Corso preparto: la seconda lezione

travaglio
Travaglio

Seconda lezione del corso preparto. Ed nella seconda lezione la stanza era al completo. Tanti pancioni e tanti futuri papà.

Per prima cosa l’ostetrica di oggi ci ha spiegato i 3 casi in cui bisogna correre (più o meno) in ospedale:

  1. se c’è una emorragia: recarsi immediatamente all’ospedale più vicino
  2. se si rompono le acque ed hanno un colore strano (potrebbero essere il segnale che c’è una qualche sofferenza fetale, anche se potrebbe essere solo momentanea e non preoccupante… ma meglio controllare)
  3. se si rompono le acque e sono chiare: non c’è bisogno di correre, ma si deve comunque andare in ospedale perché si deve fare l’antibiotico per endovena

Se invece si perde il tappo di muco, che chiude l’utero, non è indispensabile andare in ospedale, se non si hanno disturbi, perché potrebbero passare anche una decina di giorni prima dell’inizio del travaglio.

E poi abbiamo affrontato l’argomento principale della seconda lezione: pre-travaglio e travaglio.

Nel pre-travaglio iniziano le contrazioni, ma sono irregolari sia come intensità che come durata che come distanza di tempo tra una e l’altra. Potrebbero essere anche più forti di quelle del travaglio vero e proprio ed arrivare a distanza variabile, tipo prima 40 minuti, poi 20, poi 5, poi 15 e così via. Finché la distanza tra 2 contrazioni è così variabile si tratta di contrazioni preparatorie e non si è ancora nel travaglio vero e proprio. Quindi bisogna solo aspettare e calcolare il tempo tra una contrazione e l’altra. Quando inizia a regolarizzarsi allora ci si avvicina al vero travaglio.

Spesso capita ci siano donne che dicono di aver avuto un travaglio di ore o addirittura di giorni. Ma nella stragrande maggioranza si tratta di pre-travaglio e non di travaglio.

Il tempo da una contrazione all’altra si calcola nel momento della massima intensità della contrazione (l’apice). Durante il monitoraggio le contrazioni vengono registrate come una curva conica. Quando la distanza tra una contrazione e l’altra diventa regolare allora è iniziato il travaglio. Che siano 20 minuti o 10 o 5 non ha importanza. L’importante è che sia sempre la stessa distanza.

Secondo l’ostetrica, però, prima di correre in ospedale conviene aspettare almeno 1 ora e mezza o 2 ore. Perché potrebbe trattarsi di un falso travaglio. E quindi magari dopo un’ora si ferma. E si deve ricominciare da capo. Dice anche che spesso capita il falso travaglio nei primi figli. Sembra sia iniziato, ma dopo un paio d’ore si ferma e poi magari ricomincia dopo un paio di giorni.

Ci vuole pazienza!

Secondo l’ostetrica sarebbe meglio fare il travaglio a casa e andare all’ospedale all’ultimo minuto. Anche perché molti ospedali non ricoverano se non è iniziata la fase di dilatazione (a meno che non ci siano problemi di sofferenza fetale) e allora si rischia di andare in ospedale e di essere rimandati a casa.

Come si fa a regolarizzare il travaglio?

Sesso, droga e rock’n’roll

Sesso: nello sperma c’è una sostanza che a contatto con gli ormoni delle contrazioni, aiuta a regolarizzarle (dicono anche che faccia partire il travaglio)

Droga: pare che sia utile bere 2 dita di olio di ricino, che regolarizza l’andamento delle contrazioni e libera l’intestino (altrimenti conviene farsi un clistere). Esistono anche oli di ricino aromatizzati. Oppure si può mettere nel succo di pera.

Rock’n’roll: per facilitare la discesa del bambino e la preparazione dell’utero è meglio stare in piedi e sfruttare la forza di gravità.

Entrate nel travaglio vero e proprio, le contrazioni che servono alla dilatazione sono quelle che arrivano ogni 2/3 minuti. Quindi finché non sono così vicine è difficile che si presenti la dilatazione. Può capitare che una donna ha contrazioni da qualche ora, ma al controllo è ancora dilatata solo pochi centimetri.

Le contrazioni regolari devono avere la stessa intensità e la stessa distanza l’una dall’altra.

Quando inizia la fase di dilatazione, allora è il momento di andare in ospedale. Perché l’utero si apra è importante essere rilassate e tranquille, perché si producono le endorfine che rilassano il muscolo. Se si è agitate, spaventate o altro, l’adrenalina blocca l’apertura dell’utero. Può essere utile fare un bagno caldo o una doccia con l’acqua calda direttamente sulla pancia.

Secondo l’ostetrica si può aspettare la fase di dilatazione prima di andare in ospedale perché l’istinto delle donne impedisce di spingere prima che ci sia un’ostetrica o un medico nelle vicinanze.

Ci ha anche spiegato il parto in acqua e tutte le variabili che devono coincidere per poterlo fare (non è così semplice come sembra): parto non indotto, gravidanza senza problemi (diabete gestazionale o altro), tampone vaginale negativo, bimbo non stimato troppo grande… insomma, io penso che non potrò farlo, anche se sarebbe bello. Perché è il parto più naturale possibile e rilassante grazie all’acqua. E il bimbo passa dal liquido amniotico all’acqua. Una nascita totalmente naturale. Anche se le spinte per farlo nascere sono di più. Col parto in acqua ne servono in media una quindicina, mentre col parto naturale una decina. Questo perché l’acqua lo rispinge in dentro.

E poi ci ha parlato dei papà che vogliono assistere al parto. E ci ha raccontato parecchi aneddoti su padri svenuti, padri che non volevano entrare, padri che sono curiosi e vogliono vedere tutto in prima fila. Secondo lei è meglio non vedere certe cose (tipo l’episiotomia o la placenta). Ed è meglio se dopo la nascita il papà segue il pediatra che deve visitare il bambino. E ci ha anche spiegato che a volte le mamme possono avere un rifiuto per il bambino appena nato, ma poi passa.

E per finire… gli ormoni dell’oblio… che fanno dimenticare i dolori del parto. Indispensabili per decidere di avere altri figli.

Corso preparto: la prima lezione