Le 24 ore che mi hanno cambiato la vita

Chi mi ha cambiato la vita
Chi mi ha cambiato la vita

24 ore che mi hanno cambiato la vita

Dicono che diventare mamma ti cambia la vita. Per me in effetti è stato così. Molte cose sono cambiate da quando sono diventata mamma. Alcune cose sono diventate più difficili da fare, ma non me ne dispiace. Avere dei figli era qualcosa che sognavo sin da quando ero piccola. Anche se ci sono delle cose che facevo ed ho un po’ messo da parte non me ne dispiace per niente. Organizzarsi ora con 2 figlie è un po’ diverso rispetto a prima. Magari serve qualche attenzione in più. Ma è tutto più bello. Diventare mamma mi ha completata. Anche se la sera sono stanca e ho perso il conto delle ore di sonno perse. Però le soddisfazioni sono tante. E le gioie ancora di più.

Per questo vi voglio raccontare le 24 ore che mi hanno cambiato la vita. Dal momento in cui ho rotto le acque a quando è nata Figlia Uno. Quelle 24 ore che mi hanno portato ad un grande cambiamento. Le mie priorità sono cambiate. Anche le mie necessità. Doversi prendere cura di un bambino che dipende in tutto e per tutto da te è impegnativo. Magari può anche spaventare. Ma si impara a farlo, giorno dopo giorno.

Aiuto, ho rotto le acque!

Le mie 24 ore sono iniziate alle 3,30 di notte. Una tranquilla (fino a quel momento notte). Un paio di giorni prima ero andata all’ultimo controllo prima della data presunta del parto dalla mia ginecologa. Mi aveva visitato e mi aveva detto che il collo dell’utero era ancora ben chiuso. Quindi probabilmente avrei dovuto aspettare ancora un po’. A meno che non fosse successo qualcosa.

Ed è successo. Quella notte mi ero svegliata, non ricordo per quale motivo. Mi giravo e rigiravo nel letto cercando di riaddormentarmi. Ad un certo punto ho sentito un leggero rumore nella pancia. Come lo scoppio di un palloncino. Poi ho sentito come una leggera perdita, ma ne avevo in continuazione (di quelle trasparenti che capitano in gravidanza). Mi sono però alzata per andare a controllare in bagno. Il tempo di fare pochi passi e mi si sono rotte le acque! Sono rimasta immobile sulla porta della camera da letto. Letteralmente immobilizzata, ho svegliato mio marito, chiamandolo da lì. Lui si è alzato e mi ha detto che era arrivato il momento di andare in ospedale. Ed io ero ancora immobile lì. Non riuscivo a muovermi. Ormai il momento era arrivato. Mancava poco.

Non sapevo che avrei dovuto aspettare esattamente 24 ore per poter abbracciare la mia bambina. Ma sapevo solo che non mancava molto. Il momento tanto atteso era arrivato. E chissà se quello “scoppio” che ho sentito era proprio il sacco amniotico che si rompeva…

Le mie 24 ore

24 ore esatte sono passate da quando ho rotto le acque a quando è nata la mia bambina. Le acque mi si sono rotte alle 3:30 di notte. E la mia bimba è nata alle 3:35 della notte successiva. Ma non spaventatevi: non ho avuto 24 ore di travaglio! Quando sono arrivata al pronto soccorso, avevo qualche contrazione (risultavano dal monitoraggio), ma ancora non le sentivo. Il travaglio vero è proprio è iniziato nel pomeriggio e poi la fase più acuta la sera.

Cosa ricordo di queste 24 ore che mi hanno cambiato la vita?

Un insieme di emozioni. Il timore e la paura per quello che avrei dovuto affrontare, mentre andavo al pronto soccorso. La gentilezza del ginecologo che c’era quella notte e che mi ha ricoverata. Il sollievo nel sentire che la mia bambina stava bene. Ricordo le prime sensazioni quando mi hanno accompagnata in camera e mio marito è tornato a casa, perché durante il travaglio poteva venire solo negli orari di visita. Mia madre che alle 8:30 era già davanti alla clinica ospedaliera, ma l’entrata era alle 11.00. Le mille telefonate e messaggi e visite di amici e parenti, mentre io ero in preda ai dolori del travaglio (anche se ancora non erano eccessivi). I massaggi che chiedevo a mio marito all’altezza dell’osso sacro (perché se spingeva in quel punto, io sentivo meno i dolori delle contrazioni). Ed il livido che mi è venuto in quel punto il giorno dopo, perché aveva spinto troppo forte (anche se glielo chiedevo).

Dal travaglio alla sala parto

Poi ricordo le contrazioni sempre più forti dal pomeriggio alla sera. Il mio timore di arrivare a dover fare un cesareo la mattina dopo. Le mie lunghe camminate lungo il corridoio per regolarizzare queste contrazioni. Il ginecologo di turno la notte seguente che, vedendo il mio ultimo monitoraggio, ha detto che se continuavo così sarei arrivata presto in sala parto. La ragazza che passeggiava con me lungo il corridoio e che aveva contrazioni sporadiche da 2 giorni ed era esausta. La ragazza con me in camera che aveva partorito 2 giorni prima e camminava con fatica.

L’ostetrica che mi diceva di riposarmi, mentre io continuavo a passeggiare. Il monitoraggio che mi ha fatto verso l’1:30 di notte. Il mio urlo per una contrazione più forte delle altre. La corsa dell’ostetrica venuta a vedere cosa fosse successo e le sue parole: “Dilatazione 10: andiamo in sala parto“. La chiamata a mio marito che era tornato a casa a dormire un po’ ed il timore che non arrivasse in tempo. Poi l’arrivo in sala parto e il sollievo nel vedere di turno l’ostetrica del corso preparto. E poi le domande, i consigli, il bisogno di spingere… fino alle 3:35 quando finalmente Figlia Uno è nata. E la simpatia del ginecologo di turno che scherzava e faceva battute per farmi rilassare, mentre cercava di mettermi i punti dopo il parto.

Ma più di tutto ricordo l’amore che ho provato quando ho visto mia figlia. Una “piccola” bimba di 3,445 kg che avrebbe cambiato per sempre la mia esistenza. Un amore puro ed incondizionato. Sono passati 8 anni da quelle 24 ore e ricordo tutto come fosse ieri. Emozioni impresse nella mente e nel mio cuore. In quel momento Figlia Uno è nata, ma sono nata anch’io come mamma!

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