In psicologia la resilienza è definita come la capacità delle persone di resistere o di adattarsi ad un cambiamento, la capacità di reagire dinnanzi le difficoltà e gli eventi drammatici e la capacità di affrontare la vita in maniera positiva.
Lo psichiatra e psicanalista Boris Cyrulnik definisce la resilienza così:
“è l’arte di navigare sui torrenti. Un trauma sconvolge il soggetto trascinandolo in una direzione che non avrebbe seguito. Ma una volta risucchiato dai gorghi del torrente che lo portano verso una cascata, il soggetto resiliente deve ricorrere alle risorse interne impresse nella sua memoria, deve lottare contro le rapide che lo sballottano incessantemente. A un certo punto, potrà trovare una mano tesa che gli offrirà una risorsa esterna, una relazione affettiva, un’istituzione sociale o culturale che gli permetteranno di salvarsi”
Naturalmente per questi bambini c’è bisogno, oltre che di una forza interiore e di tanto amore, di persone professionali e specializzate per aiutarli ad affrontare gli eventi drammatici che hanno subìto e vissuto. E c’è bisogno di credere in una nuova vita, in una vera e peorpia rinascita.
Ma come possiamo invece noi genitori aiutare i nostri figli a formare la loro armatura o meglio la loro resilienza?
Probabilmente per alcuni bambini la resilienza è già parte della propria personalità, ma un genitore può contribuire ad accrescerla attraverso delle accortezze.
Un rapporto ad alto contatto tra genitore e figlio può aiutare a trasmettere sicurezza al bambino che si sente amato e protetto. Un abbraccio in un momento di rabbia o capriccio viene considerato spesso la miglior cura per un bambino. Un’infanzia vissuta con amore, un’insegnamento a prendersi le proprie responsabilità, ad essere autonomi ed attivi, ad essere indipendenti nelle scelte ma sempre nel rispetto degli altri, ad avere stima di se stessi senza essere superbi, lo stimolo a reagire in modo tempestivo ad un disagio aiuterà il bambino a formare la sua corazza e di conseguenza la sua resilienza.
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