La psicologa dott.ssa Sonia Sorgente ( Psiche&Nutrizione ) ti parla di un disturbo alimentare, la bulimia, con particolare riferimento alla maternità.

Buona lettura!


Il termine bulimia viene usato già da Galeno, ancor prima da Ippocrate e da Aristotele, per definire una fame enorme, smisurata. La bulimia come l’anoressia sono patologie limite in cui si evidenziano un cattivo rapporto con il cibo. L’ingestione del cibo è vorace, caotica, compulsiva, con scarsa attenzione al gusto e al sapore. Quasi sempre i bulimici provano la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare, fino a che non intervengono dolore, tensione addominale, esaurimento di cibo. Alle crisi fanno seguito sentimenti di colpa, di vergogna, di autodispezzo e disgusto di sé.

Nei disturbi alimentari esiste una stretta relazione tra cibo e affetto. Il bambino già dall’allattamento, sperimenta il bisogno naturale di nutrirsi sia il piacere legato alla zona orale. In ogni poppata il bambino soddisfa sia il bisogno fisiologico che il desiderio di piacere e affetto. La madre rappresenta da un lato nutrimento e dall’altro si mostra come persona di riferimento che offre attenzione. Il cibo diventa un momento di condivisione emotiva. Ad esempio, per spiegare la relazione cibo-affetto, possiamo dire che una bambina di poche settimane, trovatasi in una sensazione di pericolo, cerca continuamente il seno; non perché avesse fame, ma solo per ridurre la tensione interiore, per sentirsi al sicuro, protetta.

L’apprendimento del comportamento alimentare, avviene già dalla nascita, per cui la mancanza di risposte adeguate ai suoi bisogni, crea nel bambino uno stato di confusione, di doppi messaggi tale da renderlo incapace di distinguere impulsi biologici da esperienze emotive che ne derivano. E’ fondamentale che si realizzi una continuità affettiva tra madre e figlio in modo tale da condurre il bambino a sviluppare il processo di “separazione-individuazione” senza traumi. I/Le pazienti bulimiche hanno difficoltà a separarsi dalla madre. Una madre “sufficientemente buona”permette al bambino di passare da una fase di dipendenza a una fase di graduale acquisizione dell’indipendenza, agevolandolo con la presenza di uno spazio di transizione, in modo da far sperimentare al bambino l’angoscia abbandonica. L’atto di abbuffarsi sta a rappresentare la difesa nei confronti di una inconscia paura di abbandono.

, sia a livello cosciente, sia a livello inconscio, e così i lutti, le separazioni, i conflitti di coppia fanno sì che la madre non riesca a rispondere adeguatamente ai bisogni del bambino trasferendo il proprio vissuto mentale nella mente del figlio come un imprinting che lo condizionerà nelle relazioni future.

Il bulimico non mangia per piacere, ma per abbuffarsi; abbuffarsi non è piacere ma solo distensione, caduta di tensione. Quando ci si abbuffa, non si mangia per piacere, ma per riempirsi: questa è la dinamica del bulimico. Nella bulimia si escludere il piacere per il bisogno. Il corpo rappresenta tutta l’ansia e l’angoscia del bisogno dell’affetto-cibo; il corpo diventa un contenitore passivo e la tendenza a riempirsi e ad ingozzarsi spesso non ha fine. Il bulimico tenta di colmare un vuoto, di cercare affetto, di rendere più accettabile una perdita, ed esprime tutta la sua aggressività nell’ingerire grandi quantità di cibo; e con le condotte di eliminazione rappresentano il conflitto tra il bisogno e il desiderio di respingere…qualcosa, qualcuno! Di chi stiamo parlando? Dopo quanto ci siamo dette, secondo voi, come si presentano fisicamente le donne bulimiche? Le madri e i padri come sono?

bulimia fonte immagine: http://it.blastingnews.com/%5B/caption%5D

 

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5 Comments on La bulimia (con riferimento alla maternità)

  1. Silvia Fanio
    21 aprile 2016 at 13:47 (7 anni ago)

    Mi inquieta sempre sapere quanta responsabilità hanno le relazioni genitoriali sui figli.
    Mi auguro di essere una madre sufficientemente buona e di non creare mai situazioni che possano mettere a repentaglio la serenità futura dei miei figli.
    È la mia più grande paura!

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    • Dott.ssa Sonia Sorgente Psicologa
      22 aprile 2016 at 22:53 (7 anni ago)

      Cara Silvia i genitori non sono responsabili solo della sottile serenità dei loro figli, ma soprattutto sono responsabili e fautori del benessere. I genitori insegnano anche lo star bene, lo star bene insieme, lo star bene in famiglia. E’ a questo che i genitori puntano, rincorrono e coltivano. Questo articolo, come altri che sono stati pubblicati o che verranno pubblicati su questo blog, e che porteranno la firma di Psiche&Nutrizione, hanno il fine ultimo di fare informazione, per prevenire questi malesseri. Siamo al servizio dei genitori come faro per renderli più sensibili a problematiche simili a questa; cerchiamo di dare e spiegare che esiste una strada per affrontare e risolvere questi disturbi. Psiche&Nutrizione lo fa tutto i giorni all’interno dello studio a Pellezzano (SA). Ti dico di più se una mamma, o un papà, si rendendo conto loro di avere uno o più di queste problematiche e se decidono di affrontarle in prima persona, faranno si che i loro figli non soffrano di questo e così li renderanno più sereni.

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  2. mammachebrava
    23 aprile 2016 at 9:25 (7 anni ago)

    nel ruolo di mamma spesso ti chiedi “chissá se ciò che faccio sia giusto”..c’è davvero un grande senso di responsabilitá verso la crescita dei propri figli affinchè tutto possa procedere in modo adeguato!da subito ho però imparato che con i figli importante è sentirsi sicuri, mettere da parte l’ansia, trasmettere quella sicurezza aiuta il bambino a sperimentare e a crescere in modo adeguato!!!certo quanta psicologia c’è giá dal momento del concepimento e per tutta la gravidanza, per non parlare del dopo….con la teoria dell’attaccamento e la relazione madre-bambino.è importante conoscere, sapere, proprio per evitare di trasmettere dinamiche “patologiche”ai nostri figli!Speriamo davvero che i genitori possano rendersi conto dei loro problemi, mettersi in discussione e lasciarsi aiutare!!!grazie per l’articolo…davvero i teressante!!!
    teresa

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    • oltrechemamma
      23 aprile 2016 at 23:48 (7 anni ago)

      Grazie Mammachebrava!
      Le collaborazioni con figure di riferimento di un determinato settore, in tal caso Psiche&Nutrizione, servono proprio a diffondere la cultura dell’informazione ed in molti casi della prevenzione.
      Sono contenta di avere riscontro positivo.

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    • Dott.ssa Sonia Sorgente Psicologa
      25 aprile 2016 at 23:31 (7 anni ago)

      Grazie Mammachebrava! E’vero c’è un grande senso di responsabilità verso la crescita dei propri figli. Una mamma alcuni giorni fa mi ha chiesto: “Dott.ssa mi figlio di 8 anni è insicuro e timido…passerà?”E’fondamentale non trasmettere un forte carico di ansie ai bambini, se no con molta probabilità si cresceranno bambini insicuri e con bassa autostima. Cara Teresa i genitori possono essere aiutati solo nel momento che si mettono in discussione e durante il percorso si rendono conto che c’è un problema. Mi capitano spesso delle mamme che mi telefonano per un appuntamento da prendere per il loro bambino o bambina. Dall’esperienza maturata ti posso assicurare che, tranne nei casi molto gravi, la maggior parte delle volte per poter aiutare il proprio bambino io consiglio un percorso psicologico o a entrambi i genitori o a uno dei due. Poichè se il bambino/a è introverso, insicuro ed ha una bassa autostima, se non si aiuta la mamma o il papà ansioso, il percorso terapeutico fatto col bambino lascia il tempo che trova. I bambini sono delle spugne ed assorbono dai genitori; se non si cambia l’acqua la spugna sarà sempre uguale.

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