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Se c’è una Mamma c’è un Papà

| mamme, papà, Senza categoria

Care Mamme,

se voi ci siete, c’è anche un Papà. Perché vi do’ uno scoop: un bambino ha una mamma ed un papà.

Ora, non si capisce bene come mai, alcuni papà (che preferirei chiamare donatori biologici – D.B.-), contribuiscano al 50% alla procreazione e poi, per una legge fisica/chimica/matematica a me sconosciuta che alcuni chiamano “EgoismoStronzismo”,decidono che è meglio farsi i fatti propri che far parte della famiglia.

Quindi quando qualcuna dice “Sai mio marito MI aiuta con i bambini”, “Sai a volte ME LI guarda mentre faccio le faccende”, oppure “E’ a casa SOLO con i bambini??????? Ma che papà modello!”
Ecco, a quel punto mi incavolo. Ma mica con i D.B., no con quelli non c’è speranza.

Con voi mamme!!!!! Mamme sveglia!!!!! Quell’essere di sesso maschile con cui condividete la casa non è un commesso di Mondo Convenienza che dopo avervi montato la cucina, è rimasto per un caffè! E’ vostro marito nonché il padre di vostro figlio!

Quindi se vostro malgrado vi siete ritrovate con un papà a mezzo servizio, anzi facciamo pure a “un millesimo” servizio, è arrivato il momento di cambiare le cose.

Intanto dovete capire la causa della loro assenza pratica.

Visto che mi pare strano che vi siate scelte un compagno ameba, dopo aver fatto un’indagine sul territorio, ho scoperto che le motivazioni possono essere sostanzialmente tre:

  • Gli alieni: mentre eravate incinte, una notte, degli alieni con le orecchie a punta e la pelle verde, con un raggio aspirante, hanno portato via le capacità di fare il padre a vostro marito, per fare degli studi alien-psicologici. In questo caso, o trovate sulle Pagine Gialle il numero del centro Alienpsicologico e fate reclamo, o siete fottute.
  • Maledizioni: In ospedale, dopo aver partorito, vostro marito incontra una santona che lo maledice: “Se farai il padre, diventerai sonnambulo e di notte andrai nei night club vestito da donna a fare spettacoli sexy”. In questo, caso potete puntare sul fatto che la cosa stimola le vostre fantasie erotiche. Ma solo se non scoppiate a ridere mentre glielo dite.
  • Servizi Segreti: una volta che siete rimaste incinte, i vostri mariti sono stati contattati da una spia travestita da cespuglio che ha dato loro un biglietto che poi si è autodistrutto in cui c’era scritto << Non fare niente.>> Nel 23% dei casi,  una supercazzola delle vostre, in cui li convincete che si sono immaginati sia il cespuglio che il biglietto, potrà trasformare i D.B. in padri.

Adesso mamme smettete di leggere e fate continuare i D.B.

Sì. Dico davvero.

Forza.

Chiamateli un secondo.

 

 

Hei mariti/compagni ci siete?

Allora ascoltatemi bene. Con questo articolo ho appena salvato il vostro matrimonio. Ho sbombato alle vostre mogli delle scuse assurde per cui non fate una cippa in famiglia.

Vi ho appena regalato una vita come in Super Mario Bross. Usatela bene.

Muovete il culo e cominciate a fare i padri. Perché se c’è una mamma c’è anche un papà e non c’è nessuna scusa per non esserlo. Perché badate bene che una mamma non smetterà mai di fare la mamma, ma può sempre smettere di fare la moglie!

P.s. se pensate che i Papà siano un’invenzione, contattate mio marito.

P.s.2 sì lo so è un P.S. smieloso, ma quando ci vuole ci vuole!

 

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Inno alla lentezza e alla noia

| noia, Senza categoria

Care Mamme,

oggi mi è presa così. Pensando a come scorreva lento il tempo quando ero piccola. Abbiamo avuto giorni intensi e oggi è il primo che ci prendiamo di relax, ciondolando letteralmente di stanza in stanza, cominciando mille giochi senza finirne nessuno e sbadigliando di frequente. E così mi son messa a pensare a come sia veloce la vita oggi. Ma non le solite solfe della donna che lavora (anche perché non lavoro), dei ritmi frenetici e bla bla bla. No. Di come la vita scorra veloce perché non si da’ importanza al presente; o se preferite, non si da’ importanza al presente perché il tempo scorre troppo veloce.

Così nel dormiveglia postprandiale, ho immaginato un omino di nome Minuto, che veniva richiamato dal capo perché doveva cercare di trascorrere in 58 secondi anziché 60.

Per un attimo ho pensato che fosse perché sono cresciuta, ma poi in tv hanno trasmesso una pubblicità di un videogioco con la realtà virtuale ed allora ho ricordato.

Ho ricordato che negli anni ’80 i videogiochi erano pochissimi e tu avevi il tempo di comprarteli con la paghetta + i soldi del compleanni + quelli di Natale, senza che passassero di moda;

Ho ricordato che a parte qualche caso di bambini particolarmente curiosi, tutti andavamo alle elementari nell’anno scolastico in cui compievamo sei anni;

Ho ricordato che i giochi erano robusti, costavano tanto e duravano tanto;

Ho ricordato che negli anni ’90 un po’ tutti avevamo il videoregistratore e potevi scambiarti le VHS con le etichette scritte a penna; con scritto GUNIS invece che GOONIES . Oggi Il videoregistratore non ce l’ha più nessuno e ognuno col suo figo decoder si guarda quello che vuole e quando vuole (che è una figata, ma a volte non vi manca la condivisione del prestare?)

Ho ricordato che di cartoni animati ce n’erano pochi e tutti guardavamo gli stessi e giocavamo ad impersonare gli stessi personaggi;

Ho ricordato che spesso mi annoiavo. E ne nascevano poi i giochi più belli ( e no, non ero poco stimolata).

Ho ricordato che quando mi piaceva una canzone, facevo la posta alla radio in attesa che la trasmettessero ed il dilemma era se registrarla senza l’inizio o con l’inizio con la voce del conduttore radiofonico sopra;

E ho ricordato che quando ero con i miei amici, vivevo ogni minuto intensamente; e se litigavo con loro poi non potevo fare pace finché non li rivedevo e quindi ci pensavo bene a quello che dicevo loro. E non come oggi che ci si manda affanculo perché tanto poi ti mando l’emoticon con il bacio col cuore e a posto così.

E invece oggi il tempo dura così poco. Mi sa che un Minuto dura davvero 58 secondi. E neanche ci accorgiamo di quanto valessero quei due secondi che mancano. E senza accorgercene, si vuole tutto e subito e subito tutto non vale niente.

Ma se non si da’ importanza al presente, non daremo importanza neanche al futuro.

E quindi visto che il progresso non si può fermare e comunque ha i suoi grandissimissimi benefici, cerchiamo di insegnare ai nostri figli il valore delle cose, la bellezza della lentezza e la necessità della noia.

 

 

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La gara tra mamme

| bambini, mamme, Senza categoria

Care Mamme,

diciamoci la verità, tutte noi almeno una volta l’abbiamo fatto. Tutte noi abbiamo pensato che una mamma che conosciamo stesse sbagliando. Ma se è più che lecito farlo e pure dirglielo, se il suo frugoletto sta mal menando il nostro o se vi appella con le più volgari parolacce, non è altrettanto giustificato se l’argomento è qualcosa che non ci tange per nulla, tipo dove dorme il bambino, cosa mangia o con cosa lo fa giocare.

E fino a qualche anno fa, la cosa era gestibile, c’era qualche pettegola da ignorare, qualche occhiatina da schivare, ma tutto finiva lì. Oggi, l’avvento dei social ha sguinzagliato milioni di mamme che al grido di “Ho ragione io!”,  si dividono tra chi adora spiattellare al mondo come la pensa, e chi adora spiattellare al mondo che la pensa al contrario. Insomma fare la gara alla migliore.

E allora tutte a litigare su come bisogna dormire, mangiare, allattare, educare, far giocare.

Ci sono mamme che adottano il co-sleeping, quelle con il letto con le sbarre, quelle con il lettino Montessoriano, in camera coi genitori o in camera del bimbo, quelle che hanno entrambi i tipi di lettino, ma i bambini dormono nel lettone e quelli che ognuno dorme nel letto dell’altro e il papà finisce sempre sul divano.

Ci sono mamme che autosvezzano, quelle che seguono le tabelle di svezzamento con la precisione di un chimico, quelle che un giorno fanno in un modo, un giorno nell’altro, quelle che il figlio non mangia nulla e devono fargli mille moine e quelle che mangia pure i gambi del tavolo e devono nascondersi in bagno a mangiare le lasagne.

Ci sono mamme che allattano al seno, quelle al biberon, quelle miste, quelle a richiesta, quelle ad orario, quelle che il latte concilia il sonno, quelle che gli rimane sullo stomaco e la notte fa gli incubi.

Mamme che sono preparatissime su ogni macchiolina, bollicina,eruzione possibile, quelle che mandano foto sul gruppo whatsapp di mamme e la diagnosi di maggioranza è quella giusta, quelle che chiamano subito il pediatra e quelle che passano la notte a preoccuparsi.

Ci sono quelle che hanno letto 8398472 libri sulla puericultura, quelle che ascoltano nonne e zie, quelle che pongono dubbi amletici a Google, quelle che hanno fatto l’abbonamento alle riviste per bambini, quelle che hanno fatto l’abbonamento alle riviste per bambini – ma guardano solo le pubblicità delle modelle finte neomamme con tristezza e invidia.

Ci sono mamme che escono con la scorta di parenti, con 13 borse e lo sguardo impanicato dal possibile cambio improvviso di clima o di leggi gravitazionali; quelle che escono sempre da sole e con un pannolino di ricambio e un pacco di fazzoletti – sopravvivono senza stress fuori tutto il giorno; quelle che escono da sole, ma le riconosci perché al minimo rumore, fanno dei balzi spropositati da tanto che sono terrorizzate che accada qualcosa.

Ci sono mamme che continuano ad uscire la sera, con o senza figli; quelle che non uscivano prima e figuriamoci adesso; quelle che escono ma finiscono per parlare dei figli, quelle che escono e si divertono più di prima sapendo che a casa le aspetta qualcuno da amare.

Ci sono mamme che la tv no fino a 16 anni, quelle che “che male c’è” e la maialina rosa e famiglia son diventati parenti acquisiti; quelle che “via una volta ogni tanto che vuoi che sia”, quelle che la tv nemmeno ce l’hanno.

Ci sono mamme che lavorano part time, quelle che lavorano full time, quelle che non lavorano e quelle che lavorano full full full time.

 

In ogni caso, ci sono mamme che a casa propria devono poter fare quel che vogliono.

Perché fare la mamma non è una gara, non c’è nessun traguardo e nessuna vittoria.

E allora sapete cosa sarebbe bello poter fare invece che litigare? Avere la possibilità di dire la propria senza offendere e senza voler fare cambiare idea all’altro.

Poter dire “io ho fatto così e mi son trovata bene”, oppure “Io non ce la faccio più, mi date un consiglio?” Senza dover essere giudicate/disprezzate/prese in giro.

Perché se noi mamme rendiamo possibile questo, con molta probabilità cresceremo figli tolleranti che sapranno accettare chi non la pensa come loro.

E se pensate che questo non possa esistere, vi sbagliate.

 

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Lettera ai miei figli. Perché non chiederò loro scusa.

| bambini, famiglia, figli, mamme, Senza categoria

Cari Bambini,

Non so se quando sarete in grado di leggere, questo blog esisterà ancora. Io che comincio mille cose e non ne finisco nessuna, proprio non lo so. In ogni caso stamperò queste righe in modo da esser certa che possiate prima o poi vederle.

Quando tra un po’ di tempo comincerete qua e là a leggere Facebook (il mio sia chiaro!!!), magari capiterete per caso su un articolo sulle scuse di una mamma ai suoi figli. O al grande per averlo trascurato una volta che è nato il piccolo; o al piccolo perché non è stato seguito esclusivamente come il grande. E affinché non dobbiate chiedervi perché io non vi ho scritto proprio nessuna scusa, eccomi qua a spiegarlo.

Non vi chiederò scusa perché seppure qualche attenzione esclusiva non c’è stata – molto, ma molto di più è stato raddoppiato.

Perché adesso ci sono il doppio dei giochi, il doppio di amici, il doppio di feste di compleanno e il doppio di baci-abbracci-risate. Certo anche il doppio di volte che mamma si arrabbia, di influenze, di tempo da aspettare prima di essere pronti per uscire.

Ma quando mamma si arrabbia, potrete supportarvi a vicenda in attesa di far pace;

A casa malati, potrete farvi compagnia;

E nell’attesa che l’altro sia pronto, potrete giocare ancora un po’.

Giacomo non avrai avuto sempre mamma che ti osservava, ma chiedi a tua sorella se non è una figata non avere la mia angoscia sulle spalle.

E Aurora, non avrai avuto tutti gli occhi dei parenti fissi su di te, ma chiedi a tuo fratello se lui era felice di tutti quegli sguardi.

Giacomo, non ti chiederò scusa perché l’arrivo di tua sorella ti ha regalato la possibilità di sentirti orgoglioso come fratello e soddisfatto come mio aiutante; di imparare a giocare da solo, di sapere quanto tu fossi amato: perché facevamo le costruzioni seduti in terra come prima, ma adesso mentre allattavo tua sorella. E io lo so che lo sapevi che stavo scomodissima, che mi faceva male tutto e che lo facevo solo per te.

Aurora, non ti chiederò scusa perché avere un fratello ti ha regalato la possibilità di amare tre persone anziché due. Di avere mille stimoli e di poter stare tranquilla, perché se vedevi tuo fratello felice, sapevi che andava tutto bene e potevi stare bene anche tu. Di sapere quanto tu fossi amata: perché facevo le costruzioni seduta in terra con tuo fratello e nel frattempo ti allattavo. E io lo so che lo sapevi che stavo scomodissima, che mi faceva male tutto e che lo facevo solo per te.

Ma soprattutto, non vi chiederò mai scusa perché essere fratelli vuol dire non sentirsi mai da soli.

E infatti, anche in questo caso, la vostra mamma sgangherata, queste parole stucchevoli, malinconiche, amorose, retoriche, che non sapete se ridere,piangere o mandarmi in quel posto, le ha scritte a tutti e due insieme.

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Mangiare in tranquillità con i bambini: What’s???

| mangiare, pappa, Senza categoria

Care Mamme,

Quanto tempo è che non vi fate una bella mangiata in santa pace? E badate bene che per “bella mangiata” intendo un piatto di pasta e una frutta…

Non vale quella sera in cui i figli erano dai nonni o quando siete uscite con le amiche.

No, parlo di una cena in casa, con marito e figli.

Mangiare per tipo 15 minuti stando sedute e chiacchierando. Entrambe le cose per tutto il pasto. E ari badate bene che per “chiacchiere” intendo tipo 3-4 frasi in croce.

Ve lo dico io quanto tempo è passato: l’età del vostro primo figlio meno nove mesi.

Perché da quando vedete quelle due lineette, potete dire addio a pranzi e cene rilassate, per molto, molto tempo.

Durante la gravidanza o avete la nausea, o non avete avuto la toxoplasmosi ed allora non mangiare quello-l’altro solo se stracotto-questo solo se congelato per 17 giorni e via così.

Quando allattate, o avete il bimbo in braccio e mangerete con una mano sola (ricordo che quando allattavo speravo che toccasse al seno sinistro all’ora del pasto, per poter usare la destra!) e se date il biberon ciao ciao-dovete fare a turno per forza; se sta per svegliarsi con una fame boia, trangugiate tutto roba che Mila Azuki mangiava il riso lenta come una novantanovenne sdentata. Chiacchierare??? Fate così fatica, che se respirate tra un boccone e l’altro è già tanto.

Quando state svezzando, non potete nemmeno più mangiare di fronte a lui perché ne vuole anche lui! E se vi siete gettate sulla parmigiana di nonna della sera prima, be’, otto chili di olio e di fritto alle 10 di mattina, non sono proprio consigliate dall’OMS per un ottomesenne! E quindi rigorosamente dopo di lui! In compenso però chiacchierate eh.. diamine! “Aaaaaaaam!” “Che buonoooooo” “in bocca a te, in bocca a te, in bocca al cannnnnnn, ammmmm!” Ecco.

Pensate di trovare la pace quando iniziano a mangiare da soli. Ma vi rimane tutto sullo stomaco dall’angoscia che si strozzino o che sia rimasto un pezzettino di carne più grande di quei cubetti da 0.5mm per lato che vi eravate imposte di tagliare. Ma anche se siete tranquille su questo aspetto, passerete l’intero pasto a pulire tutto quello che quel mini adulto riesce a sporcare in cinque minuti e nel frattempo anche se riuscireste a parlare, non sentireste le risposte di vostro marito a causa del rumore dei migliaia di alberi che vengono abbattuti ogni minuto per poter supportare l’uso delle 7846582 salviette umidificate che userete a ogni pasto.

Il bello inizia quando cominciano a mangiare come noi. E a parlare non ci riesci ancora. No.Ogni sera io e mio marito ci ritroviamo a chiederci come sono andate le nostre giornate quando i bambini dormono. E non perché non vogliamo coinvolgerli, ma perché ogni volta che pronunciamo  “ti dicevo…” Ecco che devono per forza e irrinunciabilmente parlare. Ma nel momento in cui chiedi loro qualcosa, muti! E quindi a tavola, le conversazioni sono un po’ come quando ti prende male in cellulare e capisci a pezzi e bocconi (modo di dire inventato da due genitori che non riuscivano a parlare mentre pranzavano!)

Quindi le chiacchiere stanno a zero come prima, ma ora non state nemmeno sedute.

Perché se prima dei bambini dovevi alzarti solo per prenderti una mela e se non ne avevi voglia te la prendevi dopo cinque minuti, ora no. Ora ti siedi e poi dopo un minuto uno vuole il prosciutto, l’altra lo yogurt, poi la frutta, poi il biscotto. Poi il grande voleva lo yogurt alla pera, non quello alla banana. Poi ti accorgi di non esserti messa il coltello. Poi l’acqua è finita. Poi è caduto il bicchiere pieno d’acqua e via a pulire tutto in terra. Poi la piccina ha più pasta sui pantaloni che nel piatto e via puliscila.  E piegati e alzati e ruota e salta. Fai una giravolta e falla un’altra volta.

Insomma. Per quanto siano impagabili questi momenti perché comunque pieni di gioia e allegria, le difficoltà digestive da “ingavonamento compulsivo” me le puppo io.

E allora nell’attesa di poter chiacchierare al più presto tutti e quattro insieme, intanto ogni mattina al risveglio, apro gli occhi e guardandomi le braccia, spero con tutta me stessa di non trovarne due, ma sei; e pure allungabili dalla tavola alla cucina.

E bon appetit a tutti.

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I Terribili due: verità o leggenda metropolitana?

| Senza categoria, terribili due

Terribili due

Care Mamme,

Lunedì Aurora compie due anni. Seppur felicissima, comincio a sentire dentro di me una vocina che mi dice: “Goditi ora quel fiorellino delicato che poi per un annetto si trasformerà in una pianta grassa”, “Non pensare che non cambierà, lo sai che cambierà!”, “Fai ora le commissioni più lunghe e noiose perché poi dovrai fuggire dai negozi con un sacco di patate urlante sotto braccio!”

Escludendo di essere schizofrenica, quelle vocine altro non sono che la mia memoria che mi ricorda quello che successe con Giacomo tre anni or sono, quando un giorno, in un negozio di giocattoli, senza che me ne accorgessi, sostituirono per 10 minuti mio figlio con un sosia posseduto dalla rabbia e dalle grida. Questi scambi sono avvenuti spesso, nel lasso di tempo di circa un anno. Non c’era altra ipotesi plausibile al fatto che il mio dolce, cicciottino ricciolino, ubbidiente, calmo e ridente, rispondesse con pianti, grida, urla, strepiti e chi più ne ha più ne metta, ad un semplice mio NO.

Dite la verità, che anche voi, che ci siete già passate, non avete pensato almeno per una frazione di secondo che si trattasse di uno scambio?????

Perché questi famosi “Terribili Due”, che credevo una leggenda metropolitana tipo quella per cui quando trovi il tuo abito da sposa senti suonare le campane, purtroppo care mie, sono pura verità.

E ok che psicologicamente parlando, è un bene che ci sia questa fase di opposizione che è necessaria per distaccarsi e crescere e bla bla bla. Ma come mamma, bene un corno.

Cioè io mi sbradipo e mi faccio in 76 per crescere un bambino felice, educato e amoroso per due anni – e poi va tutto a scatafascio? Ennò ragazzi, non vale.

Quindi mi sono incazzata. Sempre al di là di qualsiasi teoria psicologica, era una questione di mia autostima: non posso farmi mettere i piedi in testa da un duenne! (Anche se bradipa, ero al tempo, sempre una bradipa di 34 anni!)

Quindi non ho ceduto quando si buttava a terra a peso morto e dovevamo uscire;

Quando mi sfidava con lo sguardo;

Quando buttava in terra tutti i giochi per rabbia;

Quando si trasformava in un piccolo Hulk per non farsi mettere nel passeggino.

E alla fine, un bel giorno, c’è stato un nuovo scambio. Ma al contrario. E quel piccolo diavoletto della Tasmania, dopo un mio NO, ha detto “ok mamma”. E ho riavuto mio figlio.

Quindi mamme, se siete alla soglia dei due anni, fate come me, domani passate in farmacia e comprate degli integratori, da un negozio di sport ad acquistate una tenuta da combattimento, fate un respirone e via!

Sarà una sfida lunga, ma la vittoria sarà per sempre impagabile.

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Buon Compleanno! Che tipo di mamma sei?

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Care Mamme,

sono fresca fresca di un compleanno cinquenne e mentre osservavo la mamma del festeggiato, ho pensato a che complemamma sia io ed a quanti tipi ne esistano. Cioè il diverso approccio delle mamme ai compleanni dei propri bambini.

La Complemamma Chesisemplificalavita: è quella che quando si avvicina il compleanno del figlio, chiama l’ultimo posto dove è stata fatta la festa di un amichetto- a cui tutti si sono dvertiti tantissimo, prenota il pacchetto completo e torna a fare quello che faceva prima. Quelle con figli nati in estate e con giardino molto grande, prendono pop corn, succhi e patatine e tirano un pallone nel mezzo. Quando non c’è più un bambino senza un livido o una sbucciatura, la festa è finita. Niente ansie, niente stress, solo divertimento.

La Complemamma Meteoculona: è quella che adora l’aria aperta e quindi vuole festeggiare il compleanno del figlio fuori. Peccato che Ermanno sia nato il 3 di gennaio. Tu ti vedi arrivare a casa l’invito di una festa su un prato, sprovvista di luoghi di riparo nel giro di 7 chilometri e pensi che sia pazza. Ed invece il tre gennaio, ti svegli, accendi la tv e stanno  parlando del fenomeno meteoreologico pazzesco, che ha provocato  temperature primaverili e mega sole. E poi, il 4 gennaio nevica.

La Complemamma Bradipa: sono io. E’ quella che prenota il posto preferito del figlio, anche e soprattutto perché per fortuna in quel posto non deve fare niente se non recarvisi. <<E allora è uguale a quella che si semplifica la vita!>> Direte voi! Eh no, perché in questo caso si vivono con febbrile emozione  i giorni che precedono l’evento, con tanta ansia e poca organizzazione ( e si è sempre distratti da qualsiasi occupazione).

La Complemamma Relax: è quella che ha figli nati d’estate e che non sa cosa sia la pioggia o il freddo. Non si pone il problema. Lo fa al mare e stop. E quando incontra una con il figlio nato tra ottobre e maggio che subito replica <<E se piove?!>>, risponde: <<Sieee! Opperché dovrebbe piovere??>> e in effetti non piove mai.

La Complemamma Pronta a tutto: è quella che non organizza un solo compleanno, ma tre. Che vengono chiamati Piano A, Piano B e Piano C. Se pensate di non conoscere nessuno che appartenga a questa categoria, è solo perché i due Piani che non vengono attuati restano segretissimi. Perché il compleanno del figlio è una missione. Ammettiamo il caso di brutto tempo (Piano B). Lei ha organizzato tutto all’interno: maghi, pentolacce, regalini per i bambini…e se sentite del parlottio sospetto provenire da fuori, sono i tuffatori professionisti,  che con piscina, salvagenti e cuffie, sono nel magazzino, perché erano previsti in esterno, nel Piano A. Il piano C invece prevede un artista di strada specializzato in mimetismo. Che si è confuso in mezzo agli invitati perché entrava in gioco solo nel caso in cui il Mago del Piano B, avesse dato buca.

Il piano B, a sua volta è diviso in altri tre sottopiani:

B1) se tira vento dai 27 nodi in su, saluterà gli ospiti mettendo loro dei piombini nelle tasche, per non farli cadere mentre raggiungono la macchina;

B2) se piove trasversalmente, le persone verranno avvolte da una pellicola di nylon appena varcheranno l’uscita della festa;

B3) Se grandina,  verrà detto loro, che il compleanno era a tema “Bob l’aggiustatutto” e con il loro bel cappellino da cantiere giallo, giungeranno alla meta sani e salvi.

 

Qualsiasi tipo di complemamma siate, buon compleanno a tutti!

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Autonomia che palle!

| autonomia, Senza categoria

Care Mamme,

in questo periodo, dove mi giro mi giro, leggo o sento sempre parlare di AUTONOMIA.

In soldoni, quello che importa alle mamme, è far diventare il proprio bambino al più presto AUTONOMO.

E per questo, tendono a voler bruciare le tappe; scientificamente, vengono definite “mangiatrici di uova in culo alle galline”.

Avendo un figlio di cinque anni, posso dire che questa ansia non serve a nulla. Anzi, vi si ritorcerà contro.

Per esempio, quando sono incinte vorrebbero aver partorito perché hanno le emorroidi, ma solo perché non sanno dopo!!!!!!

Quando  finalmente ecco il neonato, lo vorrebbero di 3 mesi perché ora è noioso ed in effetti dopo sarà proprio uno sballo passargli continuamente davanti agli occhi i soliti tre pupazzetti!

Quando ha quattro mesi vorrebbero già svezzarlo perché dargli solo il latte non stimola la loro fantasia; invece fare il brodo ogni due giorni è emozionante come una Mistery Box di Masterchef!

Quando avrà 5 mesi vorrebbero stesse già bello seduto dritto e da solo, ma non avranno considerato che cadrà ogni sette secondi di fianco per rischiare di rotolare velocissimamente fino giù in cantina.

Quando starà seduto vorrebbero che gattonasse e quando gattona che camminasse, ma datemi retta, godetevi ancora qualche mese l’arredamento adulto, perché poi dovrete mettere ad almeno un metro e mezzo da terra tutto quello che avete di frangibile-prezioso-PERICOLOSO-troppo grande-troppo piccolo-non smacchiabile.

Calma bradipa, girls, che il tempo passa e arriveranno a fare tutto.

Ci sono mamme cui scatta proprio un campanello d’allarme. Devono rendere il loro bambino autonomo. Subito. Ora! Si alzano di scatto e partono, come se avessero lasciato la macchina in doppia fila e vedessero il carroattrezzi con la coda dell’occhio.

Come per il rito della nanna o l’educazione al vasino.

Quelle che a 6 mesi si smaronano ad addormentarlo nello stesso modo tutte le sere: bagnetto, massaggio rilassante, lampada proiettante, carillon ninnante e “lui & loro” immersi nella pace e nella tranquillità. Perché così prende una routine e diventa autonomo prima.

E poi una sera hanno amici a cena e allora son sorci verdi fino alle 3 di mattina.

Ma la mia stima più elevata va a quelle che si cimentano col vasino tipo dal quinto mese. Che sono così motivate che diventano autorevoli persino con l’intestino del bebè che oramai dà il meglio di sé solo tra le 7.34 e le 8.11 del mattino.

E poi in una bella mattinata al mare, devono correre a casa appena si sono spalmate completamente di olio solare, perché Ubaldino è diventato viola in viso e c’ha da cagare nel vasino!

E tutto ciò capita a tutti gli stili di mamme:

A una mamma “a basso contatto”  che spinge il passeggino con le punta delle dita ed il braccio steso all’estremo, che ha partorito suo figlio già con il biberon in mano ed ha sfiorato più volte l’idea di mettere la culla non in camera sua, ma direttamente sul balcone, fa tutto questo per renderlo autonomo.

E a una mamma “ad alto contatto”, che si muove tra fasce, allattamento a richiesta e cosleeping, che parlando con le amiche dirà che lo fa perché in questo modo suo figlio diventerà autonomo.

Io dico una cosa: se ad un figlio vuoi bene (e non hai disturbi di personalità!), autonomo ci diventa per forza. Chi prima, chi dopo; ma ci diventa.

 

E allora lasciate ‘ste povere galline in santa pace a fare l’uovo e nel frattempo magnatevi due spaghettini aglio e olio!

 

 

 

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Domani saranno grandi

| bambini, famiglia, Senza categoria

Care mamme,

oggi pomeriggio un brivido mi è corso lungo la schiena. No, non era influenza.

Avevo finito le faccende indispensabili per nutrirci e per non far mettere i sigilli alla casa dalla USL e sono andata in camera dove l’appenacinquenne stava disegnando e la quasiduenne mettendo in fila in una logica a me incomprensibile, dei personaggi dei cartoni animati.

Provo ad interagire con i due e ricevo in cambio dei mugugni. Un po’ come quelli che regalavo ai miei, quando mi chiedevano come era andata a scuola.

Sottotitolo: lasciami stare, non ho voglia di comunicare con te.

E all’improvviso, L’ANGOSCIA.

Ho pensato che tra un po’ non avranno più bisogno di me per giocare. Che servirò solo per intervenire nelle litigate, per cercare un maglione nell’armadio, per farsi dare la paghetta.

Diciamoci la verità, un po’ tutte noi, se stiamo sfaccendando e i bambini vogliono giocare, diciamo loro “aspettate” oppure “domani”.

E dopo l’angoscia mi son sentita una cacca. Perché a volte Miss Ansia entra nel mio cervello e dà un calcio nel sedere al bradipo che è in me. Non parlo di Miss Puntualità che ovviamente mi è utile ed è vitale per chi lavora ed ha una vita ad incastro, Miss Ansia ti rompe le palle e basta; quando non serve.

Insomma.

Mi son sentita in colpa perché a volte vado di fretta e mi agito quando non ce n’è bisogno.

Perché troppe volte mi arrabbio quando il cinquenne la sera per mettersi il pigiama ci mette un secolo. Perché vuole i grattini alla schiena, vuole che mi metta tutti i capelli sul viso e li soffi via, vuole che io faccia la sua voce e lui la mia, che si stia per un po’ abbracciati sul bidet;

Perché mi innervosisco quando mi afferra i vestiti per trattenermi quando gli passo vicino;

Quando ogni sera vuole che si vada tutti in bagno a vedere che ha schizzato apposta lo specchio mentre si lava i denti.

Perché sbuffo quando la duenne vuole fare le scale da sola, contando gli scalini ed io ho 54 pacchi a tracolla. Perché ha i suoi riti per rientrare in casa: deve stare un po’ in giardino, un po’ dalla nonna, un po’ a farsi leccare dalle canine. E si arrabbia quando non possono essere accontentati perché non può capire che tra “non ho fame” e “mamma ho fameeeeeeeeeee” ci sono delle azioni da compiere che non possono essere fatte in giardino;

Perché quando la cambio dobbiamo nominare tutte le parti del corpo. Se va bene solo due volte;

Perché a tavola dobbiamo fare finta 567 volte di prenderci la mano anche se siamo lontane.

 

E allora mi son detta, il tempo passa eccome. Anche se non sembra.

Se i bimbi ci chiamano, fermiamoci (ovviamente non se sono le 8.08 e alle 8.10 suona la campanella e voi siete sempre a casa). Che sia per una coccola, per un gioco, per una domanda apparentemente inutile; o anche solo perché non sanno come sbarazzarsi di una caccola.

Non diciamo loro troppi “domani”. Perché domani saranno grandi e ciao.

P.S. Che se poi vi chiamano tanto, magari avrete per qualche ora una casa bradiposamente incasinata come lo è sempre la mia.

P.S.2 Per reclami per l’articolo banale, scontato e stucchevole, rivolgersi a Miss Maliconia. La trovate in fondo a destra accanto a Miss Ansia.

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Bambini: omologare per non etichettare??? Meglio la filosofia bradipa

| bambini, educazione, famiglia, mamme, scuola, Senza categoria

Care Mamme,

Oggi sono polemica. Con nessuno in particolare, più che altro con la società attuale che in nome del non etichettare, sta rendendo tutti incasellati ed omologati. Ma è giusto omologare per non etichettare????

Al di là delle battute, credo che un po’ di filosofia bradipa farebbe bene a tutti. Cioè mettere un po’ da parte tutta questa fretta di far imparare, crescere, diventare autonomi e soprattutto tutti uguali. Lasciare invece fare al tempo, rispettare le fasi delle persone, in particolare dei bambini.

Tutto questo incazzamento nasce da un episodio che mi ha raccontato l’altro giorno una mia amica: sua figlia settenne, è innamorata della danza, ma per sua sfortuna non è affatto portata.

” La Ceci non ce la vedo per niente come ballerina eh?! Piuttosto una tipa da scarpe coi tacchetti che con le punte, ma si diverte così tanto che chi se ne frega!”

L’insegnante invece le ha detto che forse sarebbe meglio avvicinarla ad altre discipline perché non le sembra portata.

E allora mi sono messa a pensare a quando ero piccola io.

E in tutti gli sport o giochi di gruppo cui partecipavo, c’era sempre il più bravo, il più scarso, il più sfaticato. Nessuno ci vedeva niente di male. Ora no, in nome del fatto che non si deve giudicare, dobbiamo essere tutti uguali.

Ma porca vacca, a sette anni, se ti piace ballare, devi aver diritto di farlo. E a meno che tu non sia un’insegnante di una scuola di danza che vuole coltivare solo ballerini professionisti, non fai un discorso del genere. Lasci che la bambina se ne renda conto da sola…se non si sente una ballerina o se le piace talmente tanto, che lotterà più di altre per diventarlo.

E poi ho pensato alla scuola di oggi.

Non entro nel merito di situazioni seriamente e veramente critiche.

Parlo di bambini che si discostano dalla media per qualche piccola difficoltà o per  qualche caratteristica caratteriale. Adesso al minimo “pio” si corre da psicologi e company.

Sono psicologa, quindi non ho nessun pregiudizio verso la categoria. Ma quando queste figure professionali non servono, mi incazzo come una scimmia. Perché i bambini hanno diritto di crescere e di misurarsi con le loro peculiarità e non di sentirsi diversi perché non sono uguali agli altri.

Le diversità vanno riconosciute e rispettate.

E invece spesso, si pensa solo a “fornire gli strumenti” per non possederle più.

Ma questo non significa dare opportunità, significa vestirsi da idealisti, quando si è invece intolleranti.

Perché dare la possibilità ad un bambino di essere com’è e di decidere da solo cosa vuole cambiare in se stesso, è lo strumento migliore che si possa fornirgli.

Perché quando ero piccola mi dicevano che ero timida. E nessuno ha mai pensato di cercare di farmi diventare estroversa. Ero così. Ero così come chi era agitato, spilungone, cicciotto, preciso, mammone (ah io ero anche quello!), permaloso, geniale. Le classi erano belle ed allegre anche per questo.

Ma oggi, “il mondo è bello perché è vario”, non vale più.

Perché si è passati da un estremo all’altro:

Sessant’anni fa, se leggevi troppo lentamente o non riuscivi a scrivere velocemente e senza errori, ti davano un calcio nel sedere e via a lavorare.

Oggi, se non sai leggere bene o scrivere bene, non si concepisce nemmeno che il bambino abbia bisogno di più tempo (sie tempooo! Ignazio ha già sei anni e 125 giorni! Giosuè ha sei anni e 124 giorni ed è bravissimo) o che non sia portato; che farà un po’ più di fatica in italiano, ma cacchio a matematica va come un siluro (e Giosuè mica tanto, ma è nella media quindi nulla da dire).

No bisogna subito “rimediare”. E se il bimbo in questione è a disagio a causa della sua difficoltà ecc ecc è ovvio che si faccia bene.

Ma se Ignazio è felice e tranquillo, magari orgoglioso di come sia bravo in matematica, oggigiorno si rischia di farlo sentire “meno qualcosa”, sottolineandogli una diversità che non reputava assolutamente un problema.

Perché sessant’anni fa è vero, ti davano un calcio nel sedere, ma trent’anni fa, se leggevi e scrivevi lentamente, la maestra ti aspettava. E stop.

 

 

 

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