Sonia Sorgente

Il magico contatto mamma/figlio nel post parto

Il magico contatto mamma/figlio nel post parto

La dott.ssa Sonia Sorgente -psicologa, psicoterapeuta psicoanalitica breve e co-fondatrice di Psiche&Nutrizione– parla della magica relazione  che si instaura tra mamma e figlio nel periodo del post parto

Buona lettura!


Le condizioni di ogni madre e di ogni bambino alla nascita sono variabili, ma in media ci vogliono circa due o tre giorni prima che entrambi si riprendano per poter apprezzare la compagnia l’uno dell’altro.

Tuttavia per chi se la sente, non vedo nessun motivo per cui non dovreste cominciare a fare amicizia fin dal principio. Ti faccio l’esempio, di una madre, che grazie alla lungimiranza della caposala, ha permesso a madre e figlio di poter fare amicizia fin dal principio. La madre è riuscita a stabilire molto precocemente un contatto con il suo primo figlio. Dopo ogni poppata il neonato veniva posto in una culla sistemata di fianco al letto della madre. Quando il bambino giaceva sveglio nella quiete della stanza, la madre aveva preso l’abitudine di protendere una mano verso di lui. In una settimana il bambino aveva imparato ad afferrarla le dita e a guardare nella sua direzione.

Questa relazione di intimità era proseguita senza interruzioni, a mio parere ha contribuito a gettare le basi della personalità del bambino e del suo sviluppo emotivo, rinforzando la sua capacità di tollerare le frustrazioni e gli inevitabili shock. Si, la personalità del bambino si inizia a formare fin da ora!

I contatti emotivamente più significativi avvengono in occasione delle poppate, quando il bambino è in uno stato di eccitazione. Anche la madre può sperimentare un’eccitazione analoga, associata alla sensazione di essere pronta ad offrire il latte. Il bambino è fortunato se può dare per scontato voi e la vostra eccitazione, concentrandosi così sulla gestione dei propri impulsi e stimoli. Perché un neonato vive con preoccupazione l’intensità dei sentimenti associata ai momenti di eccitazione. Avete mai considerato la questione da questo punto di vista?

Si dovrebbe imparare a conoscere il bambino in due stati: quando è eccitato e quando è soddisfatto e rilassato. Nei primi mesi, in assenza di eccitazione trascorrerà la maggior parte del suo tempo dormendo, fatta eccezione per dei brevi e preziosi momenti in cui giace sveglio e tranquillo.

So di bambini che non raggiungono quasi mai questo stato di soddisfazione, continuando a piangere e a esprimere il proprio malessere per lungo tempo, anche dopo la poppata. Alcuni bambini manifestano difficoltà di addormentamento, rendendo ancora più arduo il compito della madre di stabilire un contatto soddisfacente. Nel corso del tempo, è probabile che la situazione tenda a normalizzarsi, consentendo, alla madre di avviare una relazione in circostanze particolari, per esempio durante il bagnetto.

Dott.ssa Sonia Sorgente  
349/0757443

 

Fonte Foto: web

 

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La Gestazione: il bambino vi conosce più di voi stesse!

La Gestazione: il bambino vi conosce più di voi stesse!

La dott.ssa Sonia Sorgente -psicologa, psicoterapeuta psicoanalitica breve e co-fondatrice di Psiche&Nutrizione– scrive di quanto il bambino conosca la sua mamma sin già dal periodo della gestazione…

Buona lettura!

 

gestazione

Nel momento in cui  scoprite di aspettare un bambino, in una gravidanza desiderata o inaspettata, secondo me, l’elemento più importante è la sensazione che valga la pena conoscere il proprio bambino considerandolo fin dal principio una persona.

Vi assicuro che nessuno degli individui che si affannano a darvi dei consigli riuscirà mai a condividere con voi questa certezza o sensazione, specialmente se non hanno mai provato tale sensazione.

Ogni individuo è a sé ed ogni storia è unica.

Già dalla vita uterina, il vostro bambino è un essere umano dotato di caratteristiche proprie, fin da questo periodo ha un inconscio; alla nascita ha già accumulato un gran numero di esperienze, alcune piacevoli ed altre spiacevoli.

E’ molto facile per un genitore attribuire al neonato capacità che non possiede e sensazioni che non prova, benché un neonato talvolta può apparire particolarmente saggio, persino filosofico, ascoltatelo ed osservatelo senza preconcetti.

Cercate di non arrivare al punto di dover portare il vostro bambino da uno psicologo, per capire il suo grado di “umanità”, ma datevi da fare per conoscere il vostro bambino e a farvi conoscere.

Ciò che seminate ora, vi aiuterà nell’arduo compito della fase adolescenziale.

 In molte, sicuramente, penseranno: “fin da ora dobbiamo pensare alla fase adolescenziale?”. “Sì!”. 

Nel corso della gestazione, avete già avuto modo di comprendere alcuni aspetti del comportamento di vostro figlio, percependone i movimenti nell’utero.

Vi sarete certamente domandate se ci sia del vero nella credenza popolare che i maschietti scalciano di più delle femminucce. A questa domanda non so rispondere, ma sicuramente in questa fase vi sarete rassicurate sulla vitalità del nascituro.

Nel frattempo, anche il feto ha imparato a conoscervi. Per nove mesi ha condiviso i vostri pasti, i vostri gusti.

Mentre bevete una bella tazza di Tè caldo o andate di fretta perché siete in ritardo, il sangue del vostro bambino scorre più velocemente.

Sicuramente, si sarà reso conto della vostra ansia, rabbia o eccitazione. Nei vostri momenti di irrequietezza, si è adattato all’incessante movimento, e ora si aspetta di essere cullato o fatto dondolare sulle ginocchia.

Al contrario, se siete una persona tranquilla, si è abituato alla quiete e ama riposare serenamente nella sua culla.

Fin da prima della nascita, cioè finchè non avrete la possibilità di ascoltare il suo pianto, di guardarlo e prenderlo in braccio, è probabile che il bambino vi conosca meglio di quanto voi conosciate lui.

Dott.ssa Sonia Sorgente
349/0757443

 

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Come vive la maternità una “mamma business”?

Come vive la maternità una “mamma business”?

La dott.ssa Sonia Sorgente -psicologa, psicoterapeuta psicoanalitica breve e co-fondatrice di Psiche&Nutrizione– analizza il ruolo della “mamma business”. Cosa intende con questa definizione? Lo spiega qui di seguito.

Buona lettura!


Immaginiamo una donna brillante e piena di interessi, che si dedica a una professione prestigiosa, nel campo degli affari o magari in politica, che non rinuncerebbe mai alle sue “partite di tennis”,  sempre pronta a uscire e a far tardi la sera. Inorridita dagli stili di vita degli amici che hanno appena avuto un figlio, esprime il suo disprezzo, sia internamente che esternamente, con commenti sarcastici.

La descrizione del cambio del pannolino, la disgusta! Il suo interesse nei confronti dei bambini si limita agli aspetti per così dire sentimentali, anziché pratici.

COSA ACCADE QUANDO UNA DONNA BUSINESS RIMANE INCINTA?

La nascita di un figlio trasforma inevitabilmente la vita della madre. 

Anche se inizialmente è probabile che non ne sia affatto contenta, considerando la nascita del figlio come una terribile interferenza nella “sua” vita. Un bambino è un bel impiccio e, se la sua nascita non era stata programmata, è probabile che la donna la consideri una seccatura.  Se la giovane madre non ha ancora iniziato a desiderare un figlio è naturale che si senta semplicemente sfortunata, ma allo stesso tempo in colpa.

La mia esperienza ha dimostrato che le trasformazioni fisiche della donna sono associate a un graduale cambiamento dei suoi sentimenti. Il fulcro dei suoi interessi si sposta dall’esterno all’interno.  Lentamente ma inesorabilmente, il suo corpo diviene il centro del mondo. Il concetto apice è che l’istinto materno non arriva come un orologio, fisso, costante e uguale per tutte. L’istinto materno si manifesta con il tempo e a età diverse. Ad esempio, ad una mia paziente l’istinto materno è comparso alla prima febbre alta del proprio piccolo, quindi ad alcuni mesi di vita del bambino.

Forse alcune lettrici stanno vivendo proprio questa fase e cominciano solo ora a sentirsi orgogliose della propria condizione e a pretendere rispetto e protezione dagli altri.

Diventare madre è un compito impegnativo e, a mio parere, è questo il motivo per cui una donna riesce a comprendere alcuni fondamentali principi dell’allevamento di un bambino e ad acquisire rapidamente conoscenze che normalmente richiedono anni di studio ed esperienza.

Ciò nonostante, è possibile che in determinate circostanze una madre abbia bisogno dell’aiuto di noi esperti, per sfatare pregiudizi e convinzioni erronee, talvolta apparentemente moderne, che la inducono a mettere in dubbio i suoi reali sentimenti.   

Dott.ssa Sonia Sorgente

Psicologa- Psicoterapeuta Psicoanalitica Breve

Fonte immagine: web

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Benessere psicologico: mindfulness e percorsi di cura

Benessere psicologico: mindfulness e percorsi di cura

Questo articolo, scritto dalla dott.ssa Sonia SorgentePsiche&Nutrizione– e la dott.ssa Carmen InnocentiHypnobirthing4U–  ti invita a conoscere meglio il significato di termini quali “mindfulness” e “training autogeno” illustrando, quindi, i possibili percorsi di cura in campo psicologico.

Di seguito gli interventi delle due esperte che ti offrono la possibilità di una prima consulenza su Skype gratuitamente.

Buona lettura!


Dott.ssa Carmen Innocenti

Da dove si comincia, quando si vuole parlare di benessere psicologico? Ma dall’Uomo preistorico, ovviamente! 😉

Perchè se è vero che ci siamo evoluti culturalmente, dal punto di vista fisiologico il nostro corpo funziona ancora come quello dei nostri antenati.

Allora combattevamo contro animali ben più dotati fisicamente di noi, e dalla nostra capacità di reagire velocemente agli stimoli di pericolo con una risposta di attacco o fuga dipendeva la vita, la morte e anche il pasto successivo.

Oggi i pericoli sono diversi, meno assoluti e più subdoli: è la serie infinita di scadenze da rispettare, il boss e l’ambiente di lavoro competitivo da sopportare, le responsabilità dei nostri ruoli familiari e sociali, e l’incertezza della vita quotidiana, un sentimento certamente nuovo e particolarmente nocivo per il nostro equilibrio psicologico.

Per il nostro corpo e la nostra mente, non fa differenza che il pericolo sia immediato o meno, che minacci o no la nostra esistenza, che sia una tigre famelica o una suocera particolarmente invasiva, la reazione è la stessa: aumento delle sostanze che ci attivano, ci mettono in tensione, cortisolo in primis.

Quando poi alle stimolazioni stressanti non segue un adeguato tempo di riposo, di rilascio della tensione, ecco che la risposta di stress, nata per essere potente ma limitata nel tempo, diventa cronica e deprime le nostre risorse mentali, fisiche ed emotive.

E se la medicina spesso elimina i sintomi di malattia ma raramente si occupa del benessere mentale ed emotivo, molte persone vanno alla ricerca di nuove vie, per ritrovare l’equilibrio e per affrontare in modo nuovo le sfide della vita moderna.

Un’approccio particolare al benessere psicologico, e che apprezzo particolarmente è quello della Mindfulness.

Mindfulness significa letteralmente “consapevolezza”.

In soldoni, è smettere di vivere col pilota automatico, di corsa e in maniera apatica, fermarsi e passare dal regno del “fare” a quello dell’essere. E’ apprezzare il momento presente, usando il respiro come ancora.

E’ rivoluzionario nella sua semplicità: diventare consapevoli di cosa succede qui e ora, nel momento presente, qualunque stato emotivo e fisico si stia affrontando, è il modo migliore per ritrovare il benessere.

Quante volte mangi senza assaporare veramente il cibo? Riesci veramente a staccare dal tuo lavoro? Ti accorgi del passare delle stagioni e dei profumi che le caratterizzano? Quante volte sei sbadato e ti dimentichi le cose più semplici? Quanta vita ti perdi, non essendo presente a te stesso e alla realtà momento per momento?

In quanto occidentali, crediamo che controllare e organizzare la vita sia il modo per goderla a nostro piacimento, mentre gli orientali da migliaia di anni hanno capito che non si può controllare la vita, ma apprezzare il fatto di farne parte. La semplice accettazione di ciò che succede è il modo migliore per navigare le onde della vita.

Mentre noi viviamo nel futuro, concentrando i nostri pensieri su ciò che c’è da fare, o nel passato rimuginando su cose che non possiamo cambiare, ci perdiamo il presente, l’unico momento che possiamo controllare e in cui possiamo vivere veramente. Come dice Thoreau “incidere sulla qualità della giornata è l’arte più degna”.

E se quello che provi è negativo, ti fa paura o ti genera ansia? Perchè esserne consapevoli? Non fa più male?

Vedi, la rabbia, la tristezza, il disgusto, la paura, una volta che li ascolti, senza reagire d’impulso, semplicemente “standoci dentro” e respirando, lasciando andare i pensieri che emergono, quegli stati perdono la loro potenzialità distruttiva. E capisci che hai una scelta.

Invece di reagire ripetendo gli schemi comportamentali del passato, spesso distruttivi e inutili, con la mindfulness rispondi. Rispondere, al contrario di reagire, significa trovare quel momento di scelta che sta fra ciò che succede e ciò che fai tu al riguardo, e sfruttarlo per scegliere un comportamento diverso, nuovo, più costruttivo. Anche non fare niente è un’opzione.

La mindfulness, laddove non vi è necessità di un vero e proprio percorso di cura, fornisce accesso a un modo di vivere con “presenza”, momento dopo momento, fidandosi di quello che si percepisce, senza la necessità continua di giudicare se è piacevole o no, e senza l’esigenza di cambiarlo a tutti i costi. E così facendo scopri che quando le cose vanno cambiate, hai la consapevolezza e le risorse adeguate per farlo bene e senza stress.

Un’approccio molto simile, basato sul respiro, sull’uso delle parole per generare calma e relax, lo uso per accompagnare le donne in gravidanza . Vuoi saperne di più? Contattami! Durante il mese di Ottobre offro un colloquio Skype gratuito!

 

 Dott.ssa Sonia Sorgente

«Benessere, qualità della vita, star bene, allegria, “benestare” o star bene, insegnamento del benessere, felicità, gioia. Sono tutti sinonimi di quello che comunemente si chiama piacere» (Spaltro, 1995).

Per potere parlare di benessere occorre esser innanzitutto certi di comprendere di cosa ci si sta occupando: che cos’è, dunque, il benessere? La difficoltà di definizione del benessere riguarda il fatto che il benessere «non è […] un’entità unitaria semplice e non riguarda un singolo costrutto specifico» (Aureli, E. et al., 1999: p. 21). Spaltro (1995) ha sottolineato come la psicologia contemporanea si sia più che altro occupata della faccia opposta della medaglia ovvero del malessere e del fatto che, da ormai troppo tempo, il benessere sia considerato come l’assenza della condizione del malessere.


La definizione di salute dell’OMS, «uno stato di benessere fisico, mentale e sociale e non solamente assenza di malattia o infermità», costituisce una svolta storica che permette il definitivo abbandono dell’interpretazione medicalista al benessere.

Quest’ultima considerava il benessere l’opposto del disagio e si poneva dunque nella logica della mancanza, in cui il “sano” diventa «appendice del patologico» (Lavanco, G., Novara, C. 2002).

Oggi si parla di un modello “biopsicosociale” che è invece il modello che più si presta all’idea di prevenzione e di promozione della salute.

Esso è, infatti, un modello di impostazione chiaramente sistemica e psicodinamico, che prende in osservazione diversi livelli di interpretazione della salute (aspetti biologici, aspetti psicologici, aspetti sociali) e che li integra in un’ottica sempre più multidisciplinare.


É evidente la portata innovativa di questo passaggio: il soggetto diventa garante e promotore attivo della propria salute; si passa dal prendersi cura del danno al prendersi cura della salute, dello star bene.

La testimonianza del passaggio dal benessere come assenza di malessere al benessere nella sua dimensione positiva è il sorgere di numerosi modelli sempre più complessi che considerano multiple variabili, sebbene coesistano a tuttora modelli molto semplici che riducono la complessità dell’”oggetto- benessere” considerato.

Un modello molto articolato sul benessere è stato prospettato da Carol Ryff (in Zani, B., Cicognani, E., 1999), la quale individua sei dimensioni del benessere
: autonomia: fa riferimento alla capacità del soggetto di prescindere dalla spinta sociale ad agire in determinate maniere, di autodeterminare con un “pensiero indipendente” le proprie scelte comportamentali, di usare quindi valutazioni fondate su valori personali per decidere i propri comportamenti (op. cit.); padronanza ambientale: concerne l’abilità di gestione dell’ambiente esistente e la capacità di creare contesti adeguati alle proprie necessità (op. cit.); crescita personale: corrisponde alla sensazione di realizzazione del sé, della propria persona e ai sentimenti di sviluppo personale (op. cit.); relazioni positive con gli altri: è inerente all’avere rapporti interpersonali soddisfacenti, all’avere affetto, confidenza e sintonia con l’altro (op. cit.); accettazione di sé: consiste nel riconoscimento e nella presa di coscienza del proprio sé e delle proprie esperienze passate (op. cit.); scopo nella vita: riguarda l’avere un “senso di direzionalità”, una finalità comportamentale (op. cit.).


Gli esercizi di Training autogeno hanno una finalità psicofisiologica e si propongono l’attenuazione del sintomo e l’abbassamento dei livelli di ansia, mentre le visualizzazioni guidate si occupano più dell’aspetto catartico – simbolico, psicologico, relazionale, e sono finalizzate a dinamizzare l’inconscio e a favorire la desomatizzazione di vari disturbi psicosomatici, specialmente per tutti quei pazienti psicosomatici e alessitimici.

Il Training autogeno con Visualizzazioni Guidate può essere utilizzato nella cura dei disturbi psicosomatici, nei vari disturbi d’ansia e nei disturbi nevrotici. Il TA viene praticato, frequentemente, con intenti psicoterapeutici in tutti quei casi dove l’aspetto emozionale sia centrale.

Questa tecnica possiede, infatti, una intrinseca capacità di favorire “associazioni” significative, rispetto ad eventi traumatici considerati minori, dimenticati o, frequentemente, “rimossi”.

Il termine training significa allenamento; infatti è solo allenandosi che si riesce ad ottenere una modifica reale e non immaginaria nel complesso assetto alla base della risposta emozionale.

La pratica del training autogeno ha tra le sue finalità un maggior controllo dello stress, dell’ansia, una riduzione generale della tensione emotiva e il recupero delle energie, anche grazie a un ridimensionamento spontaneo delle emozioni negative “allegate” a determinati vissuti.

Questa tecnica, tuttavia, non è indicata per chiunque: non è adatta a coloro che dovessero trovarsi in una condizione depressiva importante (non riuscirebbero a raggiungere il livello minimo di concentrazione necessaria) ed è fortemente controindicata in caso di psicosi.

Nel disturbo bipolare dell’umore può provocare una condizione di disagio in alcuni casi grave, nei casi di dissociazione può essere del tutto inutile o dannosa, dove vi siano segni di scissione della personalità può accentuarne i sintomi.

Pertanto è una tecnica terapeutica importante, e come tale va utilizzata, a seguito di indicazione da parte di uno psicologo o psicoterapeuta. Il TA con VG può essere utilizzato o sui singoli pazienti o in gruppo.

Il Training autogeno è utile inoltre nella cura di ansiainsonniaemicraniaasmaipertensioneattacchi di panico e in tutte quelle patologie dove l’aspetto psicosomatico sia rilevante.

Ma il TA ha un ruolo positivo anche in molti altri contesti: in particolare, per atleti e sportivi in genere, in quanto favorisce il recupero di energie, permettendo una migliore gestione delle proprie risorse.

Migliora inoltre la concentrazione e contribuisce al conseguimento di alte prestazioni. È importante sapere che, nel training autogeno, il rilassamento non è la cosa principale, ma è un “effetto collaterale” del mutato equilibrio psicofisico.

Col Training autogeno con Visualizzazioni Guidate si mira a creare, comunque, una buona alleanza terapeutica finalizzata ad uno scopo comune: il raggiungimento di un maggiore benessere fisico, il rafforzamento della personalità e delle difese dell’Io; in particolare, è un buon metodo per entrare, primariamente, in contatto con il proprio corpo e con se stessi.

Sempre più spesso i pazienti mi chiedono tra le prime cose: ” Dott. ssa come funzionerà un percorso di psicoterapia”? Io preferisco parlare di “come funziona il mio modo di lavorare insieme al paziente”.

Il modello analitico che uso è una tecnica terapeutica di derivazione psicoanalitica applicabile al singolo paziente, alla coppia e alla famiglia.

Come si lavora?

Si lavora sulla relazione, ovvero sulle dinamiche relazionali del paziente a partire dalla stanza di analisi, ma generalizzandolo alle sue relazioni di vita, alla ricerca di quegli elementi che tendiamo a ripetere inconsapevolmente.

Si lavora sui modelli interiori, ovvero sulle rappresentazioni e sulle scene familiari che ciascuno di noi porta dentro, come (spesso unico) modo di guardare al mondo e alle situazioni della vita.

Si lavora molto sulle emozioni, ovvero sulle ricadute emotive di ciò che viviamo e che spesso non riusciamo a decodificare da soli e lì spesso restiamo incastrati.

 Si lavora sui sintomi, alla ricerca del loro significato, della loro origine, ci chiediamo perché compaiono in quel momento e non solo come fare per superarli; il sintomo ci dice che quello che fino a quel momento aveva funzionato, ad un certo punto non funziona più e quindi dobbiamo capire cos’è e perché, cosa ci sta dicendo quel sintomo?

Si lavora al fine di rendere chiaro, cosciente ed esplicito ciò che per tanto tempo (spesso da sempre) è stato confuso, inconscio ed implicito.

Aiutarli ad essere più consapevoli della propria storia, del proprio mondo interiore e a recuperare le risorse più funzionali per affrontare il loro presente è il modo più efficace che conosco per accompagnarli attraverso il momento di vita doloroso e provare così ad andare oltre.

http://www.psicheenutrizione.it 

Vuoi saperne di più? Contattami! Il mese di ottobre metto a disposizione per le lettrici di Oltrechemamma un colloquio Skype gratuito!

Benessere psicologico

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Disturbi alimentari: donne e non solo

Disturbi Alimentari: donne e non solo

Ho deciso di informarti di questa iniziativa legata all’approfondimento dei disturbi alimentari proprio oggi, giorno in cui ricorre la” Festa della Donna” poichè ,tendenzialmente, si parla dei disturbi legati all’alimentazione “declinandoli” solo al femminile.

I Disturbi Alimentari, invece, possono manifestarsi in donne, uomini e bambini con fasce d’età variabile.

Il tempo trascorso a scuola durante le ore di counseling e mediazione scolastica mi ha aiutata a comprendere meglio questo delicato, composito e fragile universo.

Ti parlo di sofferenze trasversali, non conoscono sesso e quasi neppure età.

Sicuramente attraverso i mass media o la scuola si parla, si approfondisce maggiormente il problema del disturbo alimentare in veste femminile, rilevante quanto quello che tocca anche quello infantile e maschile.

In questo 8 Marzo colgo, quindi, l’occasione per lanciare una lodevole iniziativa che avrà compimento nella data e nei luoghi indicati in locandina.

L’ evento è organizzato dalla dott.ssa Federica Marchese (nutrizionista, trovi la sua biografia qui) e dalla dott.ssa Sonia Sorgente (psicologa, qui la sua biografia).

Le due esperte hanno fondato Psiche&Nutrizione e scrivono su Oltrechemamma con una certa frequenza.

Durante la giornata organizzata di informazione e prevenzione si tratterà in modo approfondito dei disturbi della sfera alimentare offrendo una valida chiave di lettura, di trattamento e risoluzione dei problemi in questione.

Sono state coinvolte nell’evento anche figure professionali come quella del fotografo, dell’estetista e del parrucchiere per esaltare e rivelare la bellezza naturale insita in ognuno di noi.

Si cercherà di comunicare, anche ai più piccini presenti, il valore dell‘autenticità, magari anche svelando che le patinate foto dei giornali, per esempio,sono poco realistiche (il più delle volte).

Saranno invitati grandi e bambini (dai 7 anni in poi) ad essere “fotomodelli” e  divertirsi a guardarsi in foto senza filtri alcuni!

Un ricco workshop sarà l’anima dell’evento: si parlerà di disturbi alimentari insieme ad un personal trainer, Dario Rago che racconterà di quanto si radicano, drammaticamente, anche in ambito sportivo i problemi con l’alimentazione.

La tematica del disturbo alimentare verrà trattata con l’ausilio di filmati e video, sarà gradito scambio di opinioni e saranno ben accolte domande e curiosità!.

 

Buon 8 Marzo soprattutto alle lettrici che amano informarsi ed informare, alle donne che soffrono per un problema legato alla sfera alimentare in questo momento.

Buona partecipazione all’evento a tutti coloro che credono che la conoscenza sia prevenzione e risoluzione.

 

disturbi alimentari

 

 

 

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