Cosa ho imparato dai 2 anni dello stato di emergenza

Stato di emergenza
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Cosa ho imparato dai 2 anni di stato di emergenza? Lo stato di emergenza è finito. Dopo 2 anni si torna in qualche modo alla “normalità”. Ma dopo 2 anni non è tutto come prima. Cosa ho imparato da questi 2 anni? Veramente tante cose.

Ho capito che non voglio tornare alla vita così come era prima. Ho capito che ho altre priorità e, per quanto mi è possibile, non voglio sacrificarle.

Ho capito che vorrei lavorare in smartworking e basta. Vorrei avere la possibilità di scegliere di restare a lavorare da casa. So di essere fortunata perché ho ancora un lavoro, visto che per molti questi 2 anni sono stati veramente deleteri, ma ritengo che lo smartworking sia la soluzione ideale, che si adatta meglio a quelle che sono le mie esigenze. In tanti, in questi 2 anni, abbiamo dimostrato di poter e saper lavorare molto bene anche da casa. Anche senza stare in ufficio tutti i giorni con i colleghi. Anche senza un confronto “face to face”. In molti, in più luoghi di lavoro, abbiamo dimostrato di poterlo fare. Il mio, come quello di tanti altri, è un tipo di lavoro che si potrebbe fare in smartworking senza problemi. Abbiamo imparato che possiamo confrontarci benissimo su Zoom, Google Meet, Skype, Whatsapp e tutti quei servizi che ci danno la possibilità di scambiarci informazioni o fare riunioni anche se non siamo fisicamente insieme tutti nello stesso posto. E dopo 2 anni tornare alle vecchie modalità di lavoro non è assolutamente semplice. Per carità c’è chi, lavorativamente parlando, sta molto peggio di noi. Ma c’è anche chi sta decisamente meglio. Chi ha avuto la possibilità di scegliere come continuare a lavorare. Ed allora perché non aspirare a qualcosa di più?

Ho imparato che non voglio fare trasferte di lavoro per una riunione di 20 minuti. Le riunioni si possono benissimo fare a distanza. Non c’è bisogno per forza di stare nella stessa stanza. Soprattutto se, per farlo, mi vengono richieste 6 ore di viaggio, tra andata e ritorno.

Ho imparato che non voglio più prendere un autobus strapieno, per non fare tardi in ufficio. Non ho intenzione di fare viaggio sull’autobus, schiacciata contro le altre persone, come se fossimo sardine in una scatola. Lascerò passare gli autobus quando sono troppo pieni ed aspetterò il successivo.

Ho capito che la mia diffidenza nei confronti delle altre persone è inevitabilmente aumentata. Ed ho capito che non voglio circondarmi di gente che non sopporto, facendo buon viso a cattivo gioco. Voglio circondarmi di persone che mi fanno stare bene, con cui mi sento a mio agio. Non me ne importa delle “apparenze”.

Ho capito che i colleghi con cui ho un rapporto soddisfacente sono veramente pochi. Quelli che mi sono mancati in questi 2 anni, perché non li ho visti quotidianamente in ufficio, sono veramente pochi. Si contano sulle dita di una mano e nemmeno la riempiono tutta. La maggior parte sono persone con cui condivido un luogo di lavoro, ma con le quali non ho veramente nulla in comune.

Ho capito che voglio viaggiare di più con le mie figlie, compatibilmente con le nostre disponibilità economiche. Andare alla scoperta del mondo insieme a loro. Organizzare qualche weekend fuori città o delle gite nel tempo libero. Voglio andare di più a teatro o in giro per museo. Voglio riprendere in mano la macchinetta fotografica ed andare in giro a fare foto a tutto quello che mi piace.

Voglio dedicare più tempo possibile a loro e non salutarle la mattina alle 8.00 e rivederle la sera per cena. Voglio creare dei momenti per noi. Dar loro tutte le attenzioni di cui hanno bisogno. Non mi basta più quel tempo di qualità. Voglio anche più tempo da passare con loro. Non voglio passare le mie giornate in attesa di un autobus che tarda sempre. Ho capito che voglio avere più tempo per scrivere. Perché è veramente una delle poche cose che mi piace fare. Che sia scrivere i miei pensieri o qualche storia che ho dentro e fa ancora fatica ad uscire.

Questi 2 anni dello stato di emergenza ci hanno tolto tanto. A noi e ai nostri bambini. Tanta libertà o spensieratezza. Tanta socialità. Ma forse, al tempo stesso, ci hanno permesso di capire quali sono le cose veramente importanti. Ed ora non si può tornare indietro. Bisogna avere il coraggio di cambiare. Anche se in molti casi servirebbe un pizzico in più di fortuna. Capisco che non si possa cambiare così da un giorno all’altro, anche se si vorrebbe. Per alcuni cambiamenti ci vuole tempo. Ma mi auguro che questi due anni non vadano persi e che si possa riuscire a sfruttare meglio tutto quello che abbiamo imparato e quello che abbiamo capito delle nostre vite.

Una risposta a “Cosa ho imparato dai 2 anni dello stato di emergenza”

  1. La tua riflessione sui due anni di stato di emergenza è davvero toccante. Mi hai fatto riflettere sulle sfide che abbiamo affrontato come comunità durante questo periodo difficile. La connessione tra il tuo testo e l’importanza di imparare dalle sfide è palpabile. Grazie per condividere la tua prospettiva preziosa su questa esperienza unica.

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