emozioni

La Pace spiegata ai bambini con semplicità

Tutti parlano di pace, ma non si può realizzare la pace all’esterno se si coltivano nel proprio animo la collera o l’odio. 
 Dalai Lama

 

pace
Non ho volutamente scritto su ciò che è accaduto pochi giorni fa a Parigi, su quanto stia profondamente cambiando il panorama politico internazionale e di quanta rabbia e tristezza si celi nel cuore di ognuno di noi. 

Non ho spiegato alle mie bambine cosa sia la guerra, il terrorismo, la violenza bruta. Troppo piccole per comprendere. 

Ho spiegato, però, a big V (che ormai ha quasi 4 anni)  cosa sia la PACE, tralasciando ogni discorso di matrice filosofica o antropologica che ovviamente non capirebbe e semplificando al massimo un concetto in realtà molto, molto difficile da far “afferrare” ai bambini.

Ho parlato di pace contestualizzando il termine nell’ ambito dell’asilo, il luogo in cui lei trascorre buona parte della giornata. 

Se litighi con un compagno sei allegro o triste? 

Avverti rabbia, voglia di urlare o di piangere?

Hai voglia di riconciliarti (fare pace) con lui?

Attraverso queste domande ho invitato big V a riflettere sulle emozioni che prova quando litiga o vive delle situazioni di disagio con un suo amichetto.

La bambina, in realtà “allenata” a momenti di introspezione (a cui tengo molto) come questi ha risposto che non le piace essere triste quando litiga con qualcuno perchè poi non puo’ più giocarci insieme. Che a volte vorrebbe dare al suo amichetto un pizzicotto così da far capire che lei è arrabbiata. 

Con il linguaggio semplice di una bimba al primo anno di asilo big V ha spiegato, in realtà perfettamente, il suo concetto di pace. La pace che lei desidera riottenere per poter tornare a gioire e giocare serenamente con il suo coetaneo, la conciliazione, l’accordo: la puoi intendere e chiamare come vuoi.

Le ho detto che può accadere che tra lei e un’altro bambino possano esserci dei malintesi, che possano discutere un pò perchè (a questa età) desiderano lo stesso oggetto ma non lo possono ottenere entrambi allo stesso istante, che tenendo il “punto” (arrabbiandosi) non riuscirò a far pace prima.

Il mio invito è stato quello di non usare mai toni di voce alta o comportamenti aggressivi che danneggerebbero il suo compagnetto, anche fisicamente. Mai uso della violenza, verbale o fisica per ottenere qualcosa, ma solo il dialogo: le parole! 

Quando da sola non è in grado di “risolvere” e gestire il piccolo conflitto perchè la controparte è poco collaborativa allora potrà rivolgersi alla sua maestra che sarà imparziale e ristabilirà l’equilibrio e… la pace.

 

 

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A modo tuo

                               

 

Sarà difficile diventar grande

Prima che lo diventi anche tu

Tu che farai tutte quelle domande

Io fingerò di saperne di più

Sarà difficile

Ma sarà come deve essere

Metterò via i giochi

Proverò a crescere

 

Sarà difficile chiederti scusa

Per un mondo che è quel che è

Io nel mio piccolo tento qualcosa

Ma cambiarlo è difficile

Sarà difficile

Dire tanti auguri a te

A ogni compleanno

Vai un po’ più via da me

 

A modo tuo

Andrai

A modo tuo

Camminerai e cadrai, ti alzerai

Sempre a modo tuo

A modo tuo

Vedrai

A modo tuo

Dondolerai, salterai, canterai

Sempre a modo tuo

 

Sarà difficile vederti da dietro

Sulla strada che imboccherai

Tutti i semafori

Tutti i divieti 

E le code che eviterai

Sarà difficile

Mentre piano ti allontanerai

A cercar da sola

Quella che sarai

 

A modo tuo

Andrai

A modo tuo

Camminerai e cadrai, ti alzerai

Sempre a modo tuo

A modo tuo

Vedrai

A modo tuo

Dondolerai, salterai, canterai

Sempre a modo tuo

 

Sarà difficile

Lasciarti al mondo

E tenere un pezzetto per me

E nel bel mezzo del

Tuo girotondo

Non poterti proteggere

Sarà difficile

Ma sarà fin troppo semplice

Mentre tu ti giri

E continui a ridere

 

A modo tuo

Andrai

A modo tuo

Camminerai e cadrai, ti alzerai

Sempre a modo tuo

A modo tuo

Vedrai

A modo tuo

Dondolerai, salterai, canterai

Sempre a modo tuo 

 

Scrivo di getto.

Mi dirigo verso l’ asilo di big V e spingo il passeggino di little V che intona un motivetto allegro e decisamente originale  😉 Si va a prendere la “piccola grande” di casa dopo tante ore di scuola. 
Ho chiamo le mie bimbe Rondine e Colomba, le immagino con le ali, felici di volare libere.

Mi sono mancate in queste ore, le ho pensate tantissimo. Non sono melensa, forse un pochino 🙄  Ogni volta che le accompagno all’ asilo avviene quel piccolo distacco che tanto fa male ad una mamma… Per carità, intanto che sono via riesci a fare mille cose, lavorare, produrre in e fuori casa. Ma  manca sempre un pezzetto del proprio cuore! 

Ascoltavo qualche nota di una canzone cantata da Elisa  e scritta da Ligabue ,” A modo tuo” di cui  trovi il video all’ inizio del post: mi sono commossa, il testo è una vera lettera d’ amore per un figlio che cresce. 

Ho pensato alla mia Rondine e alla mia Colomba, due  tenere bimbe che ancora come cucciole cercano il calore della propria mamma, desiderano gli abbracci, i baci e gli sguardi di chi le ha messe al mondo.

Nel testo della canzone si sottolinea proprio la difficoltà che ha un genitore a vedere il proprio figlio allontanarsi, un figlio che sperimenterà le gioie e i dolori del mondo esterno che affronterà con grinta  e desiderio di conoscere. 

Tra i versi si coglie il dispiacere di una madre che sa di quanto la realtà esterna sia complessa, di quanto si sforza per contribuire ad un cambiamento significativo proprio per migliorare il contesto in cui si si “muoverà” il proprio bambino. 

Ed è proprio quando “lanci” il tuo bambino verso il mondo nascono in te mille timori, vorresti intervenire, accompagnarlo mano nella mano il più a lungo possibile ed evitare che provi i dispiaceri che ,purtoppo, sono inevitabili quando si vive in un contesto sociale e relazionale. 

Per quanto dispiaccia, comunque, avere il proprio figlio lontano da se mai va persa la missione educativa  primaria per una madre e/o padre: educare il bambino all’ autonomia. 

 

a modo tuo

 

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All’alba sorgerò – Il termine destino spiegato ad una bimba

alba sorgerò

Dopo aver ascoltato sempre in modo distratto “All’ alba sorgerò”  ,uno dei brani del celebre film Disney  “Frozen”  ieri la mia attenzione si è soffermata sulle parole del testo. 
La canzone in versione italiana è cantata da Serena Autieri che presta la voce ad Elsa, protagonista della storia.

All’alba sorgerò

La neve che cade sopra di me
copre tutto col suo oblio,
in questo remoto regno
la regina sono io.

Ormai la tempesta nel mio cuore irrompe già,
non la fermerà la mia volontà.

Ho conservato ogni bugia,
per il mondo la colpa è solo mia.
Così non va,
non sentirò un altro no!

D’ora in poi lascerò
che il cuore mi guidi in po’,
scorderò quel che so
e da oggi cambierò.

Resto qui,
non andrò più via.
Sono sola ormai,
da oggi il freddo è casa mia!

A volte è un bene poter scappare un po’,
può sembrare un salto enorme
ma io l’affronterò.

Non è un difetto, è una virtù
e non la fermerò mai più.
Nessun ostacolo per me, perché…

…d’ora in poi troverò la mia vera identità,
e vivrò, sì, vivrò
per sempre in libertà.
Se è qui il posto mio
io lo scoprirò.

Il mio potere si diffonde intorno a me,
il ghiaccio aumenta e copre ogni cosa accanto a sé.
Un mio pensiero cristallizza la realtà,
il resto è storia ormai, che passa e se ne va!

Io lo so, sì lo so,
come il sole tramonterò,
perché poi, perché poi
all’alba sorgerò!

Ecco qua, la tempesta che
non si fermerà.
Da oggi il destino appartiene a me.

Da tempo la mia bimba più  “grande” canticchia, inventando qualche parola ovviamente;-)) questa canzone ma la frase che pronuncia meglio e ripete spesso è  “da oggi il destino appartiene a me”. Big V non ha neppure 4 anni per cui non conosce il significato di queste parole intense. Con leggerezza e usando termini molto alla portata di una bimba così piccola le ho spiegato che il destino lo si costruisce giorno dopo giorno, che non c’ è nulla di predefinito nella vita di ognuno di noi, anche nella sua; che ogni giorno dovrà agire riflettendo bene su cosa sta facendo (si, anche una bimba di quasi 4 anni può anzi deve iniziare a riflettere bene su ciò che fa, ovviamente in  relazione ad un vissuto alle esperienze di una piccola.

, a canalizzare sapientemente le nostre forze e le nostre emozioni (gestendole con l’ intelligenza emotiva, di cui ti parlerò) !
Ogni attimo della nostra esistenza appartiene a noi. Cerchiamo di insegnare ai nostri figli, con non poche difficoltà, questo concetto chiave per ognuno di noi da 0 a 100 anni: la libertà. 
Non voglio che tu confonda la libertà di agire con il “fai ciò che credi purchè tu ci rifletta un pò su” , è chiaro che è sempre necessaria una reale ponderazione e una reale considerazione del rapporto con gli altri,  ma che  si tenga bene presente che l’ essere umano nasce LIBERO di autodeterminarsi.
Che meravigliosa, emozionante parola: libertà!

Foto:Disney

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Il desiderio di sapere

Il desiderio di sapere

L’essenziale dell’insegnamento consiste nel mobilitare il desiderio di sapere, nel rendere  corpo erotico l’oggetto teorico, si tratti di una poesia di Pascoli o della successione di  Fibonacci. Ecco il miracolo della lezione. Trasportare il desiderio.

da ” L’ora di lezione” di Massimo Recalcati

Un paio di anni fa sono entrata in un’ aula scolastica come docente per la terza area.
Avevo un monte ore prestabilito in cui avrei dovuto approfondire argomenti legati alla mediazione e alla pedagogia.  Dopo essermi presentata come “di rito”, ho esordito dicendo “Sapere è conoscere, dobbiamo apprendere ciò che ci viene spiegato qui a scuola con desiderio e cura!” 

Ebbene 21 volti mi hanno guardata come se stessi pronunciando una clamorosa eresia.
Imparare, a scuola, con amore? Addirittura dobbiamo desiderare di apprendere? Più o meno leggevo questo negli occhi dei ragazzi quel giorno.

E’ così complicato far comprendere  quanto sia fondamentale il desiderio di apprendere, quanto più si impara con ardore e reale voglia di acquisire tanto più le cose apprese si sedimentano in ognuno e, nel tempo, troveranno il modo di germogliare?

La spiegazione di una lezione, in un’ aula scolastica, è alcune volte uno sterile passaggio di nozioni. Questo è ciò che si dovrebbe evitare proprio nell’ ottica di una “didattica efficace” .
Penso all’ allievo come ad un seme che germoglia e diventa pianta, dopo aver ricevuto tanta acqua fresca. 
Penso ad un insegnante che, ricco del proprio bagaglio culturale, trasmetta con entusiasmo il proprio sapere  facendo in modo  di accendere l’ interesse e la curiosità in chi ascolta, che cerchi di stimolare alla creatività e di far emergere delle qualità nascoste (o malcelate) dell’ alunno. 
Penso a quanto importante sia attribuire ad un contenuto formale (una lezione) passione, colore, linfa vitale! Come? Sono necessari poteri magici? La risposta è no, il mezzo di coinvolgimento maggiore per chi ascolta è la parola! Si insegna trasmettendo con  parole cariche di stupore, perchè ogni giorno si scopre qualcosa di più.

Nella mia esperienza  a scuola, come in quella nella aule dove si fa formazione professionale, post universitaria o post diploma, cerco, e spero di riuscirci, di caricare di significato ogni singola parola che pronuncio. Non è semplice, perchè devo azionare, innanzitutto in me stessa, un meccanismo attraverso cui recupero tutte le informazioni in mio possesso che rielaboro e rendo ricche di emozione (sperando di suscitarne di nuove in chi ascolta;) )

Il queste mie righe, in realtà, si racchiude il desiderio di farti conoscere quanto sia importante il ruolo dell’ educatore/formatore/insegnante che non è uno sterile contenitore di conoscenze, ma può e deve manipolare il proprio sapere trasformandolo in qualcosa di straordinariamente ricco e coinvolgente. Così si impara con amore e si fanno proprie le conoscenze, così si scopre il vero valore della cultura ed ogni minuto, ora, trascorsa su un libro di testo o con l’ attenzione ben rivolta a “colui che trasmette”, non sarà mai tempo perso!

 

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L’Attesa per Eccellenza: la Gravidanza

Oggi rifletto e ti invito a riflettere su un momento  lungo nove mesi e  specialissimo che la donna può vivere una o più volte: la gravidanza. Probabilmente sei una bis mamma come me o hai un solo  bimbo/a oppure vivi, per la prima volta, quel momento delicato e magico di  “Attesa” , quella per eccellenza, un’ attesa lunga nove mesi: la Gravidanza.

La maternità è una grande figura dell’ attesa…attendere, non lasciarsi sopraffare dal tempo, resistere, non essere bruciati dall’ impazienza. Se si ascoltano le madri…la figura dell’ attesa occupa una posizione centrale nei loro discorsi. La gravidanza innanzitutto. Non si tratta forse di un’ attesa speciale? Attendere che il figlio germogli e venga alla luce del mondo. Ma l’attesa di una madre non assomiglia a nessun’ altra attesa. Non è attesa di qualcosa: di un treno, di un anniversario, di un concerto o di un contratto. La maternità è un’ esperienza radicale dell’ attesa perchè mostra come l’ attesa non sia mai padrona di ciò che attende. Ogni vera attesa è, infatti, attraversata da un’ incognita: non si sa mai cosa o chi si attende, non si sa mai come sarà il tempo della fine dell’ attesa…Quella della madre non è la semplice attesa di un evento che può accadere nel mondo, ma di qualcosa che, sebbene lei lo porti con sé, dentro di sé, in sé, nel proprio ventre, nelle proprie viscere, appare come un principio di alterità che rende possibile un altro mondo…E’ un paradosso della maternità: nell’ attesa della gravidanza il figlio può essere nel mondo solo attraverso la madre, ma non è ancora nel mondo come soggetto. La madre attende chi già porta con sé, senza sapere chi è e senza sapere com’ è, senza averlo mai visto prima…La madre vive nell’ attesa -nella pazienza dell’ attesa- custodendo il suo frutto sconosciuto a se stessa. Una divisione interna che non colpisce il padre, il quale può solo osservare dall’ esterno, testimoniare da fuori, da un altro luogo, quello che avviene nel corpo della donna.La maternità  non è un fatto della natura, ma un suo sconvolgimento.

Queste parole sono tratte da “Le mani della madre” di Massimo Recalcati (  clicca qui Nasce un figlio ? Nasce un nuovo mondo ! ) e ogni volta che le leggo rivivo le sensazioni provate durante le mie due gravidanze. Ed ecco l’ ansia per il parto (il “fine percorso”), il senso di smarrimento, frequente in molte donne, quando osservano il proprio corpo modificato dalle curve della gravidanza, l’ impazienza perchè non si attende altro che guardare il bambino portato a lungo così in grembo. Ed ecco l’ Attesa di cui parla Recalcati, tanti mesi in cui la donna incinta si porrà mille domande, idealizzerà milioni di volte il proprio figlio (partendo dall’ immaginare i tratti somatici o persino il carattere che il piccolo potrà avere!) ; ci sarà, forse, un papà che osserverà il corpo della propria donna che cambia, che cercherà di comprendere le manifestazioni di tutto questo “fermento” interiore ma potrà ,appunto, solo guardare tutto da spettatore. Uno spettatore privilegiatissimo, intendiamoci 😉 , ma pur sempre “esterno” a quell’ incantesimo che si compie fuori e dentro il corpo della futura mamma.

  

Non ti voglio suggerire come vivere questi mesi di Attesa, non esistono regole da seguire per evitare l’ansia, non si può prevedere il futuro del bimbo prima ancora che nasca ma si può sicuramente vivere tutto con la consapevolezza che ogni pensiero, ogni stato emotivo nel periodo della gravidanza rimarrà nei tuoi ricordi per sempre. E che tu,infondo, non sarai più la stessa di prima…

Oggi rifletto e ti invito a riflettere su un momento  lungo nove mesi e  specialissimo che la donna può vivere una o più volte: la gravidanza. Probabilmente sei una bis mamma come me o hai un solo  bimbo/a oppure vivi, per la prima volta,  quel momento delicato e magico di  "Attesa" , quella per eccellenza, un' attesa lunga nove mesi: la Gravidanza.

 

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