Questo racconto partecipa agli esercizi di scrittura
degli aedi digitali a tema il grande cocomero.

Venerdì scorso, io e Giacomo eravamo in macchina; procedevamo verso casa dopo la palestra. C’era molto traffico e in alcuni punti le macchine si muovevano a passo d’uomo. All’improvviso, alla mia sinistra, scorgo due ragazzi che catturano subito la mia attenzione per i saluti affettuosi che si scambiano come se non si vedessero da un’eternità.

Le macchine davanti a me ripartono veloci ed io che sarei voluta rimanere a vedere come andava a finire, ho approfittato di mio figlio stanchissimo e miracolosamente in silenzio, della luce romantica al calar del sole, ed ho inventato la storia di quei due. La scritta <<Alberto Giovannoni e figli>> sul camion davanti a me, mi ha fornito persino i loro nomi.

 

“Giovanna era una distratta quel pomeriggio. Aveva litigato con sua madre, con sua sorella, con la sua migliore amica e pure con quell’odiosa commessa che si ostinava a dirle come il verde petrolio le illuminasse il viso.
Era in ritardo per la lezione di chitarra e anche questo la faceva innervosire. Proseguiva a passo svelto sul marciapiede guardando i lacci delle sue scarpe che si agitavano veloci.

Alberto aveva finalmente finito il suo lunghissimo turno da cameriere. Il tempo di una doccia e di un panino, e sarebbe tornato di nuovo a lavoro. Si sentiva ogni giorno più stanco e più insoddisfatto e troppo spesso si chiedeva se quello che faceva avesse un senso.
Proseguiva lentamente sulla strada con un odore di olio fritto e deodorante che lo precedeva.

All’improvviso, comparvero uno davanti all’altra.

Giovanna e Alberto non erano due passanti che si trovavano sullo stesso marciapiede per caso. Erano due amici che si erano persi perché non si erano mai più trovati sulla stessa strada.

Si erano allontanati in quinta superiore, per colpa amici ed amiche di cui non ricordavano neanche più il nome e per motivi che ad oggi sembravano meno che insignificanti.

Nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di chiamarsi, di cercarsi su Facebook, frenati dall’orgoglio prima e dalla paura di essere inopportuni poi.

Abitavano nella stessa piccola città, ma non si erano mai più visti.

Erano passati 10 anni. Più di 120 mesi da quella mattina emozionata e sudata della maturità.

Si erano salutati con un  “Ciao” dato con sufficienza come ogni mattina, ma non ci fu un domani per dirselo di nuovo.

Così, quel pomeriggio di ottobre, verso il tramonto, si guardarono titubanti. Alberto e Giovanna erano a un metro uno dall’altra.

Lui non aveva più i capelli arruffati e il fisico scheletrico. Ma aveva ancora lo stesso sguardo vivo.

Lei aveva ancora i capelli lunghi e il fare impacciato. Ma non si mangiava più le unghie ed aveva un bello smalto rosso.

“Ciao”. Era arrivato quel domani in cui dirselo di nuovo.

Per qualche secondo rimasero immobili. Ripensarono a Michela e Luca che li avevano fatti litigare, al bar “Cactus” dove si ritrovavano sempre, al diario dove si scambiavano dediche, che ognuno conservava in fondo al cassetto del comodino. Ritornarono in meno di un secondo a quei giorni, ebbero la sensazione di essersi persi poco prima, addirittura forse, di dover tornare a scuola il giorno dopo.

Poi comparve un sorriso sui loro volti.  “Non ci credo!” dissero ridendo, e si abbracciarono.”

E da quel pomeriggio, non si mancarono più.”

 

Ho scoperto solo ieri l’esistenza del Grande Cocomero. La notte di Halloween infatti, può chiamarsi anche notte del Grande Cocomero che arriva a portare doni e regali come una sorta Babbo Natale autunnale.
Ma se a dicembre chiediamo tutti oggetti materiali, mi piacerebbe istituire questa ricorrenza per richiedere buoni sentimenti.

Caro Grande Cocomero,

Perdonami se non prendo carta e penna, spero tu sia un tipo che ha confidenza con la tecnologia e bazzichi i blog, perché questa settimana parliamo di te.

Io ad esempio, ho visto due ragazzi che si mancavano l’altra settimana. Il destino li ha fatti incontrare.

Il 31 ottobre, quest’anno, ti chiedo un favore, laddove il destino non riesce.

Se puoi, fai in modo che i marciapiedi di chi si manca si incrocino.

 

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