Lettera alla ragazza che ero.
Oggi va così, fa troppo caldo per uscire e insieme a mia figlia ho iniziato a sfogliare vecchi album di foto.
Ho trovato un album che risale al 2005, una vacanza nel sud della Spagna in uno dei periodi più belli in assoluto della mia vita.
Quando sei abbastanza grande da poter viaggiare senza chiedere il permesso, quando devi barcamenarti tra lavoretti occasionali per pagarti finalmente quel viaggio, ma non guadagni ancora abbastanza da uscire di casa e tutti i problemi contingenti della vita non sai ancora benecosa siano. Quando passi l’inverno tra lezioni, biblioteca e lavoretti per ammortizzare e mettere da parte i tuoi soldini. Quando le tasche sono costantemente vuote e ottimizzi anche il centesimo.
Quando però partire significa prendere una boccata d’aria, e sentirsi vivi.
Quando puoi dormine in aeroporto, oppure non dormire affatto e partire tanto dormirai in volo o sul treno. Quando il biglietto per l’interaril è il regalo più desiderato e in un piccolo zaino hai già tutto ciò che serve
Quando il futuro paura non ne fa perché ti senti invincibile.
Quando le insostenibili pesantezze della vita non hanno ancora vinto su di te.
Guardo la ragazza che ero. Quel fisico perfetto, quel sorriso così spontaneo, quell’abbronzatura dorata.
Cosa vorrei dire a quella ragazza? Vorrei dirle che avrebbe tanto da insegnarmi, perché il tempo mi ha trasformata, in peggio e adesso stento a riconoscermi in quella foto.
Non è solo una questione fisica, ricordo a malapena quel senso di leggerezza, la brezza del mare che sposta i capelli e la testa leggera. Quel senso di invincibilità che mi portavo dietro con spreguidicatezza.
A malapena ricordo la semplicità del preparare una valigia, leggera come i miei pensieri, contenente solo l’essenziale, tanto al mare serve solo un costume e un cappellino.
La totale fiducia nel futuro. La certezza che sarebbe sempre andato tutto bene.
La paura che non era nemmeno contemplata.
Quando vivere era semplicemente banale.
Il tempo ti cambia, le responsabilità ti piegano, e le paure si insinuano piano piano nella testa.
La vita nella sua banalità ti imprigiona. Il lavoro, le bollette, la quotidianità. E i figli.
Non fraintendetemi, i miei figli sono una delle cose migliori che abbia fatto nella mia vita, ma insieme a loro sono arrivate anche la paura per il futuro, la necessità di un lavoro costante, il terrore di non essere in grado di soddisfare tutte le loro esigenze. Ogni medaglia ha sempre il suo rovescio.
E allora vorrei dire a quella ragazza di continuare a respirare a pieni polmoni l’aria dell’oceano.
A ballare in riva al mare a cantare alle onde.
Vorrei dirle di continuare a non avere paura e di ballare anche sotto la tempesta.
Vorrei dirle che il suo corpo un giorno non sarà più perfetto come prima, ma avrà creato la vita.
Vorrei dirle di non perdere mai la capacità di sorridere.
E soprattutto di non perdere mai quella luce che ha dentro gli occhi.
Vorrei dirle che non dovrà mai smettere di continuare a credere nella bellezza della vita, nonostante, la vita stessa a volte le strapperà le lacrime dagli occhi con una forza che non credeva possibile.
Che le cose cambiano, si evolvono e le responsabilità a volte ti possono togliere il fiato.
Vorrei dirle che quel senso di leggerezza piano piano potrebbe scomparire e allora dovrà cercarlo dentro se stessa.
Vorrei dirle di godersi ancora quel momento, in riva al mare e con la testa vuota. Di gustarlo fino in fondo ancora e ancora.
Infine vorrei dirle che non avrà mai rimpianti se avrà vissuto la sua giovinezza cosi.
Infatti non ho rimpianti, ho solo un po’ di nostalgia, perché è passato tutto troppo in fretta e a volte vorrei tornare piccola per assaporare ancora l’odore dell’oceano, con il cuore leggero.
Quando tutto era più facile.
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