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Qualche cosa di sicuro io farò: piangerò

| bambini, emozioni, famiglia, figli, Mamma Bradipa Psicologa, mamme, Senza categoria

Nell’immensità di incertezze che l’arrivo di un neonato porta con sè, c’è una certezza: che nella pancia, il futuro bebè pensi tra sè:

“Qualche cosa di sicuro io farò: piangerò!”

La prima volta che sentiamo piangere nostro figlio, il cuore ci esplode di gioia perché significa che respira ed è vitale.

Dopo questo momento però, il pianto rappresenterà una mano che ti prende le budella, ci fa un nodo da marinaio e te le rischiaffa dentro la pancia.

Ai corsi di accompagnamento alla nascita ti dicono che il neonato può piangere per vari motivi, ma mentono spudoratamente dicendoti che tu con il tuo istinto di madre capirai cosa fare.

Sticaxxi.

Non è vero mamme, sappiatelo. Qualcuno deve mettervi di fronte alla dura realtà e cioè che farete il giro di tutte le tecniche di rilassamento possibili e che vi fermerete quando si calmerà.
Sarà cioè una via di mezzo tra giocare al lotto e mettere in atto azioni superstiziose. Perché ovviamente ci saranno una serie di coincidenze che accadranno nel momento in cui vostro figlio si calmerà. E quindi, pervasi dal terrore di una notte insonne, le metterete in atto anche le volte successive, certe che la quiete del piccino sia la conseguenza di una specie di formula magica.

Quindi Anastasia Sofia Diletta si è addormentata nell’istante in cui avete alzato la gamba sinistra? E allora ogni volta che piangerà vi trasformerete in gru e starete su una gamba sola.
Tancreduccio ha smesso di piangere quando sul suo pancino avete fatto movimenti che rappresentavano la costellazione di Andromeda? E via ogni volta a ripeterla.
Umberto Fernando Eusebio è crollato mentre sbadigliavate? Rischierete la lussazione della mandibola aprendo la bocca ad intervalli regolari.
Clotildina ha chiuso gli occhietti mentre Zio Adalberto ascoltava “La nostra favola” di Jimmy Fontana? E allora via in loop per minuti e minuti tanto che Youtube si blocca in segno di protesta.

Certo è vero, piano piano imparerete. Diventerete cintura nera di addormentamento e calma. Ma quando finalmente saprete interpretare il pianto di vostro figlio alla prima “u” di “uèèèè”, vi imbatterete nelle teorie educative. E prima o poi pure in quelle fake che vi diranno di lasciarlo piangere per non viziarlo. All’estremo opposto troverete quelle che se non si calmerà prima che la prima lacrima arrivi al mento, la maledizione degli occhi secchi e delicati lo perseguiterà per tutta la vita.

Quindi ricapitoliamo:

prima sei incinta con le neusee, le emorroidi, l’insonnia ed il reflusso;
poi hai un fagotto piangente da interpretare mentre non dormi, non mangi e non ti lavi;
poi un bambino piangente da educare quando pensavi che il peggio fosse passato.

La nonna Corinna ti dice che deve imparare a calmarsi da solo, il nonno Giosuè che con latte e rum prima di dormire, farà una tirata di 8 ore, l’amica con 8 gemelli che se metti i tappi per le orecchie dormirai come un angelo, la vicina di casa che ti mette in guardia sull’importanza dell’ubbidienza perché i bambini sono cani con la parola – e tu -che ti ritrovi con Ginetto che è caduto e si è sbucciato il ginocchio, non sai se fare ciò che ti senti e cioè prenderlo in braccio, dargli un bacino sulla bua e fargli tante coccole o fargli un cocktail di rum, tappi per le orecchie e di pagine del libro “Insegna al tuo cane i comandi per farti ubbidire”.

Ma quindi come si fa? Non è semplice, ma la chiave sta nel guardare quale sia la motivazione del pianto  ed aver ben chiara la differenza tra ESSERCI ed ACCONTENTARE. 
Una è sul piano emotivo, l’altra sul piano materiale. La differenza è sostanziale, ma comprenderla è molto complesso.

Se piange perché vuole il gioco dell’amico, gli spiegheremo il valore del tempo e del sapere aspettare, se piange perché lo lasciamo all’asilo, gli faremo capire che mamma tornerà presto, se avrà paura del buio, che mamma è lì con lui e non c’è nessun pericolo.
Ma se piangerà perché vuole la cioccolata quando abbiamo deciso che ne ha mangiata anche troppa, se qualche lacrima solcherà il suo viso, non succederà niente, basta che noi rimaniamo lì, calme, in attesa che sfoghi le sue legittime emozioni.

Quindi non si vizierà se accorreremo al pianto, ma allo stesso modo non succederà nulla se non smetterà di piangere all’istante.

Diventare genitori è difficile, ma tenete a mente una sola grande regola: quando un bambino piange per BISOGNO DI CONTATTO E AFFETTO, accorrete SEMPRE. Annaffierete il seme di un un futuro adulto sereno e sicuro.

Tutto il resto verrà da sè.

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Non aprite quella port(ier)a

| figli, Mamma Bradipa ironica, mamme, scuola, Senza categoria, settembre

“Una mamma arriva a scuola a prendere i figli, non appena apre lo sportello dell’auto per scendere a fare due chiacchiere con le sue amiche, il cielo si oscura, gli alberi si agitano, le temperature si abbassano e da quel momento assiste a racconti che faranno accapponare la pelle a lei ed a tutti gli spettatori! Appena uscito nelle sale, il thriller mozzafiato ambientato davanti ad una scuola: NON APRITE QUELLA PORTIERA.”

Eh sì, all’uscita di scuola possiamo essere travolte dall’ansia e dall’angoscia come se stessimo guardando un film dell’orrore,  semplicemente ascoltando i racconti delle nostre colleghe mamme.

Per capirci meglio, 20 minuti di chiacchiere fuori scuola ci danno una botta di adrenalina che Oblivion di Gardaland a confronto è una roba da cardiopatici.

Perchè quando ci siamo appena rilassate dopo aver finalmente finito di portare tutto il materiale necessario per l’inizio dell’anno scolastico, ecco che arrivano……………………………………..

……….LE ANSIE DA VIRUS.

Ce ne stiamo lì beate, ancora abbronzate – che ancora non vogliamo abbandonare le canotte e allora ci vestiamo multistrato tipo involtino primavera, che le sciarpette di cotone sono ancora in fondo al cesto dei panni da lavare da maggio scorso – e traaaaac! Eccola là che basta che una mamma pronunci le lettere V-I-R-U-S nella stessa frase che scatta il fuggi fuggi generale peggio di quando alla Conad annunciano “In apertura cassa 2”.

Da lì un’escalation psicofisica senza ritorno:

-Accusiamo malesseri improvvisi: a ben pensarci ci sentiamo leggermente pizzicare la gola, la pancia ci fa un po’ male,( ieri sera abbiamo mangiato la trippa in umido con i fagioli, ma no non può essere per quello) e cominciamo a sudare freddo.

-Recuperiamo la razionalità e ci buttiamo su un rassicurante sondaggio sugli integratori per le difese immunitarie, che non fa altro che mandarci in confusione dato che c’è chi prende “MaiTiAmmal” in farmacia, chi le erbe “ViaViaBatteri” in erboristeria, chi lo sciroppo di nonna Giosualda la cui ricetta viene trasmessa di generazione in generazione dal 1908.

-Una volta recuperati i bambini, con il cuore che batte all’impazzata, proviamo a condividere le nostre paure con altre mamme nella speranza che tutte ci dicano che no, questi Virus si sentono sempre nominare, ma poi nella realtà non colpiscono mai; ma con l’angoscia che a questo punto sale alle stelle, ascoltiamo invece un elenco infinito di bambini ammorbati, con raffreddori, virus gastrointestinali, febbri, sfoghi cutanei, mal di testa-spalla baby one two three.

-Dopo una notte insonne, la mattina dopo non appena siamo sole, iniziamo con la sterilizzazione a tappeto con tanto di apertura dell’armadietto delle armi pesanti;  con la stessa paura e determinazione di quando nei film  alzano il coperchietto sotto al quale si trova il pulsante dello sgancio missili, stacchiamo  la linguetta di protezione all’Amuchina. Iniziamo a sterilizzare tutti i mobili con quella spray, i pavimenti con quella liquida, l’aria con quella con il diffusore; per sicurezza la utilizziamo per una maschera per il viso, per i gargarismi e già che ci siamo pure per il bidet.

Ecco adesso siamo in pace, la paura è passata, ci sentiamo come quando nei film tutti “i buoni” si ritrovano e sono al sicuro. Allora ci buttiamo stremate sul nostro sterile divano, ma driiiiiin! Ecco che suona il telefono.

I protagonisti sono di nuovo in pericolo????

Sì!!!! Sul display appare il numero della scuola:

“Signora il bimbo sta male può venire a prenderlo????”

AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!

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Ad ottobre al cinema a scuola.

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Di universi paralleli e di destino

| destino, figli, mamme, Senza categoria

Care Mamme,

credete che esistano universi paralleli? E il destino?

Io credo un po’ a tutto. Non con la mia parte razionale, con quella che definirei Disneyana.

In cui tutto è un po’ magico e senza apparente senso. Mi serve per sopravvivere alla razionalità ed all’ansia che a volte mi schiacciano e per sintonizzarmi alla perfezione con i miei bambini.

Quello che mi piaceva di esser piccina, è la potenza che mi sentivo dentro, quando pensavo che nel mio futuro avrei potuto fare tutto. Quella fase della vita in cui dici a tutti che da grande sarai qualcosa e nessuno sa se poi ci diventerai, ma tutti sanno che potresti veramente riuscirci.

Avete presente quella sensazione?

Ecco, credo che un po’ a tutte manchi in certi momenti.

Ed allora, io mi sono risolta a pensare agli universi paralleli.

In uno sono una pubblicitaria di successo alla “What Women Want” , sogno che non ho inseguito perché non mi sarei mai voluta spostare dalla mia città;

In un’altro sono un medico…svenire alla vista di un ago non poteva certo chiamarsi predisposizione;

In un terzo faccio quello per cui ho studiato un sacco di anni e

nell’ultimo faccio la riccona, che è quello che mi salva nei momenti di depressione.

Come scegliamo il nostro universo, bé, per conto mio il destino influisce parecchio. Poi il resto è farina del nostro sacco.

Il mio destino era quello di diventare mamma. Sono passata dal giocare a mamme, a volere una famiglia, con lo stacco credo solo di 3 o 4 mesi di Masini h 24, in cui odiavo talmente la vita che figuriamoci se potevo pensare di crearne una.

Ricordo benissimo, una conversazione con mia mamma. Avrò avuto circa 8-9 anni e lei era in cucina a preparare il pranzo. Io scesi da camera mia e le dissi. “Mamma, da grande voglio avere 17 figli, secondo te posso riuscirci?” Se oggi sono mamma, nonostante le mie mille fragilità ed insicurezze che mi hanno sempre fatto traballare di fronte ad ogni minima cosa, lo devo a quella risposta: “Certo amore, se vuoi potrai farlo”.

Col tempo scesi a 15,10,7,5,3, ma non smisi mai di avere dentro me quel desiderio. Che mi ha guidato su tutto e tutti. E se per qualcuno dovevo mettere a disagio la mia famiglia per far successo, sono contenta di non avergli dato ragione. Per me non sarebbe stato possibile perché così era scritto da tempo.

Perché da piccola volevo fare la pescivendola, poi la macellaia, la commessa di profumeria ed infine la commessa di un ben noto negozio di abbigliamento. A sprazzi sognavo di diventare anche una scrittrice famosa.

Nell’ultima fase prima di diventare un’adolescente pessimista, volevo aprire un rifugio per cani. Avevo fatto persino una musicassetta dove descrivevo tutte le attività svolte.

Ma in tutti questi sogni, ero mamma.

Ed allora mamme, se in certi giorni vi sentite giù e poco realizzate, pensate che là da qualche parte, in un universo lontano siete qualcun’altra.

E che il vostro destino vi ha guidato in quello che siete oggi.

 

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Tra moglie e marito non mettere il dito. Ma tra mamma e figlio mettici pure tutta la mano!

| figli, moglie, neomamme, Senza categoria

Premessa:

ieri ero in fila alla posta e davanti a me c’era una coppia. Quando è stato il loro turno, la moglie ha fatto una mega parte al marito perché aveva dimenticato a casa un bollettino da pagare.
L’ha preso a male parole lì davanti a tutti e lui zitto.
Io mi sarei sotterrata, invece tutti gli altri non si son fatti né in qua né in là.
E anche una volta usciti nessuno ha commentato.

Ma se la partaccia fosse stata fatta dalla mamma al figlio?
Ve lo immaginate???

Non credo occorra che vi faccia esempio dei 153 possibili commenti a favore di uno o dell’altro.

Perché è assodato che dare giudizi travestiti da consigli alle neomamme, è uno degli sport che saranno ammessi alle prossime olimpiadi dato l’immenso successo e frequenza nella popolazione femminile.

Tutte si sentono autorizzate a dirti : “ma come non gli prepari il brodo fresco ogni mattina con la luce delle sei mentre il gallo canta???”
“Ma come non lo fai dormire nel lettino Montessoriano?”
“Perché non gli fai il bagno con l’amido?”

Ma ci avete fatto caso che invece è passato di moda dare consigli alle neomogli?

E nessuna che ti dica: “ma come non friggi mai? A tutti gli uomini piace il fritto!”
“Ma come lo mandi a dormire sul divano perché russa?”
“Perché non gli compri il bagnoschiuma Supermanstraficoemaledetto? Guarda che sarebbe contento!”

Notate la differenza?

Alle prime domande si risponde sempre, alle seconde, se venissero fatte, si fanculizzerebbe.

E per me figlio e marito son privati uguale, non so per voi.

E sapete secondo me come mai è passata questa moda di impicciarsi delle giovani mogliettine inesperte? Perché tanti non si sposano! E allora le sputasentenze rimangono fregate perché se non ti vedono con velo e l’abito bianco non possono dirti :”Hehe!!! Contenta oggi eh?!!! Ma devi impegnarti perché sennò il matrimonio diventa la tomba dell’amore!”
E quindi le ragazze che poi diventano donne, pian pianino si fanno la loro vita di coppia e nessuno rompe loro le palle.

Invece quando diventi mamma è un po’ come il famoso battito di ali di farfalla che provoca di tutto.

Io sono stata molto fortunata, ma me ne hanno raccontate di tutti i colori. E allora faccio una proposta:
che ne dite se invece di diventare mamme restiamo incinte a vita? Un po’ come le compagne che sono eterne fidanzate!?
Ma non per davvero non preoccupatevi! Nove mesi incinte (in) e poi incinte (out). Le freghiamo tutte! Nessuna coccarda di nascita, nessun annuncio. Non abbiamo partorito, abbiamo spostato di stanza nostro figlio! Io sono incinta out da cinque anni per esempio.

Scherzi a parte, ce la facciamo a far smettere certi sproloqui?

Perché non si sa come mai tra moglie e marito non mettere il dito, ma tra mamma e figlio metteteci pure la mano e tutto il braccio!

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uscire prima dei figli, uscire con un figlio, uscire con due!

| bambini, figli, Senza categoria

Care Mamme,

ve lo ricordate com’era uscire prima di avere un bambino? io ho una vaga reminiscenza che mi fa sorridere al pensiero di come potessi gingillarmi fino a un secondo prima di prepararmi e di come i “problemi” riguardassero se i capelli fossero puliti abbastanza o se dovessi fare uno shampoo, che ombretto scegliere, se abbinarlo con la maglia o era un’esagerazione, se indossare quel vestito nuovo o lasciarlo per un’occasione migliore e quando proprio era un lavorone, dovevo cambiare borsa e travasare il contenuto da una all’altra. Una volta fuori potevo lasciare la macchina lontana chilometri e farmi una bella passeggiata, entravo nei negozi e giravo per mezz’ora tra i reparti e quando mi saltava il ticchio venivo a casa.

Poi fai un bambino e allora cominci a truccarti (se ti trucchi ancora eh!) con due ore di anticipo mentre sta dormendo, o con lui in braccio riempiendolo di brillantini e facendoti venire il torcicollo. Passi mezz’ora a ragionare quale tutina mettergli, che sia comoda, che sia della giusta temperatura, ma che sia pure carina! Controlli che i vestiti che hai messo il giorno prima e quello prima ancora siano decentemente puliti e per scegliere il cappottino da mettergli hai fatto installare una stazione meteorologica direttamente sul terrazzo. E comunque esci se non è troppo freddo né troppo caldo, se piove – escluso, ma anche se tira troppo vento. Insomma, tre volte in un mese. La borsa diventa un trolley anche se devi arrivare al negozio in fondo alla strada e se devi per caso andare al mare, monti la roulotte e sticazzi. E mi raccomando a non tornare a casa troppo tardi che se si addormenta prima di pranzo è la fineeee. Perché poi chissà quando ridorme onnoooo aiutoooo, come farò ad arrivare a fine giornataaaaa nuooooooo! Ecco, reso l’idea? I negozi li eviti e ti dedichi direttamente allo shopping on line.

Poi fai il secondo bambino e sull’orlo tra lo sclero e lo svenimento, adotti degli stratagemmi per sopravvivere.

Ed allora giochi con la piccina ai trucchi e chi se ne frega se sembri esser stata interrotta mentre ti eri già struccata un occhio;

Usi la stessa borsa ogni giorno con le stesse cose per i bambini, tra cui cappellini/sciarpine/felpine, qualche giochino inganna tempo, i crackers salva vita  e naturalmente salviette e pannolini. Il telo per il cambio è stato abbandonato da tempo avendo studiato una soluzione “Metti e sfila” che permette di utilizzare il pannolino nuovo come base (cavolo sembro una pubblicità). Insomma con una borsa sola te la cavi benissimo. Per te non hai nemmeno l’assorbente di ricambio o l’acqua, ma per loro hai tutto.

I loro vestiti sono già divisi a completini nei cassetti e devi solo pescarne uno mentre cerchi di bloccare la piccina che non vuole farsi cambiare.

Tu ti metti i vestiti del giorno prima abbandonati sulla vasca. Zero pensieri.

Il cappotto? ne hanno uno a testa e non devi scegliere un bel niente!

Nei negozi ci vai eccome, eccheccavolo una volta che esco! Impegni il grande facendoti cercare degli inesistenti calzini con gli gnomi o dei barattoli con i fenicotteri che lo terranno fermo davanti allo scaffale almeno due minuti, ti fai largo tra i corridoi dei negozi dove butti giù almeno sei sette cose perchè sono troppo strettiiiiiiiiii, avete capito? STRE-TTI! Possibile che non li progetti mai una mamma con passeggino? (Ora sembro una del sindacato “mamme con il passeggino”). Insomma, con lo sguardo di un’aquila, visualizzi quello che serve ed esattamente in un minuto e cinquantanove secondi, sono pronta per recuperare il primogenito e dirigerci alla cassa. Evvai è fatta, tutti in auto.

E se la piccina si addormenta, ho imparato che non è una tragedia e che in qualche modo a fine serata ci si arriverà!

 

 

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Lettera ai miei figli. Perché non chiederò loro scusa.

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Cari Bambini,

Non so se quando sarete in grado di leggere, questo blog esisterà ancora. Io che comincio mille cose e non ne finisco nessuna, proprio non lo so. In ogni caso stamperò queste righe in modo da esser certa che possiate prima o poi vederle.

Quando tra un po’ di tempo comincerete qua e là a leggere Facebook (il mio sia chiaro!!!), magari capiterete per caso su un articolo sulle scuse di una mamma ai suoi figli. O al grande per averlo trascurato una volta che è nato il piccolo; o al piccolo perché non è stato seguito esclusivamente come il grande. E affinché non dobbiate chiedervi perché io non vi ho scritto proprio nessuna scusa, eccomi qua a spiegarlo.

Non vi chiederò scusa perché seppure qualche attenzione esclusiva non c’è stata – molto, ma molto di più è stato raddoppiato.

Perché adesso ci sono il doppio dei giochi, il doppio di amici, il doppio di feste di compleanno e il doppio di baci-abbracci-risate. Certo anche il doppio di volte che mamma si arrabbia, di influenze, di tempo da aspettare prima di essere pronti per uscire.

Ma quando mamma si arrabbia, potrete supportarvi a vicenda in attesa di far pace;

A casa malati, potrete farvi compagnia;

E nell’attesa che l’altro sia pronto, potrete giocare ancora un po’.

Giacomo non avrai avuto sempre mamma che ti osservava, ma chiedi a tua sorella se non è una figata non avere la mia angoscia sulle spalle.

E Aurora, non avrai avuto tutti gli occhi dei parenti fissi su di te, ma chiedi a tuo fratello se lui era felice di tutti quegli sguardi.

Giacomo, non ti chiederò scusa perché l’arrivo di tua sorella ti ha regalato la possibilità di sentirti orgoglioso come fratello e soddisfatto come mio aiutante; di imparare a giocare da solo, di sapere quanto tu fossi amato: perché facevamo le costruzioni seduti in terra come prima, ma adesso mentre allattavo tua sorella. E io lo so che lo sapevi che stavo scomodissima, che mi faceva male tutto e che lo facevo solo per te.

Aurora, non ti chiederò scusa perché avere un fratello ti ha regalato la possibilità di amare tre persone anziché due. Di avere mille stimoli e di poter stare tranquilla, perché se vedevi tuo fratello felice, sapevi che andava tutto bene e potevi stare bene anche tu. Di sapere quanto tu fossi amata: perché facevo le costruzioni seduta in terra con tuo fratello e nel frattempo ti allattavo. E io lo so che lo sapevi che stavo scomodissima, che mi faceva male tutto e che lo facevo solo per te.

Ma soprattutto, non vi chiederò mai scusa perché essere fratelli vuol dire non sentirsi mai da soli.

E infatti, anche in questo caso, la vostra mamma sgangherata, queste parole stucchevoli, malinconiche, amorose, retoriche, che non sapete se ridere,piangere o mandarmi in quel posto, le ha scritte a tutti e due insieme.

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