Month: luglio 2016

Vegetarismo, nutrizione e salute dei bambini

La dott.ssa Federica Marchese -biologa e nutrizionista- Psiche&Nutrizione– ti parla Vegetarismo, nutrizione e salute dei bambini

Sempre più persone e famiglie si stanno avvicinando ad una dieta vegetariana, escludendo la maggior parte o tutti (vegani) gli alimenti di origine animale.

Cosa succede quando in queste famiglie nasce un bambino? E’ possibile garantirgli tutti i nutrienti essenziali per una corretta crescita senza rischi per la salute?

Certo! Con un po’ di attenzione e preparazione specifica.

L’allattamento al seno è strettamente consigliato anche in questi casi, quando non è possibile il latte artificiale fornisce un prezioso supporto.

Lo svezzamento prevede l’introduzione di cereali, frutta e verdura come tradizionalmente, mentre al posto di carne, pesce e salumi vengono utilizzati legumi, soia e semi oleaginosi (lino, chia, sesamo ecc).

Per quanto riguarda la vitamina B12 è utile utilizzare prodotti fortificato o integrati.

Secondo le linee guida, in caso di dubbio è consigliabile la supplementazione di 0,5mcg al giorno di vitamina B12 per il lattante.

Si consiglia di utilizzare cereali fortificati in ferro, centrifugati di frutta e verdura, tofu, purea di legumi e yogurt di soia.

Sono utili pseudo cereali come la quinoa, l’amaranto, il grano saraceno e l’avena (attenzione al glutine per quest’ultimo) in quanto più ricchi di proteine, ferro e calcio dei cereali tradizionali.

I semi oleaginosi e la frutta secca vanno introdotti dopo il primo anno di vita, soprattutto se ci sono casi di allergia in famiglia; possono essere in forma di crema o polvere per arricchire i piatti in ferro, zinco e calcio.

Per quanto riguarda ferro e zinco potrebbe essere utile considerare un’integrazione, è utile la consulenza medica.

Attenzione al contenuto di fibre degli alimenti perché la flora intestinale del bambino non è correttamente sviluppata, una quantità troppo elevata di fibre durante la giornata può creargli fastidi o disturbi intestinali.

L’olio extravergine d’oliva può essere supportato dall’olio di semi di lino, al posto del parmigiano si può utilizzare la polvere di germe di grano oppure la crema di sesamo.

Il bambino entro i primi sei mesi di vita ha bisogno di supplementazione di vitamina K, D, B12 e ferro.

Dopo i 6 mesi e fino a 1 anno somministrare vitamina D se è a rischio carenza, B12 e ferro se la fonte dietetica è insufficiente, fluoro se viene utilizzata un’acqua con meno di 0,3 ppm e va valutata l’integrazione di zinco.

Le diete vegetariane, se non ben controllate possono portare a carenze energetiche a causa dell’alto potere saziante dei loro alimenti cardine (verdura, legumi ecc); l’assunzione di più spuntini e l’utilizzo di pane, pasta e riso raffinati non è controindicata proprio perché aiuta al raggiungimento quotidiano di energia e nutrienti necessari per la corretta crescita.

Un ottimo spuntino per un vivace piccolo ometto (dopo il primo anno di vita) potrebbe prevedere un

e al raggiungimento del fabbisogno calorico giornaliero.

È sicuramente raccomandabile farsi seguire dal proprio medico e da un esperto durante la gravidanza, l’allattamento e le prime fasi di crescita dei bambini vegetariani o vegani per essere sicuri di non trascurare le esigenze nutrizionali specifiche di mamma e figlio in queste importanti tappe.

Vegetarismo, nutrizione e salute dei bambini

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I bambini e il sole

esposizione solare

 

La  scheda di approfondimento a cura dell’ Isitituto Mario Negri ti informa su come proteggere al meglio il tuo bambino da scottature o danni derivanti da un’ eccessiva esposizione al sole.

Buona lettura!


L’esposizione al sole fa bene perché favorisce la formazione nell’organismo della vitamina D, indispensabile per l’assorbimento del calcio e la sua deposizione nelle ossa; è necessario però evitare che il bambino si “scotti”.

Le scottature (forte rossore e bruciore della pelle) durante l’infanzia possono rivelarsi pericolose, in quanto in età adulta risultano associate ad aumento del rischio di insorgenza di melanoma.

Fino a sei mesi i bambini vanno tenuti sempre all’ombra.

Per i neonati utilizzare una carrozzina con tettoia; in ambiente esterno, talvolta anche all’ombra, può essere necessario applicare creme solari clinicamente testate e formulate a uso pediatrico, ai bambini con la pelle molto chiara.

Evitare esposizione nelle ore più calde: dalle 11:00 alle 17:00 circa (ora legale), è bene che i bambini stiano in casa.

Al mare o in montagna esporre i bambini in modo graduale e progressivo: durante i primi giorni far indossare una maglietta, un cappello a tesa larga e possibilmente occhialini con lenti con adeguato filtro UV.

Il bambino prende il sole anche quando è in acqua o sotto l’ombrellone. Nell’acqua il caldo non è percepito ed è più facile andare incontro a scottature.

Anche quando il cielo è velato o nuvoloso, nella prima infanzia, a causa della delicatezza della pelle, è possibile scottarsi.

Offrire spesso da bere al bambino, acqua, succhi frutti o altre bevande non fredde e a piccoli sorsi. Utilizzare creme protettive solari, ad alta protezione (almeno n. 30), applicandole prima dell’esposizione al sole e regolarmente ogni 2-3 ore.

E’ opportuno riapplicare la crema dopo il bagno, anche nei casi in cui si utilizzi una crema solare indicata come resistente all’acqua.

I bambini con carnagione chiara e capelli biondi/rossi hanno un maggior rischio di scottature e vanno maggiormente protetti.

È opportuno selezionare i prodotti solari privilegiando quelli dermatologicamente validati e formulati a uso pediatrico che garantiscono qualità e sicurezza in termini di schermi UVA – UVB, assenza di metalli pesanti, ipo-allergenicità.

Applicare la crema protettiva non vuol dire poter stare al sole tutto il tempo che si vuole!

 

Questo post, ricco di materiale informativo, è prodotto nell’ambito del progetto “Lo Sai Mamma” a cura del Laboratorio Salute Materno Infantile, IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano in collaborazione con Associazione Culturale Pediatri e Federfarma Lombardia”.

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L’isola sicura ( il “lettone” )

L’isola sicura ( il “lettone” )
L’isola sicura,tratta dal volume “Raccogli idee” ed. Tresei scuola

Se di notte hai un po’ di paura
c’è sempre un’isola che è sicura.
Se il male ti tiene sveglio
vai nell’isola e stai già meglio.
Se al mattino presto ti desti
a ruzzolar nell’isola resti.
Se nel cielo balena un lampo,
vai nell’isola e trovi scampo.
Per tutti i bimbi alti una spanna
isola grande è il lettone della mamma.

 

Il lettone della mamma come rifugio sicuro,castello inespugnabile.

Ho letto per caso sul web questa filastrocca dove, in poche righe, racchiusa tutta la “potenza” evocativa del letto materno, da sempre porto sicuro e luogo “morbido” per così tanti bambini…lo è stato anche per me 😉 

Ribadisco, quindi, l’importanza del co-sleeping finchè il piccolo non si senta pronto ad esplorare e vivere un nuovo spazio, da solo, senza contatto alcuno con un genitore.

Arriverà quello “scatto di crescita” che prterà tuo figlio a desiderare ” l’indipendenza notturna”, ma lo farà quando lo avvertirà come propria necessità.

La mia esperienza di madre-educatrice mi aiuta a riflettere meglio su questo aspetto della vita dei bambini ( e dei loro genitori).

Molte mamme o papà mi chiedono come far sì che il proprio figlio dorma nel suo letto e nella propria camera fin da subito (a pochi mesi dalla nascita ad esempio). 

La mia risposta è sempre la stessa ormai da anni, non ho mai incoraggiato una madre a tenere il proprio bambino in cameretta da solo magari con mille metodi ingegnosi per fare in modo che ci rimanga a dormire tutta la notte 🙄 

Naturalmente parlo di bambini in fascia di età 0-8, “limite” (ma mai patologico) dopo cui si può pensare a parlare più approfonditamente della questione…

, agisci come TU credi sia opportuno agire, se sei convito di una certa qual cosa o metodo educativo, qualunque esso sia, attualo, ma tieni sempre conto dello sviluppo armonico di un bimbo che dal caldo grembo materno si ritova catapulato nella vita reale…e che bebè o bambino più grande che sia ha i propri tempi di maturazione che non andrebbero alterati.

 

 

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Hai mai fatto uno scrub?

Hai mai fatto uno “scrub”?

 La rubrica Beauty di  Stefly continua a regalarti consigli utili: per te che sei donna e  mamma (o donna e mamma;) ) attenta a curare la tua bellezza e a sentirti sempre in ordine. 

Ciao cara lettrice, oggi ti voglio parlare dello scrub e dei suoi benefici…

Inizio col dirti che in commercio esistono tante tipologie di scrub, da quello esfoliante a quello rimodellante fino a quello snellente.. e anche in questo caso ogni marchio da un valore proprio a questo prodotto e infatti troviamo prezzi che oscillano dai 5 euro fin anche a più di 50 euro!!

Insomma ne abbiamo per tutti i gusti… ma perché fare lo scrub? Ognuno di noi ha al suo interno oli, vitamine, attivi che aiutano a drenare, ma sicuramente molto dipende dal nostro corpo.

scrub

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima di tutto la costanza: sotto la doccia è importante farlo almeno 2 volte a settimana su pelle umida massaggiando con movimenti rotatori dal basso verso l’alto. Questo ti aiuterà per :

  1. Eliminare le cellule morte

  2. Migliorare la circolazione

  3. Drenare

  4. Eliminare eventuali peli incarniti o brufoletti

Spesso contengono già al loro interno degli oli ma io ti consiglio di utilizzare sempre a pelle bagnata dopo la doccia un olio per idratare ulteriormente.

Per quanto riguarda il viso vale lo stesso concetto, meglio utilizzare però uno scrub adatto alla propria tipologia di pelle..

Lo scrub è importante anche perché prepara l’epidermide affinché possa assorbire al meglio ( non avendo più cellule morte) ciò che andiamo ad applicare, quindi è molto utile farlo

  1. Prima di una maschera

  2. Prima dei fanghi

  3. Prima di un trattamento specifico

  4. Prima della ceretta in modo da eliminare anche i peli sottopelle che lo scrub aiuta a far uscire

E in estate?

Credimi è il periodo migliore per farlo!! Non elimina l’abbronzatura ma la rende uniforme, la pelle è più luminosa e non si desquamerà soprattutto se ti aiuti applicando sempre l’olio su pelle bagnata.

Lo scrub puoi anche farlo in casa, di ricette ce ne sono tante su internet dalle più semplici come:

  1. Sale grosso

  2. Zucchero

  3. Miele

  4. Olio d’oliva o di mandorle dolci

…a quelli in cui ti puoi divertire unendo più attivi, oli essenziali, semi ecc… insomma su internet trovi tante ricette se vuoi farlo homemade.

Stagione estiva? Molte di voi possono credere fermamente che lo scrub sia un modo per far diminuire l’abbronzatura e quindi lo utilizzano solo in inverno, niente di più sbagliato!

La realtà è tutt’ altra!!! Lo scrub eliminando le cellule morte, quelle più superficiali della nostra epidermide, aiuta sia a prolungare il colorito tanto agognato che a renderlo molto più uniforme!

Hai presente quando la pelle inizia a desquamarsi? Quelle sono le cellule morte che rendono anche più cupo e grigio il colorito… eseguendo costantemente lo scrub eviterai di andare incontro a questi antiestetici effetti.

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Lo scrub post abbronzatura è un modo infallibile per mantenere la pelle idratata, luminosa, elasticizzata e colorita… farlo 2/3 volte a settimana sotto la doccia su corpo e viso (in questo caso consiglio sempre uno scrub più delicato) è un toccasana… se poi a pelle bagnata utilizzi degli oli idratanti la tua pelle ti ringrazierà

Quando si parla di scrub naturalmente puoi ricorrere sia a prodotti che si acquistano in profumeria che fai da te con semplice sale grosso e zucchero ( se hai pelle molto delicata va bene anche solo lo zucchero), olio di oliva o mandorle dolci e un pizzico di miele… et voilà, avrai il tuo trattamento bello e che fatto 🙂 e la tua abbronzatura sarà perfetta.. ma non dimenticare la protezione solare mi raccomando però!!!!

Spero di esserti stata utile e ricorda di utilizzare sempre lo scrub adatto alla tua tipologia di pelle!

 

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Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e il rapporto con la mamma

La dott.ssa Sonia Sorgente -psicologa – Psiche&Nutrizione– ti parlerà con accuratezza dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e il rapporto con la mamma.

Buona lettura!


E’ importante premettere che non si tratta di accusare la madre o di considerarla responsabile di un disagio che deriva da tanti fattori, ma di individuare alcuni aspetti della relazione con la madre che ricorrono nelle situazioni in cui un adolescente sviluppa un cattivo rapporto con il corpo e con il cibo.

Non è raro che si fa risalire l’origine di un disturbo alimentare o di molti disturbi psichici a un cattivo rapporto con la figura materna.

Ricordiamoci che pur partecipando al 50% della responsabilità genitoriale è considerata la principale artefice del loro benessere.

Questo senso di responsabilità delle madri diventa poi senso di colpa quando i figli esprimono qualche disagio.

Il senso di colpa va sfatato, anche perché contribuisce a ingaggiarle in estenuati quanto inutili escalation di sfide e ricatti su alimenti e porzioni, che finiscono per consolidare il disturbo alimentare delle figlie.

Smettiamo di accusare le mamme, ma aiutiamole a comprendere il significato “affettivo” delle figlie, in modo che le mamme possono aiutare a propria volta a trovare risposte meno distruttive alla loro sofferenza, senza sacrificare il proprio corpo e senza annullare la loro femminilità.

Quando in una famiglia compare un disturbo alimentare, madre e figlia hanno spesso in comune una “ferita” riguardante l’immagine di sé e l’identità femminile.

E’ una lacerazione che affonda le sue radici, spesso nel rapporto della madre con la propria madre, lungo una catena di legami transgenerazionali femminili altamente disfunzionali.

Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e il rapporto con la mamma  E’ importante premettere che non si tratta di accusare la madre o di considerarla responsabile di un disagio

Le mamme delle ANORESSICHE sono state vittima dello strapotere dei padri e dei fratelli, poiché con molta probabilità saranno cresciute in una famiglia d’origine dove essere donna era una sorta di “imperfezione congenita”, dove erano considerate meno valide e talentuose dei maschi.

Le madri pur desiderose del riscatto hanno perpetuato nel profondo la convinzione di inferiorità nei confronti degli uomini.

Il legame tra madre e figlia si fonda su aspettative straordinarie: bellissima, bravissima, buonissima. Tali superlativi servono a mettere a tacere il timore che la figlia possa essere come lei.

La richiesta inconscia che la madre fa alla figlia è di essere perfetta nei comportamenti, nello studio e nello sport. Nella relazione tra madre e figlia regnano armonia e reciproca comprensione, almeno fino all’esordio del disturbo alimentare.

Il mito anoressico ricco di superlativi è sponsorizzato dalla madre, che trova nei trionfi della figlia un balsamo curativo per le sue ferite.

Un contesto socioculturale che svaluta il ruolo femminile non favorisce un’armonica integrazione dell’identità delle giovani donne.

Osservando il mondo la ragazza anoressica impara che realizzare i propri bisogni affettivi non porta da nessuna parte, e che occorre lavorare duramente per acquisire competenze di prestigio, anche a costo di esprimere se stessa, la propria femminilità e i propri sentimenti. Si illude che questa rinuncia possa garantirle un futuro migliore.

Le ragazze anoressiche si danno molto da fare per rispondere a questo mandato; inutile dire che far contenta la mamma è una missione impossibile, poiché la madre non sarà mai totalmente soddisfatta.

Entrambe sono inconsciamente impegnate a colmare un vuoto interiore incolmabile, che rinunce e sacrifici ampliano sempre di più.

Il legame tra madre e figlia fa da regia al vuoto che nasce dalla rinuncia ai propri desideri autentici in nome di una gara interminabile, dei cui trofei non sono mai sazie.

Oggi molte donne sperimentano il conflitto tra realizzazione sociale e professionale e il ruolo femminile di protezione e cura dei legami, ma per le ragazze che digiunano il dilemma fra competizione e solidarietà, è risolto a priori dall’adesione al mandato materno.

Perfino l’amore non trova spazio: avere un fidanzato vorrebbe dire accettare di dipendere da un altro e soprattutto provare emozioni che fanno sentire fragili e sottraggono tempo agli impegni quotidiani.

Nel caso in cui abbiano un fidanzato, perlopiù è confinato nel ruolo di spettatore dei loro successi e dei loro digiuni, soggiogato dal loro invincibile potere e da un legame utile a far da stampella al loro narcisismo, che non deve, però, mettere in discussione un equilibrio emotivo troppo rigido e fragile per lasciarsi sconvolgere da tempesta amorose.

Agli occhi della figlia l’immagine materna è insieme quella di una donna fragile e ansiosa, affettivamente ed economicamente dipendente, e di una madre esigente e dominante; se è lei l’unico autentico punto di riferimento, è ancora lei che l’adolescente anoressica vorrebbe estromettere attraverso il vomito e il digiuno.

Il patto inconscio cui la madre ha chiesto alla figlia di aderire è in fondo, seducente; promette il successo, ma anche la sicurezza del sostegno materno, bypassando la rottura del legame che la crescita impone.

Il significato del sintomo è duplice e in un certo senso paradossale.

Mentre introduce disordine e cambiamento, secondo i dettami fisiologici dell’adolescenza, al contempo lega e tiene avvinta la mamma, le impone una presenza costante nello spazio fisico e mentale: in cucina, dove insegue la figlia per costringerla a mangiare; in bagno, alla ricerca di una traccia di vomito; davanti allo specchio, dove la figlia chiede di essere rassicurata dell’assenza d’ogni traccia di grasso.

La madre è per la figlia specchio e bilancia, la figlia è per la madre una bambina bisognosa ma determinata, che le chiede conferma dell’adeguatezza delle proprie forme e delle proprie condotte alimentari.

Alla madre che la implora di interrompere il digiuno, la figlia ricorda il patto segreto che le impone di diventare proprio come la madre la vuole, magra ed efficiente, e le chiede di essere assolta e sostenuta per questa interpretazione estrema e imprevista del progetto concordato.

Il confronto animato, la rabbia non hanno spazio; il sintomo anoressico si esprime attraverso la rigidità e il controllo. Le anoressiche sono profondamente arrabbiate e offese , ma s’impegnano a tenere a freno la distruttività.

La parte della figlia perfetta, che non ha bisogni ma solo doveri e fin da piccola gioca a fare l’adulta risolvendo al meglio, in fretta e prima degli altri ogni compito, viene messa in scena anche in famiglia.

La sua tenacia, la sua efficienza e la forza emotiva che dimostra, pur nascondendo una grande fragilità, contribuiscono a stabilire un’inversione di ruolo con la madre.

Mostrandosi grande, la figlia può alleggerire una mamma molto provata, affaticata dalla propria storia emotiva e dal peso di una quotidianità insoddisfacente.

I confini dello spazio fisico e psichico individuale sono per lo più pareti sottili da sembrare inesistenti, la soglia di tolleranza della distanza e delle riservatezza è bassa, la presenza di porte, a maggior ragione di porte chiuse, a dividere le stanze e gli spazi privati non è affatto scontata.

Ciò che agli occhi della madre è la conferma di una relazione privilegiata che la riempie di orgoglio, preoccupa invece lo psicologo, lo allerta sulla dipendenza della ragazza, sull’immaturità e sulla mancanza di separazione che le impediscono di esprimere valutazioni e opinioni proprie perfino nell’ambito dei rapporti con i coetanei, e magari decidere addirittura di sbagliare, senza il consenso e l’approvazione della mamma.

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