scuola

Il mio libro “E se non fosse andata così?”

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#esenonfosseandatacosì?
A cosa servono le forbici col pangrattato? Assolutamente a niente. È questa la sensazione di inutilità in cui troviamo i due protagonisti ventenni che all’inizio del libro vivono le loro vite senza interagire.
Alice e Gionni, per motivi diversi, si ritrovano allo stesso corso di teatro psicologico per capire meglio se stessi.
Si riconoscono: erano compagni delle medie.
Il corso e gli altri ragazzi partecipanti fanno da sfondo alle loro dinamiche relazionali la cui natura è inizialmente incomprensibile ad entrambi.

L’intento del libro, indirizzato prevalentemente ad adolescenti e giovani adulti, è quello di eliminare la diffusa convinzione che esista un’unica strada per la felicità e che tutte le altre conducano inevitabilmente alla sofferenza ed alla tristezza. Solo in matematica un risultato è giusto o sbagliato: nella vita di tutti i giorni invece, ci troviamo di fronte a tanti “va bene lo stesso”.
Il racconto è ambientato ai giorni nostri, senza riferimenti precisi di anni, luoghi o caratteristiche fisiche dei personaggi. L’intento, è che ogni persona possa immedesimarsi e giovarsi maggiormente del messaggio trasmesso.

Se voleste leggerlo, potrete trovarlo in libreria o qui

In più, mi piaceva che la mia scrittura non fosse a senso unico perciò, chi vorrà potrà mandare dei finali alternativi alla mia e-mail giuliapuccinelli@gmail.com e ogni settimana ne pubblicherò uno proprio qui sul blog 🙂

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La scuola ai tempi del Covid

| Mamma Bradipa ironica, Senza categoria

Scuola 2020.

Faccio un breve riassunto da prima che iniziasse fino ad inizio ottobre. Poi il commento lo lascio a voi occhei?

Premetto che ho due figli che soffrono di rinite allergica e che frequentano rispettivamente elementari ed asilo.
Alla riunione delle elementari ci dicono che in caso di raffreddore allergico è possibile portare un certificato medico che lo attesti e così quando è stato il turno dell’incontro con l’asilo, non appena hanno detto “RAFFR..”, io ho alzato la mia bella manina e in un incrocio tra Elias e Tisini dei ragazzi della 3° C, ho preso parola e ho detto: “Per l’allergia posso portare il certificato vero?”

A quel punto sfodero già un bel sorriso che avrebbe accompagnato un “Benissimo”, ma mi rimane bloccato stile paralisi non appena sento la ben diversa risposta:

“ASSOLUTAMENTE NO”

Rimango basita e chiedo “In che senso” stile Verdone, quando in realtà avrei voluto dire “Sta scherzando vero???” oppure direttamente: “Dai uscite fuori, lo so che siete Scherzi a Parte!”

La mia referente dal canto suo rimane impassibile e parla riuscendo a muovere i muscoli della bocca lasciando immobile tutto il resto, tanto che se avesse detto “Mi fai le coccole?” Avrei pensato potesse essere il canino a pile di mia figlia.

Insomma: “Signora all’infanzia non vi è né distanziamento né l’uso delle mascherine pertanto sua figlia potrebbe sì starnutire perché allergica, ma essere potenzialmente positiva asintomatica e diffondere il virus tramite le goccioline dello starnuto stesso.”

PAUSA… LOADING…

“Sì vabbè, ma boia d’un mondo, Leopardi in confronto a te era Pollyanna fatta di funghetti allucinogeni che rideva h 24!!!! Allora pensiamo a tutte le catastrofi del mondo!!!! Pensiamo che non mettano più il fondo di cioccolata nel Cornetto Algida o che non diano più la Fletcher in tv e piangiamo tutto il giorno inginocchiati sui ceci guardando la D’Urso!!!!”

No perché allora poi mi viene il dubbio che al governo sembrino intelligenti, ma potrebbero essere idioti asintomatici a pensare che un bambino under 6 non faccia mai uno starnuto!

Nella realtà però ho risposto “Ah ok, allora non la manderò”.

Incanalo allora tutte le mie energie sulle elementari. Missione evitare di ammalarsi/di fare il tampone/ di stare assenti, più tempo possibile.

  • Prima di tutto vado in farmacia e compro l’integratore più gagliardo del mondo, quello che si narra abbia addirittura dato Geppetto a Pinocchio per togliergli gli acciacchi da burattino.
  • Compro la mascherina più mascherosa dell’universo, così galattica che se la lanci in aria apre un portale per parlare direttamente con il Ministero della Salute e con un filtro così filtrante che quello a cono degli assorbenti Lines, scanzati, questo è a DODECAEDRI!!!!
  • Allestisco una stanza di decontaminazione nell’ingresso, con gel, zona cambio, zona recupero vestiti usati, igienizzazione all’aria dello zaino (cioè lo lascio lì un po’ ;-)) e recitazione di scongiuri napoletano-tibetani.

Comincia la scuola e Giacomo prende il virus gastrointestinale dopo 5 giorni effettivi.
Come ogni anno.
Ormai da tre anni. L’anno scorso lo prese il terzo giorno, stiamo migliorando.

Uff che palle ora sta male, perde la scuola, poi lo prende anche la sorella ecc ecc.

Poi l’illuminazione: cazzo ma sarà mica un sintomo covid compatibile?????!!!!

Prendo la lista dei sintomi:

Raffreddore/naso che cola/starnuto se annusi il pepe/starnuto se guardi il sole/starnuto se ti strusciano una manciata di polvere sul naso.
– Tosse/tosse se ti sei strozzata con la caramella/tosse se il dottore ti dice “dai un colpo di tosse”/tosse se vuoi richiamare l’attenzione.
– Febbre sopra i 37.5, ma anche 37 mica va bene eh, via facciamo 36.8 massimo.
– Occhi rossi pure se ti ci sei infilata un dito dentro/ occhi lacrimanti pure se stai piangendo.
– Virus gastrointestinale/MAL DI PANCIA/diarrea pure se sei stato a pranzo da nonna e hai mangiato in un giorno quanto mangeresti in 5/ vomito pure se hai fatto 8 ore di tornanti in montagna.
-Rush cutaneo anche se è il rossetto a lunga durata di zia Piera che ti ha sbaciucchiato l’altroieri.

Morale: tampone fatto dopo nemmeno 15 giorni di scuola. (Negativo per fortuna)

Missione: fallita

Livello di sculo: pro

Livello di la vedo molto dura: ultrastellare.

Care mie, la verità è una sola. Si stava meglio quando c’erano i pidocchi.Almeno loro, non erano covid compatibili.

 

Se vi va, ho fatto anche la versione video! Qui sul mio canale https://youtu.be/NoWwBqzybIE

(L’autunno comunque è il periodo per antonomasia di virus e virussetti, vi lascio anche l’articolo che scrissi l’anno scorso ante Covid!)
https://blog.pianetamamma.it/diariodiunamammabradipa/non-aprite-quella-portiera/
P.S. nel frattempo Giacomo ha fatto un secondo tampone a fine ottobre per super raffreddore!

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Perchè festeggiare “l’ultimo giorno di scuola”

| Mamma Bradipa tenera, Senza categoria

10 giugno

L’ anno scorso, di questi tempi nella chat di classe si parlava di chi portasse cosa per la merenda dell’ultimo giorno di scuola, di come facesse caldo con il grembiule con il sole che batteva sulle aule e non si vedeva l’ora di lavare lo zaino, ridotto ormai ad una massa informe dall’odore di libri, succo e inchiostro.

Quest’anno no. Quest’anno nella chat di classe si parla degli allegati che non si scaricano, delle schede a risoluzione troppo bassa, della foto di classe a distanza, del prossimo appuntamento su meet.

Niente grembiuli.

Niente zaini.

Non se ne parla dal 5 marzo.

Ricordo ancora che il 4, era mercoledì. Le maestre hanno dato i compiti per l’indomani e hanno sistemato l’aula per l’attività a gruppi del giovedì.

Noi genitori ci siamo allontanati con un semplice “buon appetito,  a domani!” e Giacomo salendo in macchina mi ha detto “Mamma sono stanchissimo per fortuna manca solo giovedì e venerdì e poi due giorni di pausa.”

E invece “la pausa”  sarebbe iniziata subito e per 10 giorni. E poi per altri 15 e altri 15 e poi nessuno ha più creduto che si riniziasse prima di settembre.

Così quando dico che il 10 giugno festeggerò, in molti mi guardano ruotando la testa come un cucciolo che sente un rumore strano.

Perché festeggiare??? Perché ce lo meritiamo!

Ce lo meritiamo tanto cacchio.

Se lo meritano i BAMBINI. Cui d’improvviso, dentro ad una bella scatola, abbiamo messo loro la scuola, i parchi gioco, gli amici, i nonni, i giocattolai, le feste, i compleanni e ci abbiamo scritto “NON APRIRE FINO A BO”. Ma abbiamo chiesto loro di essere sereni e tranquilli,  di accontentarsi dei nonni in videochiamata ad 1 anno, di vedere i compagni d’asilo sul tablet, di studiare, di impegnarsi, di perdere la relazione con gli insegnanti e cercare di stabilirla con uno schermo. Si sono arrabbiati, rattristati, a volte arresi ma poi ripartiti, innervositi, arrabbiati di nuovo, ma poi ce l’hanno fatta.

Ce lo meritiamo noi GENITORI. Che da quando i nostri figli sono nati ci dicono che si può spiegare loro tutto – in modo adatto all’età- ma questa volta ci siamo trovati invischiati tra un batterietto birboncello che ci fa starnutire nel gomito detto ai più piccoli e la paralizzante incapacità di dare risposte certe ai più grandicelli. Ce lo meritiamo perché abbiamo affrontato l’angoscia per il nostro futuro, per la salute dei nostri cari, per le esperienze negate ai nostri bambini. Il tutto condito dall’esilarante esperienza dello smart working con 1/2/3…figli a casa e  dalla snervante/logorante/ossessionante didattica a distanza. Ma ce l’abbiamo fatta.

Se lo meritano gli INSEGNANTI che in un pugno di giorni si sono dovuti far amica la guest star di questo periodo: la DAD. Che fino a poco fa pensavo volesse solo dire papà in inglese. Forse lo credevano anche maestre e professori, ma hanno subito capito cosa invece significasse e si sono dovuti reinventare un modo di lavorare senza la possibilità di fare ciò che hanno sempre fatto: parlare, insegnare, spiegare, ridere, giocare, richiamare, lodare, coccolare i loro studenti. Senza poter accedere alla loro “materia prima”, come se ad un cuoco si chiedesse di preparare delle ottime pietanze senza ingredienti. Ma ce l’hanno fatta.

Non ci sarà nessun VERO ultimo giorno di scuola, ma potremo comunque festeggiare la FINE di questo assurdo e sconvolgente periodo, per goderci ancora di più gli anni scolastici che seguiranno.

Perché se si dice che una cosa la si apprezza solo quando si perde, la scuola quest’anno l’abbiamo PERSA, ma siamo fortunati perché presto potremo RITROVARLA.

P.s. Se avete voglia di festeggiare con una risata, vi metto qui sotto il link del video di “E penso a te” di Battisti, rivisitata con Classroom 🙂

https://youtu.be/ai7vILaO9Fs

 

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Le mamme e la didattica a distanza (con video)

| Mamma Bradipa ironica, Senza categoria

Ebbene sì,

Dopo più di due mesi di scuole chiuse, anche io parlo di didattica a distanza.

Perché la giornata di chi lavora, di chi ha più di un figlio sopra i sei anni, di chi non ha una stanza per figlio e un mezzo tecnologico da affidare ad ognuno, è sicuramente difficile, a volte da urlo (anzi da urli va’!).

A tutto ciò bisogna sommare l’innaturalitá della situazione, degli insegnanti che devono stravolgere il loro modo di educare e dei bambini che devono impegnarsi e lavorare senza poterlo fare essendo guidati , incoraggiati e sostenuti di persona e senza ciò di cui più di tutto ha bisogno un bambino: amici con cui condividere le esperienze.

Purtroppo nessuno avrebbe voluto che ciò accadesse e chi mi conosce sa che da tempo abbraccio “la terapia della risata” quindi questo non è il luogo in cui affrontare certi discorsi in modo oggettivo o serio.

Ma per questo motivo ho aspettato tanto. Non riuscivo a capire come poter scherzare su una cosa così complessa e difficile per le famiglie e gli insegnanti, senza risultare offensiva. E mi venivano solo cose dette e ridette.

Poi l’altro giorno mentre inviavo i compiti alle maestre, ho cominciato a canticchiare “E penso a te” di Battisti…il resto, con un marito che dá spago alle mie follie e suona il pianoforte, è stato un gioco da ragazzi😝

Buona visione ed inviatelo a chi ha bisogno di sorridere😊

https://youtu.be/ai7vILaO9Fs

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Il Natale a scuola con un figlio e con due figli

| Mamma Bradipa ironica, Mamma Bradipa tenera, Senza categoria

Buongiorno mamme!

Come sono i vostri rapporti con la scuola nel periodo natalizio? Pieni di entusiasmo o pieni di stress? E soprattutto: siete coinvolte con un bimbo o con due?                        Perché le cose cambiano….

LA RIUNIONE A SCUOLA

Figlio unico:                                              Quando alla riunione di settembre, le maestre annunciano lo spettacolino di Natale, sul tuo viso ancora abbronzato, si forma un leggero sorriso misto di orgoglio e curiosità.

Due figli:                                                    Quando alla riunione di settembre, le maestre annunciano lo spettacolino di Natale, sul tuo viso ancora abbronzato, si forma una leggera smorfia mista di “speriamo che i due spettacolini non siano lo stesso giorno alla stessa ora ” e “stavolta mi metto in prima fila cascasse il mondo”. Oppure sei alla riunione dell’ altro figlio e quando tutto verrà scritto sul resoconto della rappresentante nella chat di classe, sarà ormai tarda sera, starai dormendo sul divano a bocca aperta e con sottofondo una puntata dei Robinson. La mattina troverai 98 notifiche di “grazie, gentilissima!”, “Ma si sa già la data?”, “quanto durera?” – e tu non capirai assolutamente nulla.

I VESTITI PER LO SPETTACOLINO

Verso metà novembre, le maestre annunciano i vestiti da indossare per lo spettacolino. Solitamente una maglia rossa o bianca e dei jeans…

Figlio unico:                                              Cavolo i jeans li ha celesti e blu, serviranno mica azzurri classici? Ma sì, gliene compro un altro paio.                                            Maglia? Non ha nessuna delle due! Compriamole entrambe che poi magari una non gli dona, oppure la bruci a stirarla, oppure qualcuno non ce l’ha e gliela presti, oppure…insomma ne compri due.

Due figli:                                                           Nel tuo cervello, non appena in un negozio compare la scritta “collezione autunno- inverno”,  si innesca il riflesso Pavloviano che ti fa comprare in automatico una maglia rossa e una bianca ciascuno. Quella bianca non devi usarla MAI perchè sennò a dicembre è grigina schifosina. I jeans vanno bene di qualsiasi nuance di blu. Han detto jeans, non hanno dato la palette con il numero della tonalità.

IL CALENDARIO

Figlio unico:                                                        A dicembre, ti diletti a scrivere con le penne colorate gli impegni scolastici dell’unicogenito…azzardi anche il disegno di una nota musicale nel giorno delle canzoni, forbici e colla per il laboratorio, fuochi d’artificio per l’ultimo giorno di scuola.

Due figli:                                                               Il mese di dicembre sembra uno di quei giochini enigmistici in cui un simpatico gattino deve capire quale filo arrivi al suo gomitolo: un casino di frecce, scritte piccolissime, sigle azzardate. Trovi per esempio MSC e per un secondo pensi che stai per partire per una crociera, ripiombando poco dopo nella consapevolezza del vero significato:  Mercatino Scuola Cesare.

IL MERCATINO

Figlio unico:                                          Preparare qualcosa che sarà venduto, ti mette un’ansia sovrumana. Ci vorrà qualcosa di natalizio o che va bene tutto l’anno? Qualcosa da mangiare o no? Lo compro o lo creo? Arrivi con super stress a dicembre e ti ritrovi a portare un poutpourri creato da te che profuma di gelsomino e colla vinilica.

Due figli:                                                         Cioè doppio lavoro. Doppio tempo da investire. Doppio investimento economico. Quindi da luglio, cominci a conservare tutto il conservabile, rischiando di tenere anche i coperchi degli yogurt perché in effetti è un alluminio tondo e di un bello spessore, ma la muffa che trovi dopo una settimana ti fa desistere. Tutto per proporre il meravigliosissimo riciclo creativo, altrimenti detto “che acciderbolina ci potrei fare con sta roba?”

 

L’ANSIA

Figlio unico:                                              Dunque quella per il mercatino l”abbiamo detta. Poi c’è quella che non suoni la sveglia il giorno dello spettacolino, che un meteorite ti impedisca di raggiungere la scuola, che il bimbo pianga, che TU pianga o che tu NON pianga.

Due figli:                                                          Con il secondo figlio si ha meno ansia. Tranne che a Natale. A Natale raddoppia. La sveglia è ancora prima e quindi oltre a non suonare, potresti spegnerla e riaddormentarti senza nemmeno accorgertene. Doppi viaggi a scuola, doppia possibilità di meteorite. Le canzoni del grande sono ad un orario, le canzoni del piccolo ad un altro. Ma almeno sul pianto, puoi star tranquilla per il grande! Ennò perché la giornata storta ci sta per tutti e finché non ha finito, non sei tranquilla. E ti senti schizofrenica mentre guardi con orgoglio il tuo bimbo grande che calca le scene con la naturalezza di un attore navigato e la tenerezza struggente mentre osservi  il piccolo incerto e intimorito alla sua prima esperienza.

 

In ogni caso, tra un lavoretto, una corsa, una lacrima e una sudata, anche quest’anno arriverà la sera dello spettacolino fatto, dei lavoretti per il mercatino consegnati e del cellulare pieno zeppo di bellissimi DOPPI ricordi…

Buon Natale a tutti!

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Ma i bambini come si sentono?

| settembre

Settembre. Quasi.

Noi mamme non parliamo d’altro che dell’estate che sta volgendo al termine e di tutte le cose da fare per l’imminente rientro scolastico.

Ci sono le raggianti, che dopo aver sudato 78343 camicie per aver giocato a Tetris con orari di lavoro e centri estivi, o a braccio di ferro con figli capricciosi – e a tiro alla fune tra doveri e relax, non vedono l’ora di poter stare qualche ora SOLE. Parolacce volgarissime cantate a squarciagola mentre stanno sul water SOLEEEEEEEE, mangiando due merendine insieme. Sì quelle che “Due assolutamente no, fanno malissimo, ti viene mal di pancia e i denti cariati!”

Ci sono le depresse, che sentono già la mancanza dei figli, che sono angosciate dai vari virus ed influenze alle porte – e ripenseranno con rammarico al fatto che la persona da contattare “in caso di emergenza” d’estate, era il bagnino – ed ora in poi sarà il pediatra. D’altra parte, sarà l’unica occasione per abbandonare la tuta quando i bambini saranno malati.

Ci sono le “non cambia nulla”. Così come li portano al centro estivo in estate, li portano a scuola in inverno e così come fanno le cose da sole mentre sono al centro estivo, le faranno quando saranno a scuola. Freddo? Basta coprirsi. Caldo? Basta coprirsi. Occheiiiiii.

E ci sono le svogliate, che non hanno voglia di comprare i grembiuli, rinnovare i vestiti, acquistare i libri di testo, informarsi sugli orari e pianificare le cose da fare.  Volete mettere ciondolare tra le giornate afose ed usare quei tre vestitini a rotazione con le infradito?

Insomma ogni mamma affronta settembre a modo suo.

Ma i bambini? I bambini come si sentono?

Ci avete mai pensato? Il mio ha trascorso l’estate dicendo che non c’è posto più bello del mare ed ha cominciato già da una settimana a dire che l’asilo non gli piace. Come dire…non lascia molto spazio all’immaginazione!

E ovviamente io faccio parte delle depresse!

Quindi qui stiamo cominciando a pensare a tutte le cose positive per l’autunno e a decidere cosa rifare la prossima estate e cosa fare che non abbiamo fatto.

Per ora reggiamo botta, se ne riparla dopo tre giorni di asilo!

E i vostri bimbi cosa pensano?

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Bambini: omologare per non etichettare??? Meglio la filosofia bradipa

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Care Mamme,

Oggi sono polemica. Con nessuno in particolare, più che altro con la società attuale che in nome del non etichettare, sta rendendo tutti incasellati ed omologati. Ma è giusto omologare per non etichettare????

Al di là delle battute, credo che un po’ di filosofia bradipa farebbe bene a tutti. Cioè mettere un po’ da parte tutta questa fretta di far imparare, crescere, diventare autonomi e soprattutto tutti uguali. Lasciare invece fare al tempo, rispettare le fasi delle persone, in particolare dei bambini.

Tutto questo incazzamento nasce da un episodio che mi ha raccontato l’altro giorno una mia amica: sua figlia settenne, è innamorata della danza, ma per sua sfortuna non è affatto portata.

” La Ceci non ce la vedo per niente come ballerina eh?! Piuttosto una tipa da scarpe coi tacchetti che con le punte, ma si diverte così tanto che chi se ne frega!”

L’insegnante invece le ha detto che forse sarebbe meglio avvicinarla ad altre discipline perché non le sembra portata.

E allora mi sono messa a pensare a quando ero piccola io.

E in tutti gli sport o giochi di gruppo cui partecipavo, c’era sempre il più bravo, il più scarso, il più sfaticato. Nessuno ci vedeva niente di male. Ora no, in nome del fatto che non si deve giudicare, dobbiamo essere tutti uguali.

Ma porca vacca, a sette anni, se ti piace ballare, devi aver diritto di farlo. E a meno che tu non sia un’insegnante di una scuola di danza che vuole coltivare solo ballerini professionisti, non fai un discorso del genere. Lasci che la bambina se ne renda conto da sola…se non si sente una ballerina o se le piace talmente tanto, che lotterà più di altre per diventarlo.

E poi ho pensato alla scuola di oggi.

Non entro nel merito di situazioni seriamente e veramente critiche.

Parlo di bambini che si discostano dalla media per qualche piccola difficoltà o per  qualche caratteristica caratteriale. Adesso al minimo “pio” si corre da psicologi e company.

Sono psicologa, quindi non ho nessun pregiudizio verso la categoria. Ma quando queste figure professionali non servono, mi incazzo come una scimmia. Perché i bambini hanno diritto di crescere e di misurarsi con le loro peculiarità e non di sentirsi diversi perché non sono uguali agli altri.

Le diversità vanno riconosciute e rispettate.

E invece spesso, si pensa solo a “fornire gli strumenti” per non possederle più.

Ma questo non significa dare opportunità, significa vestirsi da idealisti, quando si è invece intolleranti.

Perché dare la possibilità ad un bambino di essere com’è e di decidere da solo cosa vuole cambiare in se stesso, è lo strumento migliore che si possa fornirgli.

Perché quando ero piccola mi dicevano che ero timida. E nessuno ha mai pensato di cercare di farmi diventare estroversa. Ero così. Ero così come chi era agitato, spilungone, cicciotto, preciso, mammone (ah io ero anche quello!), permaloso, geniale. Le classi erano belle ed allegre anche per questo.

Ma oggi, “il mondo è bello perché è vario”, non vale più.

Perché si è passati da un estremo all’altro:

Sessant’anni fa, se leggevi troppo lentamente o non riuscivi a scrivere velocemente e senza errori, ti davano un calcio nel sedere e via a lavorare.

Oggi, se non sai leggere bene o scrivere bene, non si concepisce nemmeno che il bambino abbia bisogno di più tempo (sie tempooo! Ignazio ha già sei anni e 125 giorni! Giosuè ha sei anni e 124 giorni ed è bravissimo) o che non sia portato; che farà un po’ più di fatica in italiano, ma cacchio a matematica va come un siluro (e Giosuè mica tanto, ma è nella media quindi nulla da dire).

No bisogna subito “rimediare”. E se il bimbo in questione è a disagio a causa della sua difficoltà ecc ecc è ovvio che si faccia bene.

Ma se Ignazio è felice e tranquillo, magari orgoglioso di come sia bravo in matematica, oggigiorno si rischia di farlo sentire “meno qualcosa”, sottolineandogli una diversità che non reputava assolutamente un problema.

Perché sessant’anni fa è vero, ti davano un calcio nel sedere, ma trent’anni fa, se leggevi e scrivevi lentamente, la maestra ti aspettava. E stop.

 

 

 

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