Mamma Bradipa ironica

Mamma, Babbo Natale esiste?

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babbo

Houston abbiamo un problema!

Natale si avvicina ed io sento le renne che mi alitano sul collo e gli elfi che mi picchiettano con le dita sulle spalle per sapere se ho deciso.

“Mamma, Babbo Natale esiste?” Ecco cosa devo decidere: Cosa rispondere.

Giacomo non mi ha ancora fatto questa domanda, ma qui siamo a cinque anni e 8 mesi e nel bel mezzo delle questioni esistenziali.

Devo essere pronta. Devo allenarmi. Mi sto esercitando a reagire alle domande velocissimamente, giro con le cuffie e rispondo al maggior numero possibile in un minuto.

Perché gente, quando succederà, non è che posso dire “chiedilo a tuo padre” come nei film. O fingere uno svenimento, o un’afasia momentanea.

Devo essere reattiva. Domanda-Risposta. Ta-Ta.

Allora. Ragioniamo sulle possibilità che ho:

Emh…due. o no.

Ni? Non esiste.

Dire “sì” così tanto per..? Escluso. Lo so che poi mi guarderebbe negli occhi e mi direbbe “Dì la verità mamma!” ed a quel punto sarei fritta.

Ma non posso nemmeno sentenziare “No” se non ne sono strasicura, perché poi indietro non si torna.
Quando mi dissero di NO, non la presi bene. Credo che mia madre se ne sia accorta, visto che il 25 mattina, fino a che non sono andata a convivere, ha continuato ad aprire la porta del salotto dicendo “Sarà passato Babbo Natale?”…

Quindi?

Quindi potrei rispondere sì fino ad un’età stabilita, per esempio.

Diciamo fino alle medie. (Qualcuno crede ancora a Babbo Natale alle medie? Comunque…).

Mi sono anche detta che però devo trovare una risposta che poi possa essere giustificata nel momento dell’effettiva scoperta. Cioè non posso mentirgli spudoratamente se me lo chiede. Mettiamo che insista, che mi guardi con i suoi occhioni in cerca della verità…

Potrei incastrarlo con una roba matematica. Tipo che esiste, in modo indirettamente proporzionale in base al numero dei suoi anni o una roba simile.

Oppure infilarci lo spazio? Gli piace un sacco. Una roba sulle galassie o sui pianeti ancora da scoprire su cui potrebbe vivere la”famiglia Natale”.

Che poi, parliamoci chiaro, che vantaggi ci sono a dire “No”? Nessuno.

In più,  saranno molti di più gli anni in cui non crederà a Babbo Natale rispetto a quelli in cui lo farà, perché privarlo di alcuni dando credito ai suoi dubbi?

Quindi dai, gli dirò di sì. Punto.

Anche perché, finché ci crede lui, posso crederci anche io.
Perché se devo essere proprio sincera sincera, io a Babbo Natale ci credo ancora.
Rivisitato e corretto, ma ci credo.

 

P.S. Questo articolo si autodistruggerà non appena Giacomo avrà imparato a leggere!

 

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Ode all’aerosol

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Inizio ridendo. Perché l’ultima volta che ho cominciato il titolo di un articolo con “Ode”, era per quella al bagno in mare. E già qui si può, come dire, intuire una certa differenza tra le mie passioni estive ed invernali ed il perché del mio amore per l’estate.

Ma torniamo all’aerosol.

C’è chi lo ama, chi non lo conosce, chi lo odia e chi lo trova inutile.

Ma io oggi non voglio fargli un’ode per i suoi aspetti positivi. NO. La faccio semplicemente perché ha poteri magici!

Sì avete capito bene. Ne ha almeno 4. Per chi non sa di cosa sto parlando, mi spiego meglio.

  1. Lancia maledizioni. Provate.  Pinuccio nostro sta bene, è bello “pulito”; non tossisce, non smoccica, non ha il minimo abbassamento di voce. In un immaginario vocabolario umano, nostro figlio sarebbe la voce “bambino sano”. A questo punto provate a riporre l’aerosol nel mobile. Entro 72h un membro qualsiasi della famiglia ne avrà bisogno.
  2. E’ un portafortuna. D’altra parte però, tenerlo in bella vista in salotto, porta bene. Al primo colpo di tosse basta guardarlo e un’onda di salute invaderà la stanza come l’ambipur a cellula fotoelettrica. Per questo motivo faccio appello alle case di produzione: se ne faceste modelli a forma di pianta, di vaso o di orsacchiotto, sarebbe molto più facile tenerlo esposto. Nel frattempo, sarà inconfondibile in tutte le nostre foto casalinghe scattate da ottobre a maggio.
  3. Non invecchia. Nell’85 mi provavo la febbre col termometro a mercurio, gli sciroppi erano a gusto vomito o cerume, prendevo le vitamine in gocce e facevo l’aerosol. Oggi, ai nostri figli possiamo controllare la temperatura corporea direttamente sulla fronte come nei cruscotti delle auto, gli sciroppi sono al gusto che desideri come quelli di Mary Poppins e le vitamine sono contenute in gustosissime caramelline gommose. E fanno l’aerosol.
  4. Mette l’anima a posto. Diciamoci la verità: far fare l’aerosol ai bambini è terapeutico. Ma non per loro. Per noi mamme. Perché dire “gli ho fatto l’aerosol” ci mette a riparo da qualsiasi morso della coscienza e ci convince di aver fatto il nostro dovere. Soprattutto zittisce chi cerca di coglierci in fallo. Perché noi diciamo aerosol, ma mica sveliamo cosa ci mettiamo dentro. Ed allora, potremmo averci messo anche l’acqua dei fagioli che abbiamo scolato per cena, ma appena un colpo di tosse inarcherà il sopracciclio di zia Abelarda, basterà dire AEROSOL e saremo a posto: “Ah bè, se gli hai fatto l’aerosol!”.

Un piccolo appunto: vorrei che ci fosse una raccolta premi.
Un bollino per ogni volta che fai l’aerosol. Io li avrei tutti.
Anche il robot da cucina che puoi avere con 465289 punti più 999€ oppure gratis con 74502560324234 punti.
Io lo avrei. Gratis naturalmente.

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La cosa che mi fa arrabbiare di più

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Parliamoci chiaro, ci sono giorni che i nostri figli ci mandano fuori dai gangheri.

Quando dobbiamo farne 986592 e loro fanno di tutto per rallentare le cose;
quando invece bisogna aspettare tre minuti e scalpitano come puledri.

Quando abbiamo deciso di sperimentare una nuova strepitosa ricetta e loro la schifano;
quando prendono la pasta al pomodoro al ristorante, ne mangiano tre piattate e dai tavoli vicini ti bisbigliano “signora ma queste povere creature hanno fame!”

Quando devi fare una telefonata importante e cominciano a litigare.

Quando hai un bisogno impellente di andare in bagno, ma ti chiamano come se fosse successa la tragedia più irrimediabile.

Poi ci sono volte in cui siamo noi ad essere nervose a prescindere e siamo simpatiche e gioviali come la Regina Grimilde.
Tipo quando siamo malate (ma operative ovviamente), quando abbiamo litigato con amici e parenti fino al terzo grado; o quando abbiamo il ciclo. Circa tutti i mesi tra l’altro. Il secondo giorno per esempio, si manifesta con così tanto dispendio di sangue, da cancellare la parola amenorrea da tutti i dizionari.

In tutti questi casi, c’è una cosa che mi fa imbestialire sopra tutte. E’ il “piede a martello” quando aiuto i miei figli a mettere i pantaloni. Il piede a martello, ancor più se sudato, sfida senza successo tutte le leggi della fisica e conferma quella dell’impenetrabilità della materia.

I miei figli, che se prometti ad esempio, che dopo 78 giorni comprerai loro un regalino, il settantottesimo giorno, come mettono i piedi giù dal letto, se lo ricordano; ma non si ricordano di piegare il piede. Mai.

Io peraltro non mi ricordo mai di mettermi comoda come se dovessi leggere un buon libro, perchè – confidando in un’operazione veloce, mi ritrovo ogni volta in pose assurde miste tra il Gobbo di Notre Dame e una contorsionista del Cirque  du Soleil. E infatti dopo 32 secondi mi viene un terribile dolore alla cervicale e il nervosismo si moltiplica per 560.

Faccio appello alla forza sovrumana di Hulk, alla flemma di un saggio Maestro di Karate;

Mi interrogo sulla “troppo scarsa elasticità” dei pantaloni e della ancor più scarsa collaborazione dei bambini.

E niente, ogni volta mi arrabbio come una scimmia.

 

E a voi, cos’è che vi fa “chiudere la vena”?

 

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I dubbi amletici dei regali di Natale

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Salve gente,

siete pronti per Natale?

Eh sì perché appena finito Dolcetto o Scherzetto, in poche ore, tutto diventerà a tema Natalizio.

Le Zucche, i Fantasmi e i Pipistrelli – si trasformeranno in Abeti, Babbi Natali e Renne.

Così come a Luglio abbiamo dovuto comprare i maglioni di lana, dal 2 di novembre (solo perché il 1° è festa), con ancora gli occhi mezzi neri per il trucco di Halloween, dovremo buttarci nei negozi per comprare tutto quello che ci piace, perché si sa, sennò poi finisce.

Insomma, pochi giorni e l’Ansia per la corsa ai regali di Natale sarà ai posti di blocco.

E allora dubbi amletici ci assaliranno.

Innanzitutto a CHI fare il regalo.

Ma Claudia mi farà il regalo? Se poi me lo fa e io non ho niente? E se invece io lo faccio e lei no? Non posso darglielo, la metterei in imbarazzo…

Se a mio marito dico “quest’anno regali solo ai bimbi”, mi comprerà lo stesso il regalo ed io mi sentirò in colpa? E se invece io glielo compro e lui no, penserò subito che non mi ami più?

Ma quanto bisogna spendere per i figli degli amici? E per i nostri amici?

Io tutti gli anni ci casco. Sempre la stessa solfa.

Poi si passa alla questione COSA regalare

E allora c’è stata la volta dell’ideona di fare a tutti la stessa cosa. Dai dai dai! Ai maschi una cosa ed alle femmine un’altra e in un giorno hai iniziato e finito! Ti senti furbissima, un mito assoluto e poi ti ritrovi la vigilia di Natale a ricordarti terrorizzata di aver regalato un dopo barba per tuo zio che non si rade dal ’98 e uno smalto a tua cugina che si mangia le unghie da ancora prima.

E poi l’anno del “Ma no dai, qualcosa di personale per tutti!” Ma è matematico che ognuno di noi ha qualcuno cui deve fare un regalo che non ha hobby, passioni, necessità e ogni volta ti ritrovi a pensare se sarebbe proprio brutto fare solo un biglietto di auguri.

Infine il dubbio di QUANDO comprare. Perché quando mi convinco che comprerò ad ispirazione, senza pianificare a tavolino, mi ritrovo ogni anno a novembre, appiccicata ad una vetrina a pensare:

Carinalacompro! Manodaimancatantotempo! Setroviqualcosadimeglio? Lacomprocomeriserva…Masenonhaiunaliramancoperiregalicerti…

E se non la compro…poi non trovo mai niente di meglio.

La compro…e i giorni successivi trovo 27354925 cose che sarebbero state 385739507 volte meglio.

Avete capito di cosa parlo vero? E siete pronti a tutto questo?

Io quest’anno ho deciso di “ansieggiarmi” felicemente, perché una vocina dentro me mi ha ricordato che nessun CHI, COSA o QUANDO sarà mai un problema in confronto al vero grande ed immenso dilemma del Natale:

Cosa rispondere ai nostri figli quando ci chiederanno:

MA BABBO NATALE ESISTE??????????!!!!!!!!

 

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La vita non è un film

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Ho sempre invidiato la complicità dei due attori protagonisti dei film di azione.

Passano gli anni, migliorano gli effetti speciali, ma la trama gira e rigira è sempre la stessa:

Intanto sono due fighi intergalattici. Lui ovviamente stile bello senz’anima e lei stile puppe senza reggiseno. All’inizio si odiano; di solito lui è un po’ pesante con le battute e lei un po’ troppo veloce sui tacchi (sì avete letto bene, tacchi) e non stanno mai a meno di un metro di distanza.

Ma poi succede qualcosa di pericoloso/romantico/tragico/tenero per cui lei capisce che lui è la persona migliore del mondo e che è così odioso perché ha sofferto terribilmente da bambino a causa delle più disparate disgrazie.

A quel punto i due diventano inseparabili.

Le donne che guardano il film a questo punto fanno il conto alla rovescia per vederli innamorarsi.

Gli uomini continuano a domandarsi quello che si son chiesti dalla prima scena: lei si spoglierà?

Comunque. Il film prosegue e verso la fine, c’è ovviamente la sequenza più pericolosa ed emozionante.

I due, che amichevolmente chiameremo James e Bonda, si trovano a metri di distanza, barricati dietro oggetti di fortuna, piovono cattivi ovunque, loro sono feriti e come arma, hanno un coltellino da campeggio in due, ma….

…Bonda annuisce con la testa guardando James e lui fa lo stesso come a dire “ci siamo capiti”.

Tu pensi che Bonda  abbia sentito un <<prè>> e abbia subito sgamato James che “confessa” l’imprevista flatulenza;

O che improvvisamente una radio trasmetta Pasito Pasito e con quel gesto del capo non possano che essere d’accordo nel dover iniziare a ballare e vaffanculo il pericolo.

E invece no. James comincia a mimare convulsioni per distrarre il nemico, intanto Bonda fugge veloce (sui tacchi) ad inserire un codice che tutti noi spettatori sappiamo che solo James conosceva, poi lancia una monetina da 5 centesimi in aria e James capisce che deve fare una mossa di Super Mega Uga Uga Ninja per atterrare i cattivi che erano arrivati a controllare il suo stato (solo perché ovviamente serve VIVO); se fosse stata una monetina da 10 cent avrebbe dovuto cominciare a ballare la Macarena ed annientare il nemico con un colpo d’anca durante il cambio direzione al momento del “AE’ “!.

Ovviamente tutto finisce benissimissimo con i due che si baciano e si sussurrano “tra noi basta uno sguardo per capirsi”.

(Ah, lei non si spoglia).

Ora cambiamo scenario.

I nostri protagonisti sono Bradipo e Bradipa che sono alle prese con i nemici più feroci di sempre: nervosismo e stanchezza. Nella scena finale, quella più pericolosa, arrivano due gnomi in disaccordo che espongono i loro punti di vista. Uno dei due, conclude il discorso dicendo: “mamma, papà, ho ragione io, vero?”

…Bradipa annuisce con la testa guardando Bradipo e lui fa lo stesso come a dire “ci siamo capiti”.

Ma ovviamente, Bradipo dice un convinto NO e Bradipa, un deciso SI’.

Ciao ciao “finale benissimissimo”.

Si ritirano per deliberare, riescono esanimi a trovare un accordo e a far tornare la pace in famiglia, dopo aver sudato sette camicie (magliette va, che lavare e stirare le camicie è troppo faticoso).

 

Che la vita non fosse un film, lo sapevamo già.

Ma cazzo, un minimo di culo con il 50% di possibilità no eh!?

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Tipologie di mamme dal pediatra

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L’ultima volta che sono andata dal pediatra, ci sono stati degli intoppi logistici ed ho dovuto aspettare parecchio. Per fortuna dovevo solo recuperare delle ricette ed ero senza bambini.

Così mi sono messa ad osservare le varie tipologie di mamme che erano lì in attesa.

L’ANSIOSA. Ha un bambino al di sotto dei sei mesi; non conosce ancora i cocktail di virus da asilo, ma ne ha sentito le più dettagliate descrizioni. Per lei andare dal pediatra, è più una sfida a non far peggiorare il figlio, che la possibilità di farlo star bene. La si riconosce perché si affaccia intimorita alla porta e con voce flebile domanda: “Ehm scusate, siccome mio figlio ha 73 giorni, c’è qualche bambino che sta male? Perché sennò magari, ecco, aspetto fuori e mi chiamate quando è il mio turno…”. In risposta, solo degli sguardi alla MaFallaFinita e quindi si rassegna a fare dentro e fuori 57 volte. Quando arriva il suo momento, schizza dentro allo studio quasi in apnea e con un fagottino in braccio con la tuta gialla alla Virus Letale.

LA PRATICAMENTE MEDICO. Classicamente è logorroica e dopo un minuto sa tutte le problematiche di tutti i bambini presenti e pure dei loro parenti di primo e secondo grado. Per un momento ti domandi se è una tirocinante del medico che prima della visita recupera le informazioni necessarie. Ma poi comincia a raccontarti i sintomi di suo figlio dalla nascita, alla mattina stessa. E come ciliegina sulla torta aggiunge “Sai l’ho portato a far vedere, ma lo so già cosa devo fare figurati…al giorno d’oggi con internet che ci vuole…basta un po’ di paraceTImolo e un po’ di areosò!” Oddiamine! Come darle torto!!!!

LA DEVO FARE SOLO UNA DOMANDA. Non mi dite che non ne avete mai incontrata una perché non ci credo. Entra trafelata, sudata, con un sorriso a 45 denti e chiede chi sia l’ultima. Fin qui nulla di male. Ma poi comincia a dire “Ah io devo fare solo una domanda!” agitando le chiavi davanti al viso, come a volerci ipnotizzare a pensare chiavi in mano=rapidità. Il medico apre la porta e lei con sguardo così dolce che Bamby in confronto era un cerbiattaccio malefico, dice “Posso entrare un attimo, solo una domandina”…una giravolta, i capelli fluenti che distraggono e bum la porta si chiude. Con loro dentro. E ovviamente si riapre dopo 43 minuti.

L’UNTRICE. Arriva con minimo due bambini tra i due e i sette anni che amano girellare nella sala d’aspetto. Tossiscono come draghi senza conoscere la possibilità di poter mettere una mano davanti alla bocca a limitare sputacchi infetti e si asciugano il naso colante con la mano mentre toccano tutto; perché la loro mamma, non ha MAI fazzoletti. Accorgendosi degli sguardi angosciati degli altri genitori, dice ai bambini “state buoni che avete 39.3 e tutte quelle macchie sospette addosso! Via abbiate pazienza, ora tocca a noi così il medico ci dice se siete contagiosi…”e tu ti maledici per aver portato tuo figlio, perfettamente sano, a fare il bilancio di crescita proprio oggi.

L’ORGANIZZATA DAI TEMPI STRETTI. Di solito è una mamma impegnatissima che ha i minuti contati per la visita dei bambini. Quindi li porta con una mise interamente con gli strappi per velocizzare le operazioni di svestizione e vestizione, facendo invidia ad Arturo Brachetti ed ai più veterani spogliarellisti. Le domande sono tutte stampate su un foglio ed anche le possibili risposte, in modo da dover semplicemente barrare con una crocetta quella corretta. Arrivano esattamente quando è il loro turno, facendo dei complessissimi calcoli tra l’orario di appuntamento e il ritardo maturato dalle visite precedenti. Arrivano, si fanno visitare ed escono in 13 minuti netti.

Poi è stato il mio turno: L’OSSERVATUTTIPERCHE’DEVESCRIVEREILSUOBLOG. Se in sala d’attesa vi accorgete di una che vi fissa, sappiate che sono io! Uahahahahahahaha (risata malefica).

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L’intestino prima e dopo i figli

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Care Moms,

ricordate il vostro risveglio prima dei figli?

Io facevo colazione con calma e aspettavo che il mio intestino mi chiamasse a rapporto.

Scommetto che tra di voi, c’è a chi bastava il caffè, a chi serviva la sigarettina – in ogni caso, prima di uscire si andava in fondo a destra.

Poi si rimane incinte. E le persone ti dicono “Uh si vede già la pancia!” e tu fai un sorriso fasullo, sapendo benissimo che tipo di pancia sia.

Poi si partorisce, e si spera di non dover andare in bagno per almeno 10 giorni.

Poi si comincia con il co caching.

Essì. Tutti a parlare di ‘sto co sleeping, ma dite la verità, almeno il primo mese, due volte su tre andavate in bagno col piccino.

Il detto chi non la fa in compagnia è un ladro o una spia, l’ha sicuramente inventato una mamma.

Ma il bello arriva quando cominciano a parlare ed intendono commentare quello che state facendo.

Non so voi, ma io mi trovavo al quanto in difficoltà. Non tanto per la vergogna, quanto per il bisogno di concentrazione.

Così cominciai ad allenare il mio intestino ad attivarsi ad un mio segnale mentale. Così potevo  fuggire in bagno mentre i bimbi guardavano un nuovo episodio del loro cartone preferito, o appena avevano aperto un gioco nuovo, o subito dopo aver preparato loro una merenda che poteva sfamare 6 persone.

Certa di qualche minuto di pace, socchiudevo la porta e mi sentivo come quando si chiude un portale e tu sei al sicuro lontano da tutti. Ma anche se la accostavo piano piano, 3,2,1 e…fine della solitudine e inizio della compagnia di bambini e di mille problematiche non rimandabili.

“Mamma dobe seiiiii?”

“Mamma perché hai chiuso la porta, che fai?”

“Mamma mi sono fatta male qui, dammi un basinoooo!”

“Mamma sei pronta? Mi devi riempire l’acqua/rimettere un cartone/ imbiancare camera/ cucirmi il vestito di carnevale…”

Evidentemente, << accosta una porta, girati e avviati con passo fiero verso il wc >>, deve essere una sequenza magica “richiamabambini” (devo ricordarmi di attuarla quando dobbiamo uscire di fretta).

A nulla è servito preavvisarli di un bisogno impellente (anzi peggio) o minacciarli di far loro il minestrone per cena; Dopo massimo 13 secondi, arrivavano.

E allora?

Ed allora ho cominciato a sparire all’improvviso, a mimetizzarmi tra i mobili e ad intimare al mio intestino di correre come Bolt.

Dopo anni di allenamento, quasi sempre nemmeno si accorgono che sono mancata per qualche minuto. Al loro primo richiamo sono già bella e pronta in posa da ginnasta che ha finito il suo esercizio.

 

Anche voi avete questi problemi? Volete anche voi avere informazioni sulle mie tecniche di intestin-coaching?

Potete mandarmi una mail a infondoadestra@evvivalapopò.

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Volevo essere Mary Poppins

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A pensarci bene, la linea che separa una mamma con i contro C., che educa suo figlio facendosi largo tra bizze e difficoltà e una mamma intransigente ed opprimente, è sottilissima.

Ma anche nei bambini di ultima generazione, le istruzioni non esistono, nemmeno da scaricare nello Store.

Mille dubbi, tantissime incertezze, infiniti “se avessi fatto così”, sono all’ordine del giorno.

Giorni in cui ci sentiamo le più pignole Signorine Rottermaier ed altri, le più libere Heidi.

Circondate da continui commenti di chi ha preso la laurea in Bambinologia ed Educazione con i bollini del benzinaio ed ha avuto persino uno zaino termico in regalo.

Arriva la zia Pinuccia che sbraita: “e lascialo fare ‘sto ragazzino che è piccino!”, ma sua sorella, zia Armanda ribatte: “Ennò! Se non lo tiene a bada, l’avrà perso per sempre!”

O Santa Polpetta!!!! Che angoscia! Come ti muovi ti muovi, o ti ritroverai uno stoccafisso che dice solo “Sì certo mammina!” o un rottweiler che ti ringhierà di andare a quel paese sette giorni su sette.

Bel dilemma.

Ci pensavo proprio in questi giorni all’ansia da prestazione che avevo con Giacomo piccolo. Quella per cui non solo non sai come sarà il domani, ma quasi quasi nemmeno la sera stessa.

Un po’ come quando si impara a guidare, di fronte a certi suoi comportamenti dovevo ripetermi la sequenza frizione-acceleratore-freno per non rischiare di sfracellarmi in un muro.

Per quanto tempo va bene che guardi la televisione? 34 minuti? 47? 19,23 o 116?

A che ora è meglio che vada a letto? E quanto deve mangiare prima di poter mangiare un dolcetto? O i dolcetti non vanno dati?!?!?!

La mia ansia era così feroce che stava diventando anZia.

Così, un giorno decisi di scrivermi le istruzioni da sola.

E tra la Signorina Rottermaier e Heidi, scelsi di ispirarmi a Mary Poppins.

Ahhhhhh sì, lei sempre così sicura, sorridente, capace in ogni momento di capire cosa fosse opportuno e cosa no; ma soprattutto, capace di mettere a posto la stanza dei bambini con uno schiocco di dita!!!!

Una borsa sempre piena di mille cianfrusaglie l’avevo, qualche anno di danza alle spalle mi permetteva di poter tenere i piedi in quel suo modo buffo –  e mi sarei potuta attrezzare per un ombrello con manico a forma di pappagallo.

Cominciai a cantare con i passerotti e a dire “opplà” ogni due parole.

Un giorno decisi di misurare la mia altezza, certa che avrei trovato scritto. “Praticamente perfetta sotto ogni aspetto”.

Ma con mio grande stupore, trovai un altra dicitura:

Com’era mai possibile? Mi indignai!!!!

Ma poi mi si accese la lampadina e capii l’unica cosa vera di tutta questa storia:

che noi mamme dobbiamo fare quello che ci sentiamo e non quello che ci dicono gli altri. Sia se siamo delle istitutriciinside, degli spiritiliberi o delle mammebradipe come me. Possiamo chiedere consigli, farci aiutare, ma ascoltiamo quello che dice il nostro cuore.

Non ci serviranno poteri magici, ma solo il nostro istinto.

Nulla ci vieta comunque, di sperare sempre in un po’ di magia portata dal vento!

Vento dall’est
la nebbia è là
qualcosa di strano fra poco accadrà.
Troppo difficile capire cos’è  
ma penso che un ospite arrivi per me.

 

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Asilo: quello che le mamme vorrebbero sentirsi dire dalle maestre

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Care Mamme,

l’asilo è cominciato ormai da un bel po’ – e con lui, anche il solito trantran porta e riprendi, porta e riprendi.

All’uscita, ci sono quei secondi in cui la maestra vi guarda, in una frazione di secondo collega il genitore al figlio corrispondente e poi, un sorriso ed uno sguardo accompagna il passaggio del bambino dalle sue alle vostre mani.

Ogni volta si conclude tutto con un “a domani”, ma chi di noi non spera che in quel momento la maestra ci dica qualcosa? E ognuna di noi qualcosa di diverso.

A quale mamma somigliate di più?

 

L’asociale: Questa mamma spera che la maestra dica che dal giorno dopo i bambini vengono consegnati a domicilio così non dovrà vedere più nessuna mamma. Anzi, che non le venga detto proprio nulla, ma che venga informata per scritto senza dover colloquiare. In subordine, si accontenta che la maestra non la guardi, non la saluti e non debba comunicarle NIENTE. Prega che i laboratori di Halloween e Pasqua vengano aboliti e le recite di Natale e fine anno, VIETATE.

La sognatrice: Arriva all’asilo volteggiando come nelle pubblicità degli assorbenti con le ali. Attende con impazienza che la maestra incroci i suoi occhi e ogni giorno , indugia quei due-tre secondi nella speranza che l’insegnante la fermi e le dica più o meno questo: “Signora, ma suo figlio è meraviglioso! Ho visto tanti bambini in vita mia, ma mai un ragazzino così sensibile, intelligente e dotato! Pensi che stiamo pensando di promuoverlo direttamente in quinta elementare! E poi ha decorato tutta l’aula incollando micro tessere di mosaico e formando la figura di un ornitorinco! Si vede che ha una mamma straordinaria!” Ogni giorno indugia, ma non succede proprio nulla e così se ne va via spegnendo passo dopo passo il suo sorriso a 45 denti.

La stressata: Di solito è sempre nervosa perché circondata da mamme sognatrici con figli super tranquilli e si sente sempre un po’ fuori luogo ed incompresa. Le sue amiche parlano di come il giorno prima abbiano ricamato a punto croce con i figli, mentre lei pensa che il suo, ha fatto una gara di caccole col fratello. Le dicono di come sia facile essere mamma del loro bambino, così amorevole e quieto e medita di lasciare il suo qualche ora a casa loro per vedere se le ritroverà con i capelli perfettamente in piega o come i suoi, –  che sembrano sempre reduci da un tornado. Così, un po’ incazzata e un po’ depressa, arriva a scuola aspettandosi come al solito di sentirsi dire che suo figlio è << solo un po’ vivace>>, quando per lei, è una pallina salterina impazzita che non si ferma mai e che combina guai ad ogni rimbalzo. Facendo appello a tutti i Santi che conosce, con tutta se stessa si augura un giorno di sentirsi dire: “Signora mi dia il cinque. Stare una mattinata con suo figlio manda in tilt qualsiasi cervello! Dovrebbero farle un monumento per non essere impazzita standoci tutti i giorni! Brava! Mitica!”

La preoccupata: Ha sempre paura che il figlio ne abbia combinata una delle sue ed arriva all’aula con le dita incrociate dietro la schiena. L’anno precedente, un giorno aveva tentato di sradicare un alberello in giardino, l’altro, di nascondere i grembiuli di tutti i compagni, un altro ancora, di allagare il bagno e così via. Controlla che all’entrata non ci siano Carabinieri od ambulanze perché così almeno non è successo niente di grave. In ogni caso, si aspetta con terrore lo sguardo castigante dell’insegnante e mentre arriva con gli occhi puntati a terra, confida che arrivi il giorno in cui si senta dire: “Signora da ormai 10 giorni suo figlio è proprio bravo! Ormai è maturato! Si vede che ha una famiglia alle spalle che lo segue e lo supporta!”

 

E poi ci sono io, che ogni volta spero che mi dicano “Abbiamo istituito l’entrata alle 10.30 per chi ha problemi di sonno”. Ma non succede mai…!

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Piccolo spazio pubblicità

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Da quando vidi What Women Want, guardo le pubblicità con un altro occhio.

Penso a chi ha studiato, preparato bozze, avuto la meglio tra le idee in ballo – e chi invece ha fallito.
Penso a come è stata girata, a come potrebbe essere stato il set e così via.

Poi però penso se mi piace o no. Per quanto possa piacere una pubblicità ovviamente.

Da qualche tempo sul web, impazzano i commenti per una nuova pubblicità di una merendina. A chi piace, a chi no – fatto sta che tutti ne parlano e quindi in termini pubblicitari ha fatto centro.

Molte pubblicità sono promo di avvenimenti televisivi o hanno un contenuto preciso e puntuale, ma visto che ho un blog di mammitudine e dintorni, mi sono focalizzata su quello che io come mamma, penso di fronte alla tv.

Quindi? Categorieeeee!

Per bambini: sotto Natale, Befana e Pasqua, le passano milioni e milioni di volte. Anche il bambino più distratto del mondo le noterà. Quindi o hai un figlio che preferisce ricevere un flauto costruito a mano in Guatemala, o un’enciclopedia multimediale sui molluschi – oppure sarai spacciata. Perché nei periodi “morti” puoi cavartela con “amore non ho capito” contando sulla memoria labile di uno gnometto paffuto. Ma nei periodi hot no. No perché dopo esattamente 5,4 secondi, la pubblicità sarà nuovamente trasmessa. La soluzione? Comprarli!? Però pubblicitari miei, questi super giochi costano un botto. Sono stellari, per carità. Però secondo me dovrebbero abbassare un po’ il tiro. 100, 200 anche 250€. Tanto chi ha la possibilità, i giochi costosi li trova. Ma evitate di far rimanere con l’amaro in bocca un bimbo. Sotto le feste la bocca dei piccini, deve sapere solo di pandoro, carbone di zucchero e uova al cioccolato.

Le esagerate: ammetto che aiutano la mia autostima. E la mia pigrizia nelle pulizie. Sì di solito sono quelle di prodotti per pulire ad esagerarla un tantino. Teglie che sembrano resti delle lasagne del cenone di Natale dell’86, apostrofate con “Ops non l’ho messa in ammollo ieri sera!” Ieri sera???? No scusa, ma che ingredienti hai usato?????.
Oppure macchie sui vestiti che manco se ti butti dentro ad una friggitrice (con olio freddo eh) dove hanno versato delle tempere, della terra e dell’erba. Quelle sugli odori però sono il top. Per far sembrare di sentire veramente un odore sgradevole, fanno delle facce così assurde, che quelli che lavorano nello spurgo delle fogne in confronto, annusano aromi soavi.

Le semprefelici: queste invece l’autostima la buttano giù. Quelle che tutti sono felici e contenti. Soprattutto a colazione. Ora. Cari numerosi pubblicitari che mi state tenendo d’occhio per farmi dei cartelloni 10 metri per 10 per il mio blog, prestate attenzione. Le famiglie la mattina hanno sonno. Hanno fretta. Hanno le palle girate (non sempre, ma spesso). E allora via, qualche pubblicità con famiglie comuni, situazioni di tutti i giorni! Due occhiaie alla mamma? Un brufolo al figlio? Il papà che entra in mutande perché non ha camicie pulite? Secondo me è un po’ passato il concetto “se compro quello divento come loro”. Ormai, le persone hanno voglia di riconoscersi.

Le incomprensibili: per me sono quelle dei profumi. Ogni volta che ne becco una nuova mi fermo a guardarla come sfida personale, ma nulla; non ce la faccio a comprenderle. Intanto le “locations”, sono stratosferiche: sopra i tetti, in palazzi lussuosi, spiagge esotiche; poi ci sono delle bonazze da urlo semi vestite che ondeggiano sinuosamente o ti ammiccano in pose che secondo me, mentre le fanno, stanno pensando gli insulti più pesanti verso il regista. E fin qui vabbé. Profumi, lingerie, trucchi…più o meno si equivalgono. Ma quelle dei profumi che mi “catturano di più” (non parlo di tutti eh…neanche so quante ne esistano) poi giocano il Jolly: voce sexy che parla francese. Poco importa cosa stia dicendo, spesso parole a caso come “aria”, “amore” “passione” (ma potrebbero dire anche “lo stufato di nonna mi si ripropone”) e poi, per caso, –  una di queste è anche il nome del profumo stesso. Ma sta tizia, che ci fa su un tetto, sola, vestita che manco Barbie Luci di Stelle – con in mano un profumo? E soprattutto: che ci faccio io, a fissarla alla tv, vestita che manco una gattara con in mano lo swiffer? Lei è figa e io no? Ma va!!!!!!!!!! E’ merito del profumo, no? Au revoir!

Io intanto, faccio pubblicità al mio blog!

Ah! Il titolo è la citazione della canzone Bollicine di Vasco Rossi

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