebbe stato molto più semplice da crescere. Proprio mentre ero ferma alle strisce davanti casa, la mia vicina Armanda mi vede e mi apostrofa così:

 

“Bimba!!! Se continui così sei fritta, non te lo spiccicherai più di dosso, son piccoli, ma son furbi, devi fargli capire subito chi comanda!”

Che rabbia! Ma come si permette questa! Lo so io come educare mio figlio! Chi si crede d’essere!

La fulminai con lo sguardo senza dire nulla, ma ricordo che nonostante le mie conoscenze fossero colme di tutt’ altre informazioni, mi sentii una madre debole e perdente e cominciai a covare una sorda rabbia verso quelle credenze, ma pure verso me stessa.

Una volta rasserenata la situazione mi misi a pensare a come mai quella frase mi avesse così infastidito.

Lì per lì non lo compresi. Anzi direi che non mi fu chiaro per parecchio. Poi mi si accese la lampadina:

Vi siete mai chiesti come mai, nonostante da anni si parli di quanto sia importante ascoltare i bisogni dei neonati, è ancora immensamente diffusa la paura di viziarli?

Vi siete mai chiesti come mai si parla sempre di “chi comanda” e di chi “ubbidisce” come se ci si riferisse ad un animale da circo?

Vi siete mai chiesti come mai se avete letto libri, ascoltato esperti e vi siete confrontate con persone che ritenete importanti per voi, se una persona per strada vi dice che tenendo sempre in braccio vostro figlio lo vizierete, in voi si insinua un dubbio? Una microscopica crepa nelle vostre certezze?

PER IL PARADOSSO DELLA SIGNORA ARMANDA (che mi sono inventata io😅)

per il quale fa più paura lo spauracchio di un futuro adulto diPENDENTE da noi di uno con problemi psicologici e relazionali.

A parte che accogliendo i bisogni di un neonato non lo si rende in nessun modo dipendente o viziato o piagnucolone o debole, ma a parte questo perché certe frasi ci colpiscono così tanto nonostante conoscenze, studi e propensioni personali? E soprattutto dopo parecchi anni in cui si sono diffuse le conoscenze dell’importanza di rispondere ai bisogni del neonato per evitargli ferite emotive che avranno conseguenze anche nell’età adulta?

Ero una mamma cattiva ad essermi preoccupata di star educando mio figlio nel modo sbagliato?

Lo erano tutte quelle che mettono in pratica ciò che diceva la mia vicina?

Certo che no!

Tutto ciò succede per il fine ultimo di un genitore crescere un bambino per renderlo un adulto capace di badare a se stesso, staccarsi dal nido e costruire una sua famiglia.

Una spiegazione per la conservazione della specie, dunque. Nessuna cattiva intenzione. Ma al giorno d’oggi si sa che non si diventa madri o padri solamente concependo un figlio, ma crescendolo ed amandolo. Quindi direi che è arrivato il momento di sovvertire questo pensiero facendo comprendere a tutti che in realtà è l’esatto contrario:

più si accoglieranno i bisogni di un neonato e più diventerà un adulto autonomo, sereno e sicuro.

Praticamente dobbiamo eliminare il PARADOSSO DELLA SIGNORA ARMANDA e diffondere il PRINCIPIO DELLA SIGNORA GIORGIA (anche questo me lo sono inventata io😆): un neonato non ha vizi, ma solo bisogni ed accoglierli lo farà crescere sereno e sicuro.

Mi aiutate a farlo circolare?

Faccio un appello alle aziende che producono test di gravidanza: potete per favore scriverlo nelle istruzioni? Bello grosso, in grassetto. “DA LEGGERE MENTRE SI ASPETTA CHE IL TEST SIA PRONTO!”

 

P.s. Il nome Giorgia è ispirato a Giorgia Cozza autrice di innumerevoli testi sui bisogni dei neonati.

P.s2. se incrociate una mamma con un bambino che piange, sorridetele, – adesso che siamo tutte con le mascherine parlate loro con gli occhi come a dire “Forza mamma, sono con te, stai facendo del tuo meglio!”

 

Se l’articolo ti è piaciuto seguimi su Instagram e Facebook col nome comepsicologafaccioridere

 

0 comments

Il parto dura un giorno

| mamme, neomamme, post partum, Senza categoria

IL PARTO DURA UN GIORNO. Ma emotivamente, per molte mamme, dura molto di più. Perché spesso accade che non vada come ce l’eravamo immaginato.

Noi mamme siamo bravissime a colpevolizzarci. Per tutto. Anche per la troppa pioggia caduta a marzo. Figuriamoci per un parto.

Possiamo sentirci insoddisfatte, traumatizzate, ferite.

Ogni mamma sa che sensazione prova quando ripensa a quel giorno. E spesso attribuisce a se stessa la colpa di quello che non è andato. Anche il nostro linguaggio colloquiale non aiuta.

Spesso si sente “Non sono riuscita a partorire naturalmente”, “Non sono riuscita a resistere, ho chiesto l’epidurale”, “Non sono riuscita ad arrivare al termine della gestazione”.

NON SONO RIUSCITA

NON SONO RIUSCITA

NON SONO RIUSCITA.

Perché non provare a dire “Ho partorito”, “Ho scelto l’analgesia peridurale”, “Ho partorito a 36+5”.

Senza darci una colpa che non abbiamo.

Anche perché a far sentire una mamma “Meno”, ci pensano gli altri.

Sì dai, “I colpevolizzatori professionali” (99 su 100, donne) che da quando rimani incinta, ti accusano di tutto:

“Hai preso troppi chili, che vuoi partorire un bue?”

“Hai preso troppo poco, partorirai una lenticchia!”

“Ma quanti libri leggi, guarda che essere mamma viene naturale!”

“Ma hai letto qualcosa sulla puericultura? Guarda che avere a che fare con un neonato non è uno scherzo!”

Sono quelle che poi romperanno se allatti/non allatti se la vesti tutta gale e pizzi o blu-celeste-turchese/se li vesti unisex, se lavori/non lavori ecc ecc.

E appena partorisci, le colpevolizzatrici number one, sono senza dubbio quelle che sul comodino custodiscono gelosamente la targa ” La Miglior Vagina dell’anno”.

Sì dai, le Mamme campionesse mondiali di parto (nuova disciplina olimpica nel 2020).

Quelle che se  hanno partorito con parto vaginale dopo 6787 ore di travaglio, senza analgesie e a 41 + mille, si sentono autorizzate a giudicare chi ha avuto un’esperienza diversa dalla loro.

Nessuno ha diritto di giudicare come migliore o peggiore un tipo di parto.

Le ore di travaglio non sono una gara di apnea che più tempo passa e più sei un fenomeno.

Se non vuoi usare analgesie, nessuno ti obbliga, ma non giudicare chi le richiede. Non è una gara, non c’è doping!

E soprattutto è La Natura a decidere quando deve nascere un bimbo, nessun altro ha più o meno meriti.

 

 

IL PARTO DURA UN GIORNO, nostro figlio lo avremo tutta la vita.

Non perdiamo minuti di felicità colpevolizzandoci o giudicando.

Un neonato è un miracolo. E ai miracoli non frega niente di come accadono.

 

 

 

0 comments

3 cose da non dire a una neomamma

| Mamma Bradipa polemica, mamme, neomamme, parto, post partum, Senza categoria

Care Mamme,

Dite la verità, che quando avete partorito e incontravate qualcuno in giro, venivate fermate con un gran sorriso, come se foste delle VIP. Ma al posto di un autografo o un selfie, vi venivano poste le domande più idiote della terra.

 

Tipo:

  • Sei felice? Ecco. Magari te sei lì, in preda al post partum più bastardo che ti ripeti come un mantra “non ho fatto una cazzata, non ho fatto una cazzata, non ho fatto una cazzata…” E non sei felice, proprio per nulla. E ora, dopo questa domanda ti senti anche una cacca. Perfetto. Se invece sei in quella fase di innamoramento perso verso il tuo frugoletto, rischi di cominciare a piangere di gioia e di non smettere più per tre giorni.

 

  • Sei stanca? Considerando che provieni da nove mesi di gestazione faticosa, parto dilaniante e ti svegli ogni tre ore (se va bene) per nutrire il tuo piccino, vivi con lui in braccio, ti metti seduta solo per far pipì e cammini come un orso obeso a causa dei punti, no. Non sei stanca. Sei un fiore, non si vede?

 

  • L’avrai coperto troppo/troppo poco? Allora, una neomamma, ci mette in media un’ora e mezzo ad uscire. Perché prima prepara se stessa (la maggior parte delle volte con una mano sola, con una poppata nel mezzo ed un cambio pannolino subito dopo). Poi cambia il bambino scegliendo l’ultima tutina rimasta pulita dopo che il fanciullo ha rigurgitato tutta la notte. Una volta che entrambi sono pronti, lui fa la popò. Pregando in aramaico che il pannolino sia riuscito a contenere il tutto, lo ricambia ed escono. Magari dopo una settimana di clausura per temporali. Magari è cambiata la stagione e si ritrova con 10° e le infradito o 25° col piumino. Ok. Che glielo dite a fare? Ci arriverà da sola che se suo figlio è viola e madido di sudore ha caldo e se trama ha freddo. Ma visto che non sa quando mai riuscirà ad uscire la prossima volta, adotta la tecnica dell’adattamento per far prendere almeno 7 minuti di aria al neonatino.

Possibile che nessuno si ricordi di quando ha partorito o è stato vicino a qualcuna che lo aveva appena fatto?  Perché non so voi, ma io quando ho partorito la prima volta, non riuscivo a vedere ogni giornata come una conquista, un miglioramento, un cambiamento. Se era andata bene, dicevo che avevo avuto culo, e se era andata male mi convincevo che le successive sarebbero state anche peggio.

E allora sapete che dovete dire ad una neomamma?  “Se ti sembra un casino, migliorerà!”. Farete una mamma felice, assicurato.

Avreste reso felice me per esempio.  Ma figuriamoci. Nessuno ti dice che sembra strano, ma un giorno parleranno, cammineranno e faranno la popò nel wc. Che vi divertirete insieme a loro e che rispondere alle loro astruse domande sarà una figata. Che vi scioglierete di fronte alle loro frasi amorose, disegni impiastricciati e baci sbavosi.

No, nessuno.

Cioè magari te lo dicono parenti e amici stretti, ma tu come dire, non sei proprio convinta che siano sinceri se te lo dicono mentre  sei in preda al più pazzo degli ormoni e non dormi da 20 ore.

Se l’articolo ti è piaciuto continua a seguirmi sulla mia Pagina Facebook

17 Comments

Post Partum e angoscia

| famiglia, mamme, post partum

Care Mamme,

Contrariamente alla mia super esplicitata pigrizia, da piccola volevo avere 17 figli. Da buona organizzata, programmatica e ignorante sulla indecisionabilità dei tratti estetici, avevo già scelto per tutti, non solo il nome, ma anche il colore di occhi e capelli.

Ho sempre giocato “a mamme”. E ho smesso solo quando ho cominciato a desiderare di esserlo per davvero.

Per me, essere mamma, è sempre stato al primo posto. Anche a 19 anni, quando scelsi l’università che mi permetteva di fare una professione che potevo gestirmi da sola, ovviamente per seguire i bambini.

Nel frattempo, avevo aggiustato un po’ il tiro e quando decidemmo di metter su famiglia, ero scesa a quota tre.

Ho avuto una gravidanza meravigliosa, seppur con lo spauracchio del parto, che temevo fin da quando mi avevano spiegato come nascono i bambini. Stavo benissimo, ero felice e non vedevo l’ora di coccolare quel batuffolino che alloggiava temporaneamente dentro me.

Poi nacque. Del parto neanche me ne accorsi si può dire. E per me il più era fatto. Ora avevo davanti a me giorni, mesi, anni di felicità, di messa in atto di tutto quello che sognavo da anni e su cui mi sentivo preparatissima.

Ma non fu subito così.

Proprio io che non avevo mai pensato ad altro, mi sentivo in una terra straniera senza dizionario.

Io che sognavo di metterlo a dormire nel lettone ogni volta che piangeva, mi ritrovai un bambino che amava dormire a stella e solo.

Io che immaginavo di dover rassicurare mio marito, su quanto lo amassi, nonostante l’arrivo del bambino, mi sorpresi gelosa delle attenzioni che lui dedicava al figlio. Perché io, non riuscivo a provare per quel piccino (col senno di poi, lo credevo solamente), quell’amore che leggevo negli occhi del suo papà.

Io che mi immaginavo realizzata e felice, ero sopraffatta dagli ormoni, e per un bel po’, quando mio marito tornava da lavoro, gli affidavo quel fagottino caldo e morbido e scoppiavo in un pianto impetuoso.

Io che mi immaginavo preparatissima e naturalissima nel seguire la sua crescita, mi ritrovai circondata da post-it con gli orari dell’ultima poppata, dell’ultima pesata e ogni sera andavo a dormire con l’angoscia di non sapere per quante ore avrei potuto farlo, stretta nella morsa del non sapere e del non poter programmare.

Non ne parlavo con nessuno se non con marito e mamma, perché a distanza di tempo, posso dire che mi sentissi un’imbranata inutile che non sarebbe mai stata in grado di accudire un bambino.

Ricordo ancora con il gelo nel sangue, che non percepivo lo scorrere del tempo. Per me sarebbe stato sempre così: pianti, mangia, pianti, dorme, sereno per dieci minuti, popò, poi pianti per sonno e via così.

Ma per fortuna, il tempo scorre e i bambini cambiano. Le mamme cambiano.

E sbocciai.

Ricordo che la notte mi svegliavo con il cuore che batteva fortissimo perché ero emozionata da come amassi mio figlio. Da come me ne fossi innamorata piano piano.

Ho pensato che magari ci sono tante neomamme che si sentono contente per metà e l’altra metà in colpa ed infelici.

E allora non fate come me, parlate-parlate-parlate, non sentitevi diverse. Perché quando mi decisi a confidarmi con una mia amica, scoprii che anche per lei l’inizio era stato un bel casino.

Così magari, prima di quanto sia successo a me, vi sveglierete di notte col cuore in gola per tutto l’amore che provate.

P.s.: Con la seconda figlia non avevo aspettative caratteriali ed è stata tutta discesa.

P.s.2: Sono scesa a quota due!!!!

 

23 Comments