Lettera aperta delle maestre ed educatrici di Roma

bambino a scuola
Bambino a scuola

Navigando in rete mi sono imbattuta in una lettera aperta, scritta da maestre ed educatrici di Roma, che vogliono spiegare il loro punto di vista su una situazione che da settimane sta facendo parlare e sta preoccupando i genitori.

Un punto di vista da parte di dirette interessate che ogni giorno si occupano di neonati e bambini. Oggi leggevo che probabilmente, per quanto riguarda i nidi, si tornerà a rispettare il rapporto 1:6, almeno fino a giugno. Poi si dovrebbe arrivare a stabilire un nuovo “patto“, che possa mettere d’accordo tutti.

Ad ogni modo, ho trovato questa lettera molto interessante e piena di spunti di riflessione, per questo vorrei riportarla anche qui per condividerla con tutte le persone che hanno figli al nido o alla scuola materna e che in questo periodo sono preoccupati per quello che sta accadendo e per i disagi che ogni giorno bisogna affrontare. Sperando sempre che veramente si riesca a trovare una soluzione che accontenti tutti, dando alle maestre e alle educatrici la possibilità di fare il loro lavoro nel migliore dei modi.

Ecco la lettera:

La pubblicazione di questa lettera nasce dall’iniziativa autofinanziata delle educatrici ed insegnanti supplenti di Roma Capitale ed esprime il bisogno crescente in tutte noi, di poter comunicare a voi, genitori dei nostri piccoli alunni, le nostre considerazioni sul cosiddetto “contratto unilaterale” entrato in vigore il 1 gennaio 2015. Questo bisogno è frutto della frustrazione accumulata in diversi mesi vissuti nel timore, tradottosi poi in realtà, della perdita del lavoro. Contemporaneamente a ciò, ad accrescere lo stato di tensione, hanno contribuito le notizie fuorvianti pubblicate in alcuni quotidiani, nelle quali le educatrici e le insegnanti, vengono dipinte, più o meno apertamente, come delle persone immeritevoli del proprio stipendio, delle privilegiate dall’orario di lavoro “corto” che percepiscono somme di denaro ingiustificate.

In questa lettera vorremmo dimostrare come la realtà sia ben diversa. Che le educatrici ed insegnanti dei vostri figli sono tutt’altro. Che il contratto unilaterale non genera un sistema che “premia i meritevoli e punisce i fannulloni”, come è più volte stato detto, ma al contrario esso comporta un aumento dei carichi di lavoro ed una riduzione dei salari. Dimostrare infine, che la finalità della riorganizzazione del settore scolastico/educativo non è quella di “perseguire un’alta qualità educativa” e di “migliorare l’esperienza scolastica dei bambini sia attraverso le necessarie attività educative e didattiche sia attraverso una migliore organizzazione dei servizi”, come si legge nella sua introduzione. Al contrario! Con esso si persegue il solo scopo di garantire un cospicuo risparmio per le casse comunali, riducendo pesantemente la qualità del settore scolastico/educativo a discapito dei bambini e delle maestre!
Tutto ha inizio come molti di voi sapranno, con la pubblicazione dei famigerati rilievi del MEF, il quale evidenzia irregolarità nell’erogazione del salario accessorio dei dipendenti capitolini. Si è diffusamente parlato nei media, di queste indennità definite “a pioggia” (quasi nelle loro tasche piovessero milioni di euro!), tralasciando sempre di ricordare che lo stipendio delle insegnanti e delle educatrici può variare dai 1300 ai 1500 € netti, una retribuzione decisamente normale! Un giornale parlò quest’estate addirittura di “indennità per attaccare i cartelloni”, voce introvabile nelle buste paga delle insegnanti, che anzi, sono spesso costrette ad acquistare a proprie spese parte del materiale scolastico! In pochi sapranno invece, che l’irregolarità del loro stipendio, consiste in una sola voce del salario accessorio e che il Ministero ne ha rilevate di ben più consistenti altrove!

L’elenco è decisamente lungo: spese per le consulenze esterne del Comune, gestione delle aziende partecipate, cattiva riscossione dei crediti, disposizioni sugli incentivi ai dirigenti avvocati ed anche retribuzioni accessorie dei numerosi dirigenti capitolini… Correggendo tutte queste voci, si inciderebbe in maniera significativa nel risanamento del bilancio comunale, tuttavia l’Amministrazione, ha inspiegabilmente pensato di provvedere, innanzitutto, a rivedere gli stipendi di alcuni suoi dipendenti ed in maniera assai più marcata di quanto il MEF richiedesse!
Le educatrici e le insegnanti, infatti, vedono modificare il calcolo del loro salario accessorio, che viene legato ora non più solo alle indennità, ma alla cosiddetta produttività, prevista dalla legge Brunetta. Ma come viene misurata questa produttività? Attraverso parametri come: la presenza (ma senza considerare malattie e legge 104!), il numero delle supplenze assegnato giornalmente alla struttura, il numero dei bambini iscritti, il numero dei bambini frequentanti, il tasso di abbandono della struttura, il rapporto medio educatrice/bambino e la soddisfazione dei genitori, unico criterio sensato, ma valutata attraverso cassette di reclami e questionari, senza un confronto diretto con educatrici e maestre! Dove sarebbe in tutto questo la meritocrazia? Tuttavia, ciò che maggiormente ci stupisce e amareggia è la totale assenza del benché minimo accenno alla qualità del lavoro svolto con i bambini, che è il cuore della nostra professione!
Ma non è tutto. L’amministrazione infatti procede anche alla riorganizzazione del settore scolastico/educativo. In cosa consiste questa “riorganizzazione”?
Per la scuola dell’infanzia si stabilisce un aumento (non retribuito!) delle ore di lavoro allo scopo di eliminare le supplenze giornaliere. A seguito delle proteste scaturite da questa decisione, le maestre si sono viste dipingere, in alcuni giornali, come delle lavative pronte a lagnarsi di sole 3 ore di lavoro in più a settimana, omettendo però di evidenziare un particolare rilevante. Le ore in più infatti, saranno anche altre 60 annuali che andranno ad aggiungersi alle attuali 120 che le insegnanti impiegano in attività di aggiornamento, monte ore e flessibili, per un totale di 6 ore settimanali! Il lavoro delle maestre non termina infatti alla fine delle lezioni come spesso dimentichiamo… Immaginate ora un’insegnante che abbia già svolto 5 o 6 ore di insegnamento nella propria sezione, alla quale venga affidata anche una supplenza giornaliera di 3 ore (cosa già improponibile!) e che nello stesso giorno debba poi svolgere le 3 ore di aggiornamento previste due volte a settimana…si raggiungerebbero le 12 ore lavorative! Tutto ciò senza considerare che le maestre sono costrette a lavorare con sezioni sovraffollate, composte anche da 25 bambini e che una volta varcata la soglia della scuola il lavoro continua a casa, con la preparazione delle attività didattiche e lo studio che segue i corsi di aggiornamento! Possibile, in coscienza, considerarle delle privilegiate?
Cosa si decide invece per il nido? Che non verrà più sostituita la prima educatrice assente ma si sostituirà solo a partire dalla seconda. Inoltre, non verrà più effettuata la conta delle educatrici in servizio e dei bambini presenti, un’operazione attraverso la quale si stabiliva il numero di supplenti necessario per garantire il rapporto numerico di una educatrice ogni sei bambini. Per ovviare agli inevitabili vuoti di personale l’Amministrazione elabora una nuova turnazione. Ma cosa è in realtà accaduto dal momento dell’applicazione del nuovo contratto? Non abbiamo dovuto aspettare molto perché si iniziassero a toccare con mano le conseguenze derivanti da questa “riorganizzazione”. Nei nidi il caos totale. Una singola educatrice costretta ad occuparsi non più di 6 ma di 10, 12, in alcuni casi anche 20 bambini di età compresa tra i 3 ed i 36 mesi! Possibile svolgere bene il proprio lavoro in queste condizioni? Il nido cesserebbe di essere un istituzione educativa, per trasformarsi in un ottocentesco ricovero per lattanti, nel quale si riesce a stento a provvedere ai bisogni fisiologici dei piccoli e a garantirne la sicurezza. Le educatrici inoltre, sarebbero ridotte a sorveglianti, perché impossibilitate a svolgere i giochi educativi. Un luogo privo di vere relazioni umane, con pesanti ricadute sull’affettività dei bambini!
Ma non finisce qui. Gli effetti della riforma infatti, non sono solamente quelli appena descritti. In conseguenza di questi provvedimenti, il personale supplente di III fascia del nido e di IV fascia della scuola dell’infanzia del Comune di Roma viene a trovarsi in stato di disoccupazione e ciò non sembra assolutamente sfiorare le menti di chi governa questa città, quasi si trattasse di un effetto collaterale di poco conto! Migliaia di persone, che fino a giugno del 2015 potevano contare su uno stipendio si ritrovano improvvisamente a doverne farne a meno. Persone che per svariati anni hanno contribuito al buon funzionamento del settore scolastico/educativo, vengono ora silenziosamente messe da parte e lasciate al proprio destino. Un risparmio consistente per le casse comunali, ma chi ne pagherebbe il prezzo? Noi tutte, insegnanti ed educatrici supplenti, disoccupate a partire da gennaio. Per anni ci siamo impegnate ad accorrere laddove ci fosse bisogno della nostra presenza, spesso con pochissimo preavviso, ma felici di poter svolgere una professione che amiamo, che riteniamo importantissima, per la quale abbiamo affrontato lunghi corsi di studio e di aggiornamento, ritrovandoci ora prive di una fonte di reddito e con la consapevolezza che a fare le spese di tutto ciò, saranno soprattutto i nostri amati bambini.
Non bisognerebbe mai dimenticare che il lavoro a contatto coi minori non è un lavoro come gli altri. I bambini non sono pratiche che si possono accumulare quando il tempo non basta o pezzi in catena di montaggio per la cui produzione basta eseguire lo stesso movimento per ore! Hanno bisogni fisici, cognitivi ed emotivi che non rispettano orari prestabiliti, ma hanno i loro tempi di espressione e devono essere soddisfatti, perché la scuola ed il nido appartengono ai bambini! Non si può pensare di valutare le insegnanti e le educatrici in termini di “produttività”, perché i nidi e le scuole non sono industrie! Non producono beni materiali, ma attuano progetti educativi e didattici per persone in tenera età, attraverso i quali permettere lo sviluppo delle loro potenzialità! Questo è l’unico obiettivo perseguibile e la sola logica che dovrebbe guidare qualsiasi riforma del settore scolastico/educativo.
Per questo, Cittadini e genitori di Roma, noi educatrici ed insegnanti facciamo appello alla vostra sensibilità, chiedendovi di valutare la nostra professione con giusto giudizio e di sostenerci nella nostra battaglia, affinché i nidi e le scuole dell’infanzia di questa Città, rimangano dei luoghi nei quali ogni decisione venga presa non per meri fini economici, ma nell’esclusivo interesse dei bambini.

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