Istantanea dalle gare di ginnastica artistica

Gare di ginnastica artistica

Gare di ginnastica artistica

Lo scorso weekend ci sono state le gare di ginnastica artistica. Noi siamo stati a quelle individuali gold. Gare che non ho visto, perché sono ancora a porte chiuse. Anche se non ne capisco i motivi. Ormai si può andare ovunque. Mascherine e green pass. Ed invece in questo sport ancora preferiscono non far entrare nessuno. E così bisogna lasciare i bambini da soli con gli istruttori. Senza la possibilità di farsi vedere. Gare che non ho visto anche perché questa volta, a differenza di altre gare precedenti, non hanno fatto la diretta su Youtube dal palazzetto dove si stavano effettuando.

Ho visto genitori ammassati davanti alle vetrate del palazzetto, per cercare di vedere qualcosa. Io no. Mi sono rifiutata e sono rimasta in macchina. Anche perché faceva un freddo pazzesco. E sinceramente non avevo proprio voglia di stare 2 ore al gelo, ad elemosinare qualche immagine di questa gara.

Ma quello di cui voglio parlare è un’altra cosa. Un’immagine che ho visto alla fine. Quando eravamo fuori del palazzetto, aspettando l’uscita di mia figlia. Appena prima di lei è uscita una bambina, un po’ sconfortata perché evidentemente la gara non era andata bene come sperava. Non so chi fosse questa bimba. Magari era la bimba arrivata ultima in classifica (calcolate che la mia è arrivata penultima). Il livello di queste gare è veramente molto alto. E con alcune è veramente impossibile competere. Perché il punteggio funziona così: in base al livello di difficoltà degli elementi inseriti nell’esercizio viene assegnato un punteggio di partenza (che rimane anche se si sbaglia completamente l’esercizio) a questo si somma il punteggio che la giuria decide per l’esecuzione dell’esercizio. E poi si possono sommare eventuali bonus o sottrarre eventuali penalità per errori commessi durante l’esercizio. Calcolate quindi che ci sono bambine che magari partono da un punteggio base di 8 o 9, mentre altre che partono da un punteggio base di 5/6. Quindi già di partenza, le bambine che hanno un punteggio più basso sono svantaggiate e difficilmente potranno competere (in classifica) con le altre.

Quello che mi ha colpita è stato il modo in cui l’istruttrice di questa bambina sconsolata si è rivolta a lei. Perché trovo che sia stato un modo veramente dolce e adatto all’età della bimba. Perché molto spesso ci sono istruttori che dimenticano che si tratta di bambine. E che bisognerebbe trovare il modo giusto per parlare con loro. Non bisogna considerarle solo delle atlete, come se fossero adulte. Bisogna saper parlare con i bambini. E purtroppo non tutti ci riescono o lo sanno fare.

L’istruttrice di questa bambina prima ha detto al papà che era stata brava. Poi si è abbassata all’altezza della bimba, in modo da parlare con lei occhi negli occhi. E già solo questo le ha fatto guadagnare, ai miei occhi di esterna, 1000 punti. Abbassarsi all’altezza di un bambino per parlargli lo trovo veramente una cosa importante e giusta. E le ha parlato in maniera molto dolce, rassicurandola sul fatto che non importava la classifica, ma solo il fatto che lei si era impegnata molto, aveva fatto tutto quello che poteva ed andava bene così. Il suo modo di parlare a questa bimba l’ho trovato molto delicato ed adatto alla situazione. Purtroppo non sempre si trovano istruttori che si rendono conto di stare a parlare con dei bambini. E magari gli parlano come se parlassero con persone adulte, non pensando o non volendo capire che i bambini poi recepiscono altro.

C’è chi pensa che se non si impegnano come loro vorrebbero, basta sgridarli o trattarli male, magari mandandoli via prima da un allenamento, perché così i bambini capiranno che devono comportarsi in maniera diversa e impegnarsi di più. C‘è chi pensa che sono grandi e possano capire i discorsi da grandi. Ma poi in realtà magari i bambini di fissano solo su alcune parole di questi discorsi e recepiscono solo la parte negativa. E tutto questo ha l’effetto contrario sui bambini. Bisognerebbe capire che si ha a che fare con bambini di 7/8 anni e che non tutti sono uguali. Ma soprattutto che non si può parlare a un bambino di questa età come si parlerebbe ad un atleta che magari di anni ne ha 20. E che bisogna trovare il modo adatto ad ogni bambino per fargli capire una cosa. Farli uscire in lacrime da un allenamento, farli sentire sotto pressione per le gare, non affrontare con loro il discorso di quello che provano in vista di una gara o di un esercizio più difficile, perché magari i bambini non hanno detto nulla, non porta a niente di buono.

Per essere un buon istruttore bisognerebbe anche fare dei corsi di psicologia. Imparare a capire i bambini ed adeguarsi al loro modo di essere e alla loro età. E trovo che questa istruttrice lo abbia fatto nel modo giusto. Perché alla fine anche questo è importante. Come un istruttore si approccia al bambino. Altrimenti si rischia soltanto di far allontanare il bambino dallo sport che fa. Un approccio sbagliato può creare molti danni. Un approccio duro non funziona con tutti. Meglio mettersi all’altezza del bambino e saper parlare con lui o lei. Gli istruttori dovrebbero capire chi hanno davanti e parlare con ognuno di loro in modo diverso se necessario. Uno stesso approccio non può andare bene per tutti.

Parlare ai bambini non è facile. Si può sbagliare. Ma, se si sbaglia, si dovrebbe riflettere sul perché e magari la volta successiva provare a cambiare approccio. Per ottenere un risultato positivo da questo confronto. Non tutti lo capiscono. Non tutti lo sanno fare. Questa istruttrice, in questa occasione, lo ha fatto nel modo giusto. Non so chi sia e nemmeno per quale palestra lavori, ma in ogni caso… Complimenti a lei. Ha trovato sicuramente il modo giusto per comunicare con la sua allieva, per rassicurarla e darle la forza di continuare. E non è assolutamente una cosa così scontata!

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